NAPOLI FRINGE FESTIVAL, L’INQUILINO, lo Spettacolo-thriller di Lab121

Liberamente tratto da un romanzo nato in seno al movimento "Panico", fondato da R. Topor, A. Jodorowskj e F. Arrabal, questo spettacolo racconta di un uomo qualsiasi, Trelkovsky, che prende in affitto un piccolo appartamento dalla cui finestra la precedente inquilina, la signorina Schule, s'era lanciata per togliersi la vita. Il padrone di casa, i vicini e addirittura gli amici di Trelkosky ci sono presentati come figure ostili pronte a maneggiare la sua vita per soddisfare i propri piccoli interessi, senza la minima cura per lui. Preso nella maglia delle ossessioni provenienti da queste figure esterne Trelkowsy cerca di liberarsene, ma ne rimane presto soffocato, fino a morirne, ricalcando enigmaticamente lo stesso destino della coinquilina di prima, passando attraverso molte crisi, anche di identità e di genere.

Ambiziosa è la sfida di adattare questo romanzo per il teatro. Il regista Claudio Autelli ci prova con discreta fortuna, a giudicare dalla reazione del pubblico in Sala Fringe al Castel Sant'Elmo. Si tratta di una interpretazione che punta sul registro dell'ossessività, dell'incomunicabilità e dell'ansia. Drammaturgicamente, il montaggio progressivo delle sequenze narrative fa crescere bene la suspense: prima lo svelamento dell'incidente della Schule (introduzione del sempreverde topos della casa abitata dai fantasmi), poi l'incontro-scontro con personaggi quasi sempre doppi (incomunicabilità, quindi senso di solitudine e prostrazione), ancora la trasformazione di Trelkovsky in una donna (travestitismo grottesco, come unica risposta possibile alla mascherata ipocrita della società, ma anche come luogo di messa in crisi definitiva del proprio io), infine la morte sorprendente ma attesa (Trelkosky si suicida come se seguisse un destino beffardamente stabilito per lui fin dall'inizio). La ridondanza di alcune scene e di alcune battute, così come la presenza poco incisiva di personaggi come il cameriere e l'amico, che paiono avere l'unica funzione di ascoltatori delle ossessioni del protagonista, sono i nei di un lavoro sostanzialmente efficace.

Registicamente, indovinatissimi i cambi scena, per rapidità e variazione visiva. Le scene di Maria Paola Di Francesco sono abbastanza essenziali (un letto con materasso cuscino e lenzuolo, un tavolo due sedie e un armadio girevole che funge anche da porta o da sala degli specchi) da permettere agli attori di muoverle rapidamente nei frequenti bui animati dai suoni di Fabio Cinicola o tra le belle luci di Giuliano Bottacin.
La stessa cura è riservata da Autelli ai suoi quattro bravi interpreti, Alice Conti, Marcello Mocchi, Mauro Racanati e Michele Di Giacomo, che esprimono una notevole energia attraverso una recitazione improntata sulla classicità della prosa anche se, in certi momenti, accademica. Puliti nella dizione, chiari nelle intenzioni e precisi nelle caratterizzazioni dei diversi personaggi, i quattro giovani interpreti peccano soltanto nelle scene in cui esprimono più di quanto sentono. Il livello visibile dello spettacolo si fa da tramite per un contatto con l'invisibile dei nostri fantasmi, materializzati nelle voci dei personaggi presenti, o sfumate nelle assenze di quelli solo evocati. La struttura circolare della drammaturgia e quelle maschere finali intorno al letto della vittima ci fanno vivere un'esperienza intensa, mentre ci divertono con una teatralità manifesta.

Ne risulta un insieme assai gradevole, pur se dominato da atmosfere oscure, perché condito di una certa ironia, dalla generosità di questi giovani artisti e dall'estro con il quale hanno saputo affrontare, e vincere, questa difficile sfida.

L’INQUILINO
LAB121
tratto dal romanzo “L’inquilino del terzo piano” di Roland Topor
adattamento e regia di Claudio Autelli
con Alice Conti, Michele Di Giacomo, Vincenzo Giordano e Marcello Mocchi
scene di Maria Paola Di Francesco
luci Giuliano Bottacin
suono Fabio Cinicola
assistente alla regia Lorenzo Ponte
organizzazione Monica Giacchetto e Camilla Galloni
comunicazione e promozione Cristina Pileggi
produzione LAB121 in coproduzione con Fondazione Campania dei Festival

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