L’emergenza Covid-19 ha avuto un impatto devastante su molti di noi. L’Italia è stata la prima nazione europea ad essere duramente colpita dall’epidemia che ci ha costretti a restare chiusi in casa lontani da amici e parenti, scoperchiando molti dei vasi che stavano scomodamente in un angolo della nostra società.
Gran parte delle categorie professionali sono andate in crisi, ma ce n’è una che più di tutte, forse, ha fatto discutere. Stiamo parlando di una categoria di volti noti, di personaggi famosi, ma anche di professionisti che operano nel buio dei teatri e che sono conosciuti solo da chi siede regolarmente in platea.
Le attrici e gli attori italiani hanno risentito come tutti (forse più di molti altri) l’impedimento di poter professare il proprio mestiere e quando la situazione si è aggravata lo Stato è stato chiamato a intervenire per tutelarli.
Disgraziatamente, però, si sono visti impreparati ed estremamente confusi su come agire in questo frangente. Il motivo? Chi per lavoro recita non è mai stato chiaramente tutelato e non fa parte di una classe riconosciuta a livello giuridico. Proprio così. I nomi italiani che entrano nelle nostre case, che andiamo a vedere nelle sale cinematografiche e nei teatri sono senza “nome” per lo Stato. In quel marasma di decisioni, con numeri di giorni contributivi che scendevano, di Istituzioni impazzite non in grado di dare risposta a una domanda troppo a lungo rimandata, la soluzione è arrivata dagli operatori stessi del settore: creare un registro con dei parametri precisi, per raccogliere i professionisti in una delineante categoria. E qui che entrano in gioco una coppia di coniugi, entrambi attori: Raffaele Buranelli e Karin Proia, che si è fatta conoscere agli italiani con la sua iconica bellezza mediterranea e con la sua bravura che ha avuto modo di dimostrare in fiction e film amatissimi. Proprio con Karin ci siamo messi in contatto e le abbiamo chiesto spiegazioni sul RAAI – Registro delle attrici e degli attori italiani (qui il modulo di autocensimento):
Karin come è nato questo progetto? Chi lo ha ideato?
KP: In realtà si parla di una categorizzazione degli attori professionisti da tantissimo tempo. Per molti anni si è parlato di un albo, ma è in effetti irrealizzabile perché gli albi raggruppano laureati, professionisti con un titolo di studio specifico, quindi, la soluzione più congeniale sembra sia proprio il registro. In Italia ci sono categorie che hanno utilizzato lo strumento “registro” con successo e abbiamo deciso di percorrere anche noi questa strada. Parlo al plurale perché è un’idea che è nata da me e da mio marito: Raffaele Buranelli.
Però, non è stato facile, in quanto il lavoro dell’attore è molto variegato e ha innemerevoli peculiarità.
Non tutti lo sanno, ma l’attore di teatro, pur guadagnando meno rispetto ai colleghi che fanno cinema, versa molti più contributi. L’unico modo per capire e valutare i vari aspetti era quello di confrontarsi con altri colleghi e creare un incrocio di idee. Abbiamo quindi chiamato i professionisti nostri colleghi e amici e ci siamo interfacciati.
Abbiamo proposto loro un documento che abbiamo cominciato a scrivere mio marito ed io, e tutti coloro che hanno sposato il progetto ci hanno aiutato, limando man mano tutti i parametri di ammissione al registro. La classe politica fa una gran fatica a individuare gli artisti fa una gran fatica, anche perché la molteplicità della nostra categoria è delimita da confini sempre molto nebulosi.
Per di più nel nostro Paese questo splendido, ma intermittente, lavoro non viene riconosciuto come dovrebbe e quindi ci siamo trovati all’improvviso senza tutele. Basti pensare che della prima cifra stanziata per l’emergenza Covid19, solo lo 0,7% è andato alla categoria degli attori.
Siamo stati i grandi esclusi perché hanno usato dei parametri che non erano aderenti allo stato contributivo dei professionisti. In Italia si sente sempre parlare di “lavoratori dello spettacolo”, ma rispetto agli operatori che stanno dietro le quinte o dietro la cineprese noi abbiamo parametri completamenti diversi: le maestranze dietro la cinepresa iniziano il film ben prima delle riprese e finisco anche mesi dopo, coinvolti nella post-produzione. Per noi attori non è così. In un film un attore può fare anche un numero limitato di “pose” (giorno di posa: indica una giornata lavorativa di un attore sul set n.d.r.) e quindi un numero limitato di contributi. Non possiamo per questo essere considerati come gli altri lavoratori dello spettacolo proprio per le evidenti differenze nei metodi contributivi.
A teatro, come dicevo, è già più facile maturare i contributi, perché ci sono le settimane di prova che coinvolgono gli attori e poi le tournée e le repliche che, nel migliore dei casi, possono durare mesi, ma gli stipendi sono decisamente più bassi.
E così, per raggruppare e definire la categoria abbiamo mandato in giro questo form di iscrizione e a cui hanno aderito in moltissimi, anche grandi nomi come Monica Guerritore che è stata tra i primi a sostenerci e con la quale ci siamo interfacciati proprio per determinare i parametri del registro. E con lei ci sono venuti in aiuto anche Max Vado, Luigi di Fiore, Marco Bonini e molti altri. Abbiamo trovato una quadra per cercare di venire incontro alle esigenze della categoria. Quindi una sorta di auto censimento che ha funzionato: in soli quattro giorni si sono iscritti più di 1100 artisti.
Secondo te questo registro potrà finalmente avvicinare la politica al lavoro degli attori? Dopotutto è sempre stata una categoria poco considerata.
KP:La nostra è una categoria che non è riconosciuta a livello giuridico. Questa mancata identità professionale non è riuscita a far sentire la sua voce. Proprio per questo il registro è stata una boccata d’ossigeno ai polmoni degli artisti, al punto che tantissimi ci hanno chiamato ringraziandoci, dicendoci che serviva proprio un’iniziativa come questa. Era un po’ l’uovo di colombo, una soluzione davanti agli occhi di tutti e che tutti sapevano quanto fosse necessaria, nulla di nuovo. La novità è stata comprendere che non dovevamo più aspettare che le Istituzioni ci definissero, ma agire autonomamente, come hanno fatto altri professionisti come gli agenti immobiliari o i certificatori energetici: autodefinendosi, auto-censendosi e per poi chiederne il riconoscimento a chi di dovere. Speriamo che anche il nostro registro venga accolto e possa dare il via ad una definizione del lavoro degli attori.
Quale sarà l’iter dopo aver raccolto queste sottoscrizioni?
KP:Credo che faremo una proposta, interfacciandoci con i sindacati. Sono passaggi che stiamo studiando per poterlo concretizzare nel minor tempo possibile. Sicuramente questa operazione che è partita dal basso è stata ben accolta non solo dalla categoria, ma anche dalle Istituzioni che ne hanno compreso il valore e l’utilità, visto che i loro parametri di misurazione sono inefficaci e poco chiari. Non per colpa loro, ma proprio per questa mancanza identitaria.
Pensa ad una donna attrice in maternità: ha dei parametri assurdi per avere un assegno di maternità, perché deve lavorare almeno un giorno nel sesto mese di gravidanza, rischiando di perdere il sussidio. E poi chiedono i contributi dell’anno precedente, senza considerare lo storico e la capacità contributiva degli attori, che per inciso, hanno un’attività lavorativa periodica legata alla progettualità.
Perché ci sono sordità e cecità nei confronti degli attori italiani da parte dei Governi, degli Enti contributivi e dei sindacati quando abbiamo esempi di grande talento con professionisti forti, amati e pure premiati?
KP:Siamo una filiera che rende molto, siamo una bella parte di PIL italiano. A livello contributivo diamo molto di più di quanto ci torni indietro con pensioni e sostegni: noi siamo quasi privati del sussidio di malattia, ad esempio!
Probabilmente un po’ di colpa è anche della categoria, che ha titubato nell’unirsi e ha rimandato nei decenni l’inevitabile scontro con una dura realtà. Già negli ultimi anni si avvertivano nell’aria molti problemi legati ai diritti degli attori. Finalmente però questo periodo di quarantena ci ha messo di fronte ai nostri peccati originali, uno dei quali è l’individualismo della categoria, ma ora gioco-forza dobbiamo restare uniti e affrontare la situazione assieme. Siamo stati i primi a chiudere le “saracinesche” e saremo gli ultimi a riaprire. Ora è essenziale essere forti in gruppo.
Auguriamoci che questo registro arrivi presto sui tavoli di chi ci governa e che riesca ad accogliere gli attori di oggi e di domani. In futuro quando sarà ufficializzato, servirà ampliare il registro e corredarlo di altri termini per raccogliere anche le altre categorie come i registi e i figuranti?
KP:Ci contiamo. Abbiano veramente bisogno di un’immagine riconosciuta come lavoratori contribuenti e soprattutto speriamo di avere nuove misure cautelative da parte dei sindacati. Ci tengo a precisare che questo registro non esclude che ne possano nascerne altri, proprio per chi fa un lavoro trasversale al nostro.
Lancia un appello come attrice alle Istituzioni.
KP:In altri Paesi questo registro è stato accolto e funziona. Chiederei di fare come loro e di prestare ascolto a cittadini che lavorano e che hanno diritto di essere tutelati.
RAAI – i promotori
Le informazioni sul progetto sono disponibili qui
Qui il modulo per l'autocensimento.
Promotori e primi sostenitori di questa iniziativa, in ordine sparso, sono: Raffaele Buranelli, Karin Proia, Fabio Sartor, Monica Guerritore, Alessio Boni, Totò Onnis, Anna Galiena, Mariano Rigillo, Pietro Bontempo, Luigi Di Fiore, Giovanni Lombardo Radice, Emanuela Ponzano, Marco Bonini, Laura Nardi, Fabrizio Apolloni, Massimo De Lorenzo, Mauro Mandolini, Carlo De Ruggieri, Luca Capuano, Massimiliano Vado, Pietro De Silva, Pietro Genuardi, Carla Cassola, Andrea Tidona, Tonino Pavan, Angelo Orlando, Giulio Pampiglione, Giorgio Borghetti, Giulia Mombelli, Augusto Fornari, Maddalena Crippa, Carola Stagnaro, Giampiero Ingrassia, Chiara Conti, Giuseppe Zeno, Peppe Zarbo, Caterina Misasi, Paolo Faroni, Elisabetta Pellini, Elisabetta Misasi, Stefano Ambrogi, Antonello Fassari, Pino Quartullo, Marina Pennafina, Alessandro Di Somma, Roberto Attias, Matteo Cirillo, Nicolò Giacalone, Claudio Botosso, Sara D'amario, Valentina Tomada, Marco Simeoli, Carlo Cartier, Antonella Fattori, Federico Pacifici, Tiziana Bagatella, Edoardo Sala, Enzo Gambino, Andrea Paolotti, Luca Capuano, Jane Alexander, Lucilla Mininno, Emanuela Grimalda, Gianni De Lellis, Diego Migeni, Francesco Godina, Michele D’anca, Mascia Musy, Igor Mattei, Marina Biondi, Simone Colombari, Donatella Finocchiaro, Roberta Giarrusso, Andrea Sartoretti, Caterina Guzzanti, Stefania Rocca.