Dopo "Studio per uno spettacolo divertente sull’anoressia", Carlotta Piraino è tornata in scena al Teatro Studio Uno, dal 14 al 17 novembre 2019, con Togliatti mon amour, uno spettacolo-documentario con cui affronta un tema delicato, la prostituzione, da un punto di vista assolutamente inatteso, quello dei clienti, un intento che via bbiamo raccontato in una intensa intervista sul queste pagine.
Carlotta Piraino: coraggio da reporter
Sensibile ed acuta scrutatrice dell’animo umano, Carlotta indaga da vera reporter: procede con cautela, discrezione e coraggio. Al pubblico illustra il metodo seguito nel raccogliere le varie informazioni che compongono lo spettacolo. Chiarezza ed onestà hanno contraddistinto questa ricerca. Spiega di essersi avvalsa di due testimoni diretti che, con inaspettata generosità, le hanno raccontato le proprie storie. In un conversare prima teso poi più disinvolto, un cliente, accettando il confronto, si è aperto senza remore, quasi non aspettasse altro che essere ascoltato. Confessare di avere rapporti abituali con prostitute non è certo qualcosa che l’altro accoglierebbe senza inorridire o manifestare reazioni di contrarietà (a meno che non sia uno di quelli con chi condividere questa esperienza). Carlotta, invece, si è avvicinata delicatamente al testimone che, collaborativo, ha chiarito moltissimo di sé e di quel mondo.
Il Furgonaro: in scena il blogger dall'anima ruvida
Si presenta: è il Furgonaro, così si fa chiamare; gira per la città a bordo di un furgone che d'inverno si riempie di gattini alla ricerca di un caldo ristoro. Ci si aspetterebbe un tipo rozzo, un po’ panciuto, sudicio e trasandato, invece è alto, robusto, con i muscoli di uno che “arza er fero”, le mani sono ruvide, proprie di chi si sporca ogni giorno con duro lavoro. E’ uno di quelli da disprezzare, uno al quale, per una prestazione sessuale, è sufficiente fermarsi, abbassare il finestrino e pagare. Perché lo fa? Lo sapesse –sospira- sarebbe tutto più semplice. Può al più descrivere il sentimento che prova in quel frangente: onnipotenza, perché basta un ventino (questo il tariffario standard) e via. Nessun rapporto interpersonale con l’altra parte, al massimo con una più carina ci si scambia un ciao, niente di più. Sembra assurdo che tutto questo accada realmente? Accade e pure costantemente intorno a noi; si è dentro questa dimensione, a nulla giova far finta che non ci sia. In fondo, quella che la donna svolge è una professione come le altre: non si chiama muratore chi costruisce muri? Anche lei è una onesta lavoratrice che si guadagna il pane svolgendo un servizio per chi paga. Nell’atto della prestazione non è persona; il suo non è definibile corpo ma “scatola per sigari di carne”, così è chiamata nel linguaggio grottesco dei clienti.
Togliatti Mon amour: la rappresentazione di una realtà, nel nero profondo
Nella resa scenica la storia è riportata esattamente come è stata appresa. Niente è finzione. Per questo sarebbe riduttivo ricorrere al termine spettacolo: nulla è inventato; più giusto sarebbe optare per quello di rappresentazione. Si restituisce fedelmente il contenuto della testimonianza, non c’è alcun riadattamento né alcuna espressione gergale è ingentilita; i racconti, a mò di atti, sono intervallati dalle voci registrate dei veri protagonisti: il pubblico ascolta espressioni che non rientrano nel proprio repertorio, la maggior parte di queste sono assolutamente sconosciute, percepite come fossero di un dialetto stretto, altri forse ci hanno fatto l’orecchio e sono in grado malamente di intuirne le allusioni.
A segnare il via dell’azione è il calare improvviso di un buio intenso, un nero profondo che impedisce di distinguere lo spazio. Si evoca l’atmosfera tetra di quel posticino riparato per “‘na botta e via”. Di sottofondo, il rumore di buste di carta schiacciate, come fossero calpestate accidentalmente da pensanti scarpe e da passi solerti, alla ricerca rapida di dove appartarsi, sia pure nel mezzo dell’erba secca troppo alta in una afosa giornata d’estate romana. Di chi sono quei passi, di chi le auto che rallentano, si fermano e ripartono? Non c’è da scandalizzarsi, sono quelle di uomini comuni, senza distinzione tra condizione economica o grado di istruzione, clienti che l’immaginario comune figura grezzi e corpulenti ma che nel più dei casi sono le persone affabili e a modo con cui si scambiano comunemente due chiacchiere o si sorseggia insieme un caffè al bar. Dietro il perbenismo si cela il lato oscuro che tutti indistintamente reprimono e sfogano, contraggono ed espandono. Il buio lo mette a nudo, ed ecco fare il suo ingresso il protagonista della rappresentazione. Uno sconosciuto la cui identità rimarrà segreta, pur svelando l’aspetto più intimo di sé. Non è un criminale né uno che ha bisogno di essere tutelato. È uno di noi.
Furgonaro e Piraino incantano lo Studio Uno
La regista-attrice lo accompagna sulla scena, ne guida la testimonianza e con solidarietà, quando è con lui, rinuncia a rendere visibile il suo volto. I due riescono lo stesso a comunicare tra loro, ormai si è creata sintonia e fiducia. Si stringono la mano, lei dà un colpo amichevole sulla “spallona” alta di lui, che la solleva e la riposa a terra, come fosse una leggiadra ballerina. I corpi riempiono lo spazio con movimenti fluenti. Egli domina vigoroso, come un gigante rispetto a lei, ma il suo animo è buono e profondamente bisognoso di tenerezza. Da esperta regista Carlotta tira le fila della storia e riporta un’altra importante quanto preziosa testimonianza. Quella di una prostituta rumena che ha personalmente incontrato. Con dirompente energia, ne riproduce il racconto; sollecita l’immaginazione del pubblico perché possa figurarsi il loro scambio di parole e vedere davanti ai propri occhi quella meretrice.
Superlativa è l’interpretazione dell’attrice: fedeli la cadenza dell’est, lo slang di chi appartiene a quel mondo, il dramma di chi dalla necessità ha scelto quella vita perché di fatto non le si è presentata alternativa. È una a cui sta a cuore la propria libertà: racconta di aver declinato la proposta di un cliente che voleva “portarla via con sé”, ma lei, donna concreta, non cede a diventarne un oggetto esclusivo e a fronte dei 150.000 euro offerti si tiene con orgoglio le incerte banconote della giornata. Spavalda, apparentemente sicura di sé, Cristina, perché questo è il suo nome, è una lavoratrice con cui il Furgonaro ha instaurato uno scambio più umano; è la prostituta che saluta, quella con cui va abitualmente, con la quale oltre a un ciao alterna un grazie, alla prossima!
Togliatti mon amour e gli interrogativi
Tutto questo è quello che Carlotta offre al pubblico. Non pretende di trasmettere un messaggio; c’è fin troppo moralismo in giro, un diffuso senso di schifo che fa ribollire gli animi. Solleva però degli interrogativi: cosa spinge trentenni, onesti impiegati, padri di famiglia ad andare a prostitute? Non c’è perversione o desiderio di evasione. Quello che mette in moto questo commercio è una radicale solitudine, una incapacità di dedicarsi all’altro, di prendersi cura di chi ci sta accanto, di concedere una carezza, di ascoltare o semplicemente di stringere a sé chi fa parte della propria vita. Commovente l’espediente registico adottato per la conclusione. Da un romanzo non ci si aspetta un lieto fine? Ecco a ricapitolare tutta la storia, un caldo e profondo abbraccio tra due persone che se si fossero incontrate in ben altra occasione non si sarebbero neppure piaciute.
TOGLIATTI MON AMOUR
di Carlotta Piraino
con Carlotta Piraino e Furgonaro
regia e disegno luci Carlotta Piraino
disegno audio Massimo Di Rollo
movimento scenico Lisa Rosamilia
video Marco Rizzari
grafiche Beatrice Novelli
dal 14 al 17 novembre 2019