In un’epoca storica di insopportabili rigurgiti di pensiero razzista e suprematista, il mondo culturale Europeo sta mostrando in risposta una volontà di fare i conti con il suo passato coloniale, una straordinaria sintonia con le suggestioni artistiche provenienti dal multiculturalismo e una grande curiosità per storie che vengono da lontano.
Molte sono state le presentazioni che, alla Fiera della Piccola e Media Editoria, hanno affrontato il tema della migrazione. Ne abbiamo seguite due, in particolare, che hanno affrontato due aspetti della medesima tematica: il retaggio del passato coloniale nelle migrazioni passate, ovvero i sans papier di oggi, e l’accoglienza nei confronti dei protagonisti delle ultime migrazioni.
La prima prende le mosse dalla presenza di Yvan Alagbè in Italia, per la prima pubblicazione italiana di una sua opera: Negri gialli e altre creature immaginarie, uscito per i tipi di Canicola. Biblioteche di Roma, in collaborazione con Internazionale e la stessa Canicola, ha portato l’autore a parlare della sua opera con Igiaba Scego e Alessio Trabacchini.
La presenza di Alagbé alla fiera è si inserisce in un più ampio tour dell’autore, legato oltre che alla sua opera alla mostra personale a Bologna, inaugurata in occasione di BilbolBul. L’autore, che l’Italia scopre oggi grazie a Canicola, in Francia è un artista affermato, autore – oltre che editore con la casa editrice Fremok – di opere che possono essere definite come fumetto di ricerca, a cavallo fra grafica e narrativa disegnata.
E proprio così può essere definito Negri gialli: una commistione quasi alchemica fra poesia, saggio e narrazione, come sottolinea anche Igiaba Scego. Un'opera che racconta il fantasma coloniale presente nella vita quotidiana di personaggi sospesi fra due culture. Scego parla anche di tre concetti chiave che ritornano nell’opera: l’amore, il nero – sia come connotazione fisica che culturale, ma anche espediente grafico – e il corpo, che – cita a tal proposito Ta-Nehisi Coates – è il luogo dove più forti sono gli effetti della sopraffazione, in questo caso culturale, razziale, coloniale.
Pur non essendo integralmente autobiografica, l’opera di Alagbé è una raccolta di storie per le quali l’autore ha attinto alla quotidianità sua e di una serie di personaggi che come lui si sono trovati in alcuni momenti ai margini della società francese, o comunque ‘sospesi’ fra due culture. Uno dei personaggi chiave, Mario, è un harki – i combattenti algerini arruolati nell’esercito francese durante la guerra d’indipendenza algerina – dunque reietto fra i francesi perché algerino e fra gli algerini perché traditore.
Alagbé stesso, di madre francese e padre del Benin, racconta la propria gioventù da ‘caffellatte’ – come dice lui stesso – e dunque ‘nero fra i bianchi’ in Francia e ‘bianco fra i neri’ durante la sua permanenza in Benin. Ma racconta anche chi non avendo la fortuna di essere francese nemmeno per metà, rientra nella categoria dei sans-papier, senza cittadinanza, senza documenti e dunque sfruttabili e ricattabili. E lo sfruttamento, come spesso accade, colpisce il corpo, come già detto, tema portante dell'opera. Corpo che trova la sua liberazione nell'eros, altro elemento ricorrente di Alagbé, in cui si esplicita una liberazione degli individui altrimenti costretti nel confine della propria pelle, come in una prigione, perché illegali. Se sei illegale sei sempre prigioniero, se non fisicamente, mentalmente.
La narrazione disegnata di Alagbè è come uno 'storyboard del reale' che approssima il cinema, come talvolta è stato il fumetto alle sue origini. Lo stile quasi espressionista di Alagbé ha un suo contraltare e complemento nella narrazione neorealista – lui stesso annovera Pasolini e Fassbinder fra le sue ispirazioni – di un quotidiano in cui il colore della pelle è relativo, a seconda delle persone con cui ci si rapporta.
Proprio questo elemento è reso dall'utilizzo non sistematico dell'inchiostro nero: la tonalità dei corpi cambia a seconda della sequenza e il contrasto più forte è reso proprio in una scena erotica fra un uomo nero e una donna bianca.
Da una narrazione autoriale e artistica si passa a una più stretta attualità del tema delle migrazioni, nella presentazione di Emigrania, di Alessandro Cripsta e Daniele Bonaiuti, uscito per Becco Giallo. Presenti, anche Fabiana Musicco di Refugees Welcome Italia, l'organizzazione che si occupa di l'accoglienza di rifugiati in famiglie italiane, una nutrita delegazione – anche fra il pubblico – di Baobab Experience, che con Refugees Welcome collabora, e l'attivista Senegalese, ora rifugiato in Italia, Issa Cheick.
Proprio grazie a Refugees Welcome, Daniele Bonaiuti e la moglie Valentina, hanno ospitato per sette mesi Moussa, un rifugiato Ivoriano. Emigrania è proprio la narrazione per immagini dei racconti del loro ospite. A nessuno piace lasciare la propria casa – questo è anche un messaggio che poco arriva al grande pubblico – e abbandonare la propria quotidianità per cause che non riusciamo a contrastare, perché mettono in pericolo la nostra vita o la nostra libertà. Proprio questo è raccontato nel fumetto: nelle parole di Moussa – e nelle immagini di Cripsta – c'è anche la vita quotidiana in Costa D'avorio e il passaggio da questa normalità alle condizioni che possono determinare l'assumersi il rischio di perdere la propria vita nel deserto, in mare, o nelle carceri libiche.
Issa Cheick sottolinea come la storia di Moussa sia universale, perché rappresenta la storia di tanti. Il successivo racconto di Cheick, della propria esperienza, è narrazione di tutto ciò che non vediamo o vogliamo vedere – storie con cui, invece, hanno molta familiarità i volontari di Baobab Experience – e parte dalle cause di fuga da un paese apparentemente 'sicuro' come il Senegal. Il Senegal non è in guerra, ma vi muoiono 61 bambini al giorno e ha numeri relativi alla violenza sui minori che sicuramente non ne fanno un paese sicuro. Il suo passato di attivista in Senegal e la collaborazione con ONG per favorire la scolarizzazione di bambini altrimenti vittime di violenza e sfruttamento – ad esempio da parte dei trafficanti di droga – hanno fatto sì che Cheick divenisse un bersaglio. Più volte vittima di agguati, ha dovuto spostarsi per il Senegal, finché anche la polizia non ha cominciato ha interessarsi a lui perché attivo nel campo del sostegno alle persone LGBT, purtroppo prive di qualsiasi diritto nel paese. Minacciato sia dallo stato che dalla malavita, Issa Cheick è dovuto scappare, per intraprendere un viaggio che, attraverso il deserto, lo ha portato all'inferno delle carceri libiche. Pensando all'orrore vissuto dice: "nel momento in cui sono entrato in prigione, ho dimenticato tutto quello che sapevo". La perdita della coscienza di sé, la morte di un amico sotto i propri occhi, sono fra le cose che non vengono raccontate quando sulle nostre coste assistiamo solo alla fine del viaggio, talvolta ancora più tragica.
La storia di Moussa, simile a quella di Issa Cheick che come lui ha conosciuto amici in Italia pronti ad accoglierlo e aiutarlo – ad esempio a iscriversi all'Università – dimostrano come l'accoglienza sia un modo di restituire una quotidianità preziosa, che seppure non è quella del proprio paese d'origine, è vitale per superare il ricordo dell'inferno che si è vissuto, prima e durante il viaggio. Ma è anche, come ci ricorda Fabiana Musicco riferendo alcune testimonianze di chi ha messo a disposizione la propria casa per ospitare un rifugiato, un'esperienza inaspettata e sorprendente per chi accoglie.
In un momento di rinascita del fumetto in Italia, Emigrania è una piccola, grande opera necessaria, che dà l'occasione di immedesimarci nell'altro, conoscere la sua vita di tutti i giorni che ne fa una persona prima della storia che ne ha fatto un migrante. Ancora di più perché è un'opera che nasce da un'esperienza coraggiosa – in questi tempi bui, coraggiosissima – come Refugees Welcome.