AZAR NAFISI IN DIALOGO CON MICHELA MURGIA @PIù LIBRI PIù LIBERI: Iran: donne, diritti e libertà

In occasione della Fiera Più Libri Più Liberi si è svolto l’emozionante incontro con Azar Nafisi, intervistata da Michela Murgia. Una riflessione sul ruolo dell’arte e della letteratura nei Paesi governati da regimi persecutori.

Azar Nafisi a Più Libri Più liberi: il diritto all’immaginazione

Azar Nafisi a Più Libri Più liberi 2023, immagine tratta dai social di PLPL

Cercando su Wikipedia alcune informazioni sul pensiero di Azar Nafisi si legge che “si dice convinta della necessità di aggiungere alla lista dei diritti umani anche il “diritto all’immaginazione”.

Se ci fermassimo alla sola dicitura “diritto all’immaginazione”, questa, con tutta probabilità, suonerebbe banale, retorica.  Ma se dalla nostra platea occidentale provassimo a pensarci come abitanti di un luogo in cui tale diritto viene negato, probabilmente le nostre poltrone inizierebbero a non sembrare più molto comode.

Pur non comprendendo del tutto il significato di una simile privazione, saremmo attraversati dall’inquietudine che una tale visione, che tenderemmo a percepire come distopica, inevitabilmente porta con sé.

Ecco, chi durante la Fiera Più Libri Più Liberi ha partecipato al dialogo tra Azar Nafisi (tradotta Elisabetta Mariotti) e Michela Murgia , nella sala Auditorium della Nuvola, si è trovato di fronte al senso terribilmente reale che questa negazione assume nell’esistenza quotidiana di chi vive sotto un regime come quello della Repubblica islamica presente da quarantatre anni in Iran. 

Azar Nafisi spiega in modo chiaro come le rivolte che stanno avendo luogo ora in Iran esprimano una lotta che definisce esistenziale, contro un regime che, per uniformare le coscienze ed assicurarsi il potere totale, con violenza ha, per anni, ridefinito le individualità, togliendo la possibilità alla popolazione iraniana di immaginarsi diversamente da come il proprio governo l’ha pensata.

Il potere della letteratura a Più Libri Più Liberi: la ricerca dell’altro e dell’altrove

Ma se quello di diventare un nemico invisibile che ti costringe a percepirti come una preda, sempre in pericolo, è uno dei poteri più grandi di un regime, quando persecutorio, l’arte e la letteratura restano spazi franchi, lontani da questo controllo.

L’autrice racconta che quando era piccola ogni sera, dalla sua piccola stanza a Teheran, scopriva una parte di mondo ascoltando le fiabe raccontatele dal padre, come Pinocchio, Il Piccolo principe, prese in prestito da ogni paese, racconti che la trasportavano in luoghi sempre diversi. Secondo Nafisi, è la curiosità verso l’altro che ci spinge alla lettura: anche se non possiamo essere ovunque, possiamo conoscere ciò che si trova lontano da noi grazie a chi scrive.

Il potere sovversivo dell’arte e della letteratura sta nell’empatia che possono suscitare, nella speranza verso il cambiamento che infondono. Per questo le carceri iraniane, sin dall’inizio delle proteste, sono state riempite di scrittori, giornalisti, poeti, artisti, musicisti, repressi con brutale violenza anche se privi di armi, perché il regime teme la forza della parola.

I bersagli di un governo come quello presente in Iran sono da sempre stati le minoranze, la cultura e le donne e tutto ciò che promuove diversità e individualità nelle voci, negli stili di vita e credenze.

Azar Nafisi a Più Libri Più Liberi: la rilettura del rapporto tra Occidente e Oriente

MIchela Murgia e Azar Nafisi a PLPL 2023, immagine tratta dai social di PLPL

Al momento del suo insediamento, nel 1979, il primo obiettivo della Repubblica islamica è stato quello di mettere sotto controllo le donne, rendendole invisibili, obbligandole ad indossare l’hijab abolendo le leggi più progressiste. Ma le donne iraniane, in tutti questi quarantatre anni, hanno resistito, anche con piccoli gesti, come far comparire una ciocca da sotto il velo o indossare il trucco.

Nafisi rilegge il rapporto che esiste tra Occidente e Oriente e invita ad avere attenzione per la conoscenza di un altro Iran, distante dalla bidimensionalità con cui l’occidente, sentendosi superiore, lo percepisce.

Non c’è dubbio che dalla notizia dell’inizio delle proteste a seguito dell’uccisione di Masha Amini, arrestata dalla polizia morale il 14 settembre e dichiarata morta il 16 settembre, questo lato del mondo abbia volto lo sguardo verso l’Iran, ma la sensazione è che faccia fatica a rimuovere quei filtri, a tratti paternalisti, che falsano la comprensione della complessità della cultura iraniana e impediscono il confronto con le proprie contraddizioni. 

Per fare giusto qualche esempio, se in Iran la resistenza si fa con un filo di rossetto, in occidente, come suggerisce Murgia, è presentandosi in pubblico con la ricrescita dei capelli che ci si oppone alla preponderante visione della donna ad uso e consumo del desiderio maschile. Ancora, meno di un anno fa, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha posto la fine della tutela al diritto all’aborto, ora regolato autonomamente dai singoli stati.

Donna, Vita, Libertà: la questione iraniana e non solo a Più Libri Più Liberi

Probabilmente adesso, dopo tre mesi di ribellione incessante, quanto sta accadendo inizia a scuotere il mondo occidentale, che si trova costretto a scardinare i propri parametri di giudizio. Le immagini che si vedono, le notizie che arrivano sono la dimostrazione tangibile di una cultura non stereotipabile (nessuna lo è davvero), in cui l’immaginazione esiste e resiste, è cuore pulsante della protesta contro un potere governativo che è, certamente, spaventato da un popolo che ora si immagina e si vuole diverso da come gli è sempre stato imposto di essere.

Chi non ha più paura è la gente che si riversa nelle piazze, nonostante gli venga sparato addosso e assista alle pubbliche esecuzioni che in questi giorni sono iniziate dopo le sentenze di condanna a morte emesse dai tribunali di Teheran  nei confronti  dei manifestanti.

Questa affermazione dell’identità iraniana è necessaria anche a noi per ricollocarci. Ora che la verità ha tolto il velo, l’occidente, sì anche quello che si definisce di sinistra, non può continuare a schermarsi dietro l’alibi che “è la loro cultura”, restare in silenzio ora vuol dire essere complici e non riconoscere che la libertà deve essere globale.

Trapela un indugio di commozione dalla voce di Michela Murgia, dopo aver esclamato il motto simbolo di questa rivolta: Donna Vita Libertà. Uno slogan che nelle strade iraniane si sente anche in bocca agli uomini, che assumono a loro volta la donna a simbolo di libertà e rivoluzione. Una rivoluzione che riguarda tutti, perché, come ribadisce Nafisi, non si può avere metà della popolazione che viene oppressa e l’altra metà che gode di tutti i diritti. I diritti delle donne sono diritti umani e universali.

Il corpo delle donne, ancora una volta, è il terreno su cui si combatte per il riconoscimento di ogni diritto ed è questo che le rende così potenti. Basti pensare che se venisse consentito alle donne iraniane di camminare liberamente in strada senza velo, questo significherebbe che il regime è stato sconfitto.

Azar Nafisi a Più Libri Più  Liberi: il ruolo della letteratura nella politica

Azar Nafisi, immagine tratta dai social di PLPL

L’intensità dell’incontro con Azar Nafisi rimane costante per la sua intera durata e raggiunge la densità più tangibile andando verso la chiusura, nel momento in cui risponde alla domanda di Murgia che vuole sapere quale sia la sua riflessione circa il dibattito, in Italia particolarmente sentito, sul ruolo della letteratura nella politica e, dunque, se serva davvero a qualcosa quell’abitudine di alcuni scrittori e scrittrici di utilizzare la penna per criticare il momento presente anzi che per fare letteratura.

Michela Murgia ricorda come proprio Nabokov scrisse che la fantasia è fertile solo se futile e non prese quasi mai posizione in pubblico su temi politici: è dunque vero che ha cambiato più il mondo Proust di quanto non lo abbiano fatto i saggisti?

Il pensiero di Nafisi è che la scrittura, anche quando non prende posizioni politiche, può aprire al pensiero politico. L’autrice affida la sua risposta ad un’emozionante testimonianza e condivide con il pubblico la storia di una donna che faceva parte del gruppo di studentesse che seguiva nella sua casa le lezioni di letteratura dopo che, nel 1995, aveva  lasciato l’Università di Teheran. Ricorda come questa studentessa fosse innamorata di Henry James e dei suoi racconti sul rifiuto delle costrizioni che la società imponeva alle donne e le conseguenze estreme a cui erano destinate le protagoniste.

Molti anni dopo l’esperienza di questi incontri, che furono poi d’ispirazione per il suo libro Leggere Lolita a Teheran, un’altra delle donne che vi aveva partecipato le raccontò che questa studentessa era stata prima imprigionata e poi giustiziata dal regime. Ma le raccontò anche che per un lungo periodo furono prigioniere insieme e che, nonostante la durezza (per noi, solo immaginabile) delle carceri iraniane, avevano trascorso momenti indimenticabili evocando gli autori da loro amati e discutendo di letteratura.

Nafisi, trova conforto nella convinzione che, certo,  la sua passione per i romanzi non ha salvato la donna di cui ci ha parlato, ma è qualcosa a cui si è potuta aggrappare in punto di morte.

L’arte e la letteratura, forse, non fanno vincere le rivoluzioni, ma quando si è persa ogni speranza e ci si trova nella situazione peggiore in cui ci si possa mai trovare, ci ricordano quali vette può giungere l’umanità

Nella letteratura viene celebrata ciascuna vita ed è per questo che è così potente.

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF