Ci si addentra, silenziosamente pazienti, tra la ressa di spettatori del Teatro Ghione, passando per gli angoli miniati e caldi del teatro: le locandine, la libreria con i suoi lampadari secolari, l’aroma permeante del palcoscenico. Serve altro? Ci siamo anche noi, in attesa della nostra perfetta tregua dal mondo, sulla poltroncina di velluto rosso. In scena fino al 18 Marzo, ROMEO E GIULIETTA è una bella resa del grande classico che esplode a pieno ritmo nelle sue scelte stilistiche senza dubbio interessanti.
Ne emerge un adattamento spostato prevalentemente su modalità comiche, quantomeno nella prima parte, con un climax ascendente di drammaticità verso la fine: il tutto si risolve in due ore di vivacità condensate in un unico atto dall’alto il coinvolgimento, dalla prima all’ultima battuta. Il pubblico osserva, ride, resta agganciato all'ampio sorriso di sottofondo. La platea si fonde alla messa in scena tra musiche, risate spontanee e momenti di puro intrattenimento; il tutto senza che la complessità sempreverde del testo resti scalfita. Quasi si dimentica di aver comprato un biglietto per la tragedia classica, scivolando senza accorgersene tra le atmosfere accoglienti e leggere della commedia.
Dopo tutto, l'inizio mette da subito le cose in chiaro, l'approccio al classico è originale, senza per questo ricorrere alla ricerca forzata dell' effetto stupore ad ogni costo: uno dei sonetti shakespeariani più conosciuti in assoluto ("L'amore è un faro fisso, che sovrasta la tempesta") è stato scelto come preludio dello spettacolo.
“E' quasi giorno, io vorrei che tu fossi già partito, ma senza allontanarti più dell'usignolo, che una bimba lascia saltellare per un poco fuori della sua mano, povero prigioniero avvinto nelle sue ritorte catene, e poco dopo per mezzo di un filo di seta lo riconduce a sé, amante troppo gelosa della sua libertà”.
Il sipario poi si è aperto e l’impatto è stato abbagliante: la scenografia un disegno, un quadro dalle delicate provocazioni simboliche, popolato di forme vivide.
I fili, la gabbia, il limite, le mura, l’oltre, la siepe leopardiana. Dispiegate intorno delle lenzuola chiare, palcoscenico a loro volta di momenti di storia narrati da silhouette in controluce, come le mani di farfalla di un bambino sulle pareti di una stanza. Abbiamo amato le scelte scenografiche, perché in profonda sinergia con il movimento scenico, le coreografie, le musiche, persino con i costumi e le variazioni cromatiche dai colori caldi del rosso a quelli freddi, rivali tra loro come le due famiglie protagoniste. Dalla festa in casa Capuleti, ai duelli con le spade, le fughe, le esaltazioni e gli attimi d’amore, il movimento scenico ha riempito gli occhi del pubblico.
Spicca tra tutte le altre, l’interpretazione di Matteo Fiori nel delicatissimo ruolo di Mercuzio; quella di Francesco Buttironi nei panni di un giovane e toccante Benvolio e l’immancabile equilibrio artistico di Marco Usai, espressivo e centrato nel personaggio di Frate Lorenzo. Difficile non menzionare l’estrosa versione della balia di Giulietta, resa ancor più esuberante da una spontanea Caterina Gramaglia, che ha regalato momenti davvero esilaranti. Leggermente acerbi, invece, alcuni momenti interpretativi dei due giovanissimi protagonisti: una scelta registica visibilmente coerente al testo originale che, tuttavia, ha sofferto di alcune esasperazioni di troppo e diversi passaggi urlati.
Per gli scettici rispetto ai grandi classici rimaneggiati in chiave più “moderna”, la risposta che questo spettacolo sembra voler dare è che tutto si misura sull’eleganza: per lo stesso, intramontabile capolavoro, vie infinite per infinite rese.
Info:
Dal 12 al 17 Marzo
di William Shakespeare
Regia Selene Gandini
con Agostina Magnosi, Federico Occhipinti, Fabrizio Raggi, Matteo Fiori, Marta Nuti, Francesco Buttironi, Caterina Gramaglia, Marco Usai, Andrea Amato, Elvira Scalzi, Luca Alfonsi, Marinella Giraldi, Filippo Lemma
si ringrazia Carlo Valli per aver dato la voce al Principe
Giulia Gandini Giulia Gandini Photographer