Seconda parte del trittico di novelle pubblicato nella versione originale con il titolo di Local Souls, dopo Non abbiate paura (2014), è uscito di nuovo per Playground Anche le sante hanno una madre, di Allan Gurganus. Forse poco noto e apprezzato in Italia, l’autore del North Carolina dispiega ancora una volta l’abilità affabulatoria che ha tenuto il suo L’ultima vedova sudista vuota il sacco (1991) per otto mesi nell’elenco dei best seller del New York Times.
La vicenda è ambientata a Falls, nella Carolina del Nord, una cittadina immaginaria che somiglia molto a Fairview, della quale è certo più conosciuto il quartiere di Wisteria Lane. Lì vive Jane, una donna di mezza età divorziata e con tre figli di cui si prende cura a tempo pieno: due gemelli ancora bambini e Caitlin, che lei chiama “la santa” per via del suo inestinguibile e smisurato amore per il prossimo, al quale devolve tutte le sue scarpe e i suoi vestiti fino a lasciarla completamente senza. La ragazza, bellissima e adorata da tutti, è croce e delizia di Jane.
Che il rapporto madre-figlia non sia una passeggiata, soprattutto per la prima parte in causa, è risaputo. Gurganus dispiega nel racconto in prima persona di Jane un ventaglio ampio e variegato di sentimenti e stati d’animo; vi riversa i suoi conflitti interiori, le segrete battaglie con la comunità, con l’ex marito e con la sua nuova giovane compagna; fa riaffiorare tutto il rammarico per un passato di aspettative frustrate e una percezione di sé in bilico tra la consapevolezza del proprio valore e scarsa autostima: tutto convogliando nel ruolo di madre – assunto quasi per caso –, e soprattutto di madre di Caitlin.
La narrazione all’apparenza semplice e immediata, quasi che si tratti davvero delle confidenze di una casalinga colta e raffinata, si dispone – rievocandolo – attorno all’evento che ha destabilizzato tanto Jane quanto l’intera comunità di Falls. Alle soglie dei diciotto anni, Caitlin decide di partire per l’Africa, con la sola approvazione paterna, per fare del volontariato. I rapporti tra madre e figlia subiscono un brutto peggioramento per via dei problemi di comunicazione, oltre che del biasimo di Jane per quell’esperienza. A questo punto, per evitare di svelare i colpi di scena, non si può dire altro della storia.
Si deve sottolineare, però, la maestria di Gurganus nello scatenare la psicologia della protagonista attraverso i due snodi fondamentali della trama. Filtrati da una lingua impeccabile, il pensiero e il complesso emotivo di Jane traboccano dagli argini di una personalità forte e insicura nello stesso tempo. Si rovesciano su Caitlin tutti i toni dell’ironia e del sarcasmo, le aperte dichiarazioni di amore sincero e incondizionato, l’orgoglio per essere la donna che ha partorito, cresciuto, educato, la figlia perfetta, incarnazione del Bene e del Giusto, e tuttavia serpeggiano nel discorso – per quanto dissimulati – l’avversione, il rancore, in una parola, l’invidia, per la ragazzina che possiede tutte le qualità che nessuno vede e riconosce in lei, Jane, che a diciannove anni aveva vinto un concorso letterario con una poesia, che possiede un QI di 161 (che aumenta, nel corso del racconto). Una donna che si ritrova a essere nient’altro che una madre, per giunta la madre di una santa.
Anche le sante hanno una madre è un breve romanzo in cui tutto si ribalta: con elegante e placido umorismo, narra i bruschi rovesci del destino e, sotto la superficie patinata, le contraddizioni di un animo femminile insoddisfatto, che la maternità ha reso più irrequieto. Ora non ci resta che attendere l’ultima parte del romanzo tripartito di Gurganus, Decoy.