QUESTA è CASA MIA @ Teatro Studio Argot: una via Crucis civile per rivendicare il diritto di “cittadinanza”, tra folklore e il sapore amaro della terra

Il 10 Maggio per la Rassegna OVER EMERGENZE TEATRALI presso il Teatro Argot di Roma, un giovanissimo e talentuoso Alessandro Blasioli ha raccontato L’Aquila dall’ evento sismico del 2009 ad oggi, uno spettacolo scritto e diretto dallo stesso con la supervisione artistica di Giancarlo Fares, luci di Fausto Tinello, scenografia di Andrea Corvo e la produzione di Argot. Lo avevamo già visto qualche anno fa al Teatro India a Dominio Pubblico 2017. Torna in scena il 5 luglio 2019 in occasione del Festival Venice Open.

Testo denso, a tratti psichedelico, genuino, dal quale emerge visibilmente un tratto autobiografico di Alessandro Blasioli, un giovanissimo monologhista, interessante per i suoi molteplici approcci scenico-recitativi, brillante e drammatico, credibile nella metamorfosi attoriale e altrettanto nella veste autoriale. Un monologo sentito, nel quale emerge l’intimo legame con la terra, partecipando con le descrizioni e dimostrazioni sensoriali, sente e lo manifesta senza estraniarsi, in un vortice di emozioni vere, in una lunga narrazione privata e pubblica, individuale e storica.

Gran parte della narrazione teatrale avviene in uno spazio scenico vuoto, buio, solo una sedia al centro del palcoscenico, il punto fisso attorno al quale ruotano storie, aneddoti che compongono la trama di una storia civica e umana. Vogliamo porre la nostra attenzione sull’oggetto sedia, tipica del anni 50/60’, un simbolo di localismo, una rappresentazione della casa e il segno di una solitudine, lui è solo perché ogni abruzzese si sente solo! Ovviamente il vuoto attorno è ingegnato perché riempito dalle parole, da un continuo parlato, un monologo che si trasforma, manipolando il tempo, con una ritmica incessante ma ben equilibrata. La sedia non è un’isola, è forse una montagna, dalla quale Alessandro Blasioli vede tutto, come la finestra che continuamente spalanca davanti alla platea e alla quale tra impeto e vaghezza, lascia apparire il panorama de L’Aquila e dintorni. La cima di una montagna dove forse dovrà giungere la processione del Venerdì Santo con il canto del Miserere, con il quale si apre la prima scena, creando un cammino liturgico e teatrale insieme, sposando il sacro e profano, valorizzando la tradizione e il folklore, espressione della “bellezza” di ogni territorio d’Italia.

La verve autoctona abruzzese si manifesta nella lingua e nella gestualità, più volte viene in aiuto la canzone tipica del luogo, il ballo folkloristico, mescolando comicità e ritualità, coinvolgendo lo spettatore e motivandolo. Quel vuoto cerca di riempirlo anche con il corpo, scandendo il tempo registico con un colpo di tacco. È irruente, spesso fa risuonare il rumore del suo battere potente sulle tavole del palcoscenico, un rito teatrale che è segno di un Teatro vitale, carnale e  fervido. Le maschere dei personaggi delle storie si mescolano, s’incontrano e si scontrano, l’anima teatrale entra ed esce, spostandosi nei vari luoghi, da situazioni e occasioni cariche di punti di vista che si propagano dall’attore e si proiettano verso il pubblico, destinatario di varie interpretazioni e letture. Non c’è spazio per il silenzio, tutto è parola, è  pieno, strabordante di viscere e cuore, musica e musicalità dei soliloqui, di dolore e riso, sentimenti e approfondimenti semantici. La voce di Blasioli è profonda, a tratti sabbiata, colori che si opacizzano nelle tonalità più basse e si intensificano nelle altezze, dà prova di una buona preparazione canora nelle esecuzioni live di alcuni brani.

La svolta scenografica e teatrale avviene con l’apparizione nell’angolo scenico della realistica riproduzione di una recinzione da cantiere, opera dello scenografo Andrea Corvo. Nel buio dello spazio scenico, risaltano i vari accorgimenti luminosi che vestono l’atmosfera di una partecipe realtà. Ma il buio è ancora determinante per la riuscita di proiezioni fisiognomiche attraverso l’ausilio di una torcia elettrica, con la quale Alessandro Blasioli compie l’ultimo tratto della strada narrativa, una via crucis civile per affermare il diritto di cittadinanza. L’Aquila è uomini, donne, bambini, anziani, loro sono la “città”, ma allo stesso tempo non è solo uno spettacolo sulla stessa ma per l’Italia intera, perché nessuno debba sentirsi escluso. Quella recinzione è una barriera da abbattere, dove andare oltre vuol dire sperare e non è una speranza leopardiana o solo immaginazione, quell’ostacolo, quel confino rappresentato anche dalla burocrazia, la corruzione, la speculazione si supera con la  cittadinanza attiva, tornando ad essere cittadini. Tanta è la disperazione e la rabbia, e Blasioli lo manifesta con la continua dimostrazione tattile mentre la recinzione con tutti i suoi supporti suona con note di paura, abbandono, esprimendo qualcosa d’irrisolto contro la risolutezza, la tenacia di figli che mai abbandoneranno a se stessa la propria madre terra. Le macerie plasmate con le lacrime diverranno nuova casa, quel corteo funebre del Venerdì Santo è giunto a destinazione e anche L’Aquila avrà la sua resurrezione. Miserere non è un lamento, è un inno di speranza e d’incoraggiamento, non di morte ma di vita. DOLOR HIC TIBI PRODERIT OLIM, questa  è la lezione dell’abruzzese Ovidio, la soluzione del rebus della fatica teatrale di Alessandro Blasioli. Il dolore è utile e necessario per la creatività.

Info:
10 Maggio h20:30
QUESTA È CASA MIA
testo, regia e interprete Alessandro Blasioli
supervisione artistica Giancarlo Fares
luci Fausto Tinelli
scenografia Alessandro Blasioli e Andrea Corvo
produzione Argot Produzioni

 

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