Al Cecchi Point di Torino va in scena “IL FATTORE UMANO”, spettacolo itinerante per scoprire la magia della creatività, che fa parte di “Un palco per due”, il progetto vincitore di “Scene allo sBando”, che Gufetto Magazine sta seguendo per voi da Torino con recensioni, interviste e aggiornamenti.
Un artigiano e un artista insieme su di un palcoscenico per raccontare due mondi che spesso si sfiorano, compenetrandosi e influenzandosi. Nasce proprio dalla volontà di far scoprire aspetti inediti del lavoro artigianale e di quello artistico “IL FATTORE UMANO”, lo spettacolo che ha debuttato oggi, domenica 7 giugno 2015 a Torino negli spazi dell’Hub Multiculturale Cecchi Point (via A. Cecchi 17, ore 21,30 – 22,30 e 23,30, ingresso a offerta libera con prenotazione obbligatoria al 333/82.66.212).
L’evento, ideato e portato avanti dall’Associazione Djanet, fa parte di “Un palco per due”, il progetto vincitore di “Scene allo sBando”, la sezione di “Generazione Creativa” del bando della Compagnia di San Paolo, che ne ha permesso la realizzazione (info www.ilfattoreumano.com).
“La messa in scena – spiegano Davide Balistreri e Ivano Casalegno, ideatori del progetto e anime di Djanet – è caratterizzata da un percorso che piccoli gruppi di spettatori (tra le 25 e le 30 persone) faranno all’interno di un ex capannone industriale trasformato in questi ultimi anni in un “contenitore” di attività culturali. Lo spazio diventerà per l’occasione un unico grande palco nel quale il pubblico si sposterà, ci saranno 4 punti focali che ospiteranno ognuno una coppia formata da un artista e un artigiano”.
Franca Cassine (FC): “Chi saranno i protagonisti?”
“Abbiamo messo insieme un soffiatore di vetro (Josean Garcia) e un sassofonista (Simone Garino), un falegname (Francesco Olivetta) e una danzatrice (Eleonora Aschero), una ceramista (Irene Azzarone) e un attore teatrale (Claudio Dughera), un creatore di gioielli (Daniel Escobar) e un artista circense (Luca Cerè). A dirigere sarà Dario Ferraro che, oltre a essere regista, si occuperà anche delle installazioni video”.
FC: “Com’è strutturato lo spettacolo?”
“Ogni performance durerà intorno ai 10 minuti e sarà caratterizzata da una lavorazione artigiana e dal suo commento artistico, il tutto accompagnato da immagini audio e video assemblate in diretta. Questo aspetto è molto importante perché, se da un certo punto di vista la proiezione avrà la funzione di lente di ingrandimento per lo spettatore, in realtà sarà una creazione artistica a tutti gli effetti poiché interagirà con lo spazio”.
FC: “Da dove nasce l’idea di “Un palco per due”?
“Lo spunto è stato un progetto sviluppato in precedenza, intitolato “Osservare il lavoro con le orecchie”, al quale noi (Davide, Ivano e Dario Ferraro, ndr.) abbiamo collaborato e che ha raccontato le storie di alcuni artigiani attraverso i suoni che con il loro lavoro producono. Da quest’esperienza abbiamo imparato molto e ci è rimasta la voglia di approfondire la poeticità e l’aspetto artistico che stanno dietro non tanto al prodotto artigianale, quanto piuttosto alla produzione, al movimento, alla conoscenza, al contatto con la materia che ha un artigiano e alla poesia dei suoi gesti. Quindi abbiamo deciso di costruire questo progetto che culminerà nello spettacolo “IL FATTORE UMANO””.
FC: “Come avete scelto gli artigiani da coinvolgere?”
“Gli artigiani sono stati selezionati secondo alcuni criteri base. Il primo è stato quello di lavorare all’interno del Cecchi Point, perché per noi era importante quel luogo per la sua storia, per la sua trasformazione in spazio di creazione e di confronto. Il secondo è stato quello di scegliere lavori che potessero avere un impatto visivo sul pubblico e che fosse possibile farli interagire con l’artista”.
FC: “E gli artisti?
“In questo caso abbiamo fatto alcuni ragionamenti provando a immaginare quali fossero le forme d’arte maggiormente spendibili nel progetto, valutando anche le storie che stavano dietro ai singoli artisti da coinvolgere. Abbiamo cercato che l’accoppiamento tra l’artigiano e l’artista avesse dei punti di contatto, ma anche di forte contrasto e antitesi, dal punto di vista sia di forma d’arte, sia anche nel modo di porsi, per provare il più possibile a sparigliare le carte”.
FC: “Come hanno reagito le coppie?
“Tutte in maniera molto positiva. Ognuno di loro si è messo umilmente al servizio dell’altro, per quasi tutti è stata l’occasione di entrare in un universo sconosciuto. Hanno osservato il lavoro dell’altro, si sono messi in gioco, la creazione è sempre stata a 4, 6, 8 mani, abbiamo voluto impostare l’intero percorso in maniera attiva. Da subito tutti sono stati coinvolti nella condivisione dell’obiettivo artistico, nella necessità di un forte dialogo, nella disponibilità a collaborare, nella conoscenza reciproca. Noi non volevamo raccontare qualcuno che rimane fermo sulla sua posizione di artigiano, che realizza semplicemente il suo oggetto e qualcun altro che lo osserva con un occhio più o meno artistico. Per noi è stato importante il mettersi in discussione, cercare di superare il registro del proprio linguaggio, e questo ha portato a un’esplosione di idee. A un certo punto il confine tra artista e artigiano è sembrato cadere”.
FC: “Quali suggestioni vorreste che il pubblico traesse da “IL FATTORE UMANO”?
“Vorremmo offrire un’occasione per far conoscere un universo, quello dell’artigianato che è artistico anche in aspetti meno noti. Far capire quanto ci sia in lavoro di minuzia, di perizia, di creatività, di fatica, per creare qualcosa di bello e unico. E’ un’opportunità importante per aprire una vetrina, una finestra su questo mondo, per restituire un po’ di valore a esperienze che spesso vengono schiacciate da un modello di approccio piuttosto scontato”.