Gli affamati e i sazi di Timur Vermes @ Bompiani: dell’Europa e i suoi confini

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Nel 2015 Lui è tornato, primo romanzo di Timur Vermes pubblicato da Bompiani in Italia, divenne un vero caso editoriale: una trama incredibile e una scrittura di altissima qualità ne sancirono il successo. E non è un caso che il romanzo fu presto adattato per il cinema, ottenendo consensi ad ampio raggio anche sul grande schermo.

Non è da meravigliarsi, quindi, che il secondo romanzo di Vermes, Gli Affamati e i Sazi, uscito sempre per Bompiani quest’anno, confermi le innegabili qualità del suo autore, fermo restando che leggere questo romanzo sia una esperienza dolorosa nella sua crudità.

Ma procediamo con ordine e partiamo dalla trama.

Vermes immagina una Germania dove, dopo gli anni di Angela Merkel, è stato stabilito un tetto massimo di richiedenti asilo. In realtà, in questo futuro non troppo lontano, l’Europa stessa ha bloccato l’immigrazione chiudendo le frontiere e coinvolgendo gli Stati dell’Africa del Nord oltre i quali si sono creati dei campi – lager dove i migranti rimangono e aspettano.

In uno di questi campi incontriamo Lionel, il nostro protagonista. Lionel però non è il suo vero nome, perché così lo chiama la troupe televisiva tedesca che sta girando la seconda stagione di un format, Angelo tra i poveri, proprio in quel lager. Alla guida della troupe c’è Nadeche Hackenbush: emersa come tante e tanti dai reality show, si è conquistata il successo con le unghie, non per talento o cultura.

I destini di Lionel e Nadeche si intrecciano e i due si ritrovano a capo di una impresa folle: condurre a piedi dal lager alla Germania centocinquantamila persone, una fiumana di esseri umani che lentamente si sposta per raggiungere IL SOGNO: l’Europa.

Vermes costruisce una vera impresa letteraria, mescolando temi attuali e universali insieme. Sì, perché quando la marcia parte, tutto il mondo ne è coinvolto e sconvolto: la Hackenbusch si porta appresso le telecamere della sua televisione, MyTv, e una giornalista, Astrid Von Roëll, incaricata di scrivere pezzi quotidiani per la sua rivista, Evangeline, mettendo l’accento sulla bellezza e la purezza di Nadeche, un vero e proprio angelo fra i poveri.

I telespettatori e i lettori non si staccano più dalla notizia e così il mondo televisivo gongola per lo share che si alza e i proventi milionari delle pubblicità.

A questo mondo in trionfo che ripete come slogan “non è la vita a scrivere le storie migliori, è la televisione”, si contrappone la politica, entrata in allarme perché consapevole dei rischi che la marcia degli Affamati comporta.

Ecco  così che conosciamo il sottosegretario degli Interni, un giovane politico che si ritrova a cercare una soluzione non per arginare il problema, ma bloccarlo definitivamente.

Man mano che i migranti si avvicinano, la Germania esplode: tornano sempre più forti i movimenti di estrema destra, quelli che indossano con ardore e convincimento le fascette rosse con la svastica, che inneggiano all’ordine e che fomentano l’odio e la paura del diverso.

I Sazi non possono e non vogliono accogliere: dove mettere quei Centocinquantamila? Che farne?

Vermes pone queste domande che, dopo una stagione di porti chiusi e naufragi in mare, sono un ritornello stanco e stonato, privo di significato ma soprattutto di importanza.

Perché la verità che emerge da questo romanzo e inchioda il lettore alle pagine in un misto di angoscia e sarcasmo risveglia le nostre coscienze, ci invita ad aprire gli occhi, a non voltarci dall’altra parte perché in fondo i muri, le recinzioni sono state davvero costruite in Europa. E dietro quelle reti ci sono esseri umani che attendono e che sono proprio quegli Affamati che Vermes descrive.

La scrittura nitida, semplice e per questo ancora più incisiva, immerge il lettore in una storia in cui tutti i personaggi hanno luci e ombre, sono mossi dai propri desideri particolari e contemporaneamente fanno i conti con dubbi esistenziali e universali; l’umanità che abbiamo davanti è così vera che non possiamo non sorridere amaramente e alla memoria torna Aristofane, il grande commediografo greco. Anche lui scriveva di imprese folli, dove un unico protagonista decideva di risolvere i propri problemi nel modo apparentemente più assurdo: pensiamo a Lisistrata, una delle sue eroine più famose. Donna ad Atene, sola contro tutte, decide di fermare la guerra del Peloponneso e convince tutte le altre donne ad attuare lo sciopero del sesso, riuscendo a fermare il conflitto.

Perché la fantasia vince sulla realtà, il sogno, la creatività trovano sempre strade nuove per affermarsi.

E così sembra che accada per Lionel: lui da solo sposta migliaia di persone fino alle porte d’Europa semplicemente camminando. Ce l’ha fatta. La fantasia e la perseveranza hanno la meglio.

Ma Vermes non ha scritto una commedia ed ecco che la realtà riprende il suo posto prepotentemente in modo inaspettato al punto di sembrare più assurda dell’impresa di Lionel.

Oggi più che mai un romanzo del genere ferisce e non lascia alcun conforto, ma solo la certezza che viviamo in un eterno ritorno, che questa vecchia Europa ha dimenticato la sua storia e si barcamena fra un presente sempre più complesso e un futuro fumoso e oscuro.

Oggi i Sazi siamo noi ma diventare Affamati e finire chiusi in una recinzione è qualcosa che abbiamo già sperimentato e che in fondo sentiamo possa accadere di nuovo.

 

EDITORE: Bompiani

AUTORE: Timur Vermes

COLLANA: Narrativa Straniera

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2019

PREZZO: 22 euro

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