D: Siete nati nel 1981, quasi quarant’anni di vita, che per una casa editrice indipendente sono tanti anni. Come è cambiato il mercato del libro e come sono cambiate le difficoltà per una casa editrice, considerando anche che ormai viviamo in quella che definiamo l’era del digitale?
R: In quarant’anni sono cambiate tantissime cose. Prima di tutto, quando Marcos y Marcos è nata le case editrici indipendenti erano pochissime e si era un’anomalia rispetto ai grandi editori ai quali i lettori erano abituati e, allo stesso tempo, c’era anche più possibilità di farsi vedere: con un progetto nuovo e insolito si trovava spazio. Ora parliamo di 1400 editori indipendenti e il mercato ha molti più soggetti che fanno un buonissimo lavoro, molto simile a quello che facciamo noi. Vuol dire una grande ricchezza di proposte ma anche, naturalmente, la necessità di differenziarsi sempre di più e di mantenere l’interesse del lettore per il tipo di offerta che facciamo noi. Dal punto di vista dei lettori sappiamo che, da un lato, i lettori sono comunque un po’ aumentati anche dagli anni Ottanta a oggi, ma la narrazione e l’intrattenimento in genere subisce la concorrenza, fatale in questo momento, di altre distrazioni, mi verrebbe da dire. Perché più che l’e-book, che abbiamo visto che ha trovato una sua nicchia e non sta più crescendo, quello che veramente è alternativa al libro è tutta l’offerta digitale anche molto buona. Obiettivamente ci sono serie televisive meravigliose e ci sono un sacco di contenuti disponibili on – line che prendono il posto del libro.
D: Il vostro progetto editoriale continua comunque a essere interessante e vario; noi di Gufetto Libri per esempio abbiamo recensito per voi I cento pozzi di Salaga di Ayesha Harruna Attah, autrice ancora non conosciuta in Italia ma che negli Stati Uniti è famosissima. Un libro meraviglioso da un punto di vista narrativo e di linguaggio. Che tipo di attenzione avete rispetto ai nuovi titoli?
R: Ci piacciono storie che vale la pena di raccontare e ci piace dare spazio a voci e a punti di vista sul mondo molto diversi fra loro. Questa è la nostra caratteristica, che abbiamo difeso e continuiamo a difendere negli anni. Cercare di avere un’offerta molto varia e con una qualità alta per i nostri parametri. I lettori sanno che noi pubblichiamo solo cose che ci piacciono veramente e che hanno una loro tipicità e che piano piano trovano il loro pubblico
D: Questa cura si vede anche nel progetto grafico che avete per ogni libro.
R: In un’epoca dove c’è l’alternativa digitale, è chiaro che i libri se si fanno bisogna farli bene, altrimenti non ha senso farli. Una persona deve avere il piacere di avere in mano l’oggetto libro, un oggetto molto curato nelle materie prime – noi compriamo ancora una carta molto costosa ma con un buon odore, con una buona consistenza – e curiamo il font che usiamo e i colori
D: Anche il formato dimostra una grande cura per l’oggetto che sembra perdersi invece in questa epoca digitale.
R: Se l’oggetto è brutto, tanto vale sfruttare le risorse che il digitale offre, che sono effettivamente importanti e anche belle. Se invece ci si dedica alla materia, che sia bella!
D: Avete delle attività molto interessanti, per esempio BookSound e Il Libro per Tè. Perché nascono questi progetti all’interno di una casa editrice?
R: Da un lato c’è la nostra convinzione che i libri a volte non siano davvero conosciuti, nel senso che chi non ha avuto la fortuna di crescere in una famiglia dove ci sono i libri, non sa che i libri sono una fonte di emozioni, riflessioni, sono una risorsa di piacere, non solo di studio e di noia. Molti ragazzi associano il libro alla noia, mentre invece per noi non è assolutamente così e prendiamo come una nostra missione quella di far scoprire ai ragazzi che con i libri ci si può divertire. Leggerli ad alta voce è un modo per scatenare lo stesso tipo di emozione che può scatenare la musica, cioè una emozione legata alla fisicità e non solo al godimento intellettuale. Questa cosa funziona benissimo, abbiamo sempre la soddisfazione di trovare ragazzi che dicono “io non avevo mai letto ma questo libro mi ha colpito, mi è piaciuto condividerlo e sentire che ero in grado di leggerlo ad alta voce, che potevo far sentire la mia voce”. E questo è molto bello. Un libro per tè si collega all’idea che prima dicevamo, che il libro è un oggetto ed è ancora importante trovarsi tra persone che possono guardarsi in faccia mentre parlano. Frequento gruppi di lettura con cui si beve un tè insieme, un tè che è scelto sempre in abbinamento a un determinato libro, secondo le suggestioni che questo libro trasmette ed è meraviglioso. Si ha la sensazione di essere nella carboneria, siamo magari alle nove di sera nella città deserta dentro questa libreria, ci riuniamo in venti, trenta persone a parlare animatamente di un libro. Cosa c’è di più bello?
D: Soprattutto se consideriamo la condivisione e la comunicazione!
R: Il mondo digitale, che io difendo perché offre molte cose che prima non c’erano, non è sufficiente. Sarebbe come dire che possiamo alimentarci di pillole perché tanto le sostanze nutrienti le troviamo anche nelle pillole. No, credo che difficilmente si possa rinunciare a un buon piatto di pasta! Trovarsi insieme a mangiare fa parte dei piaceri della vita, come trovarsi per leggere e condividere insieme un libro. E sottolineo che i due ambiti, il mondo digitale e il libro, non si escludono, anzi possono combinarsi perfettamente.
D: Quali sono i titoli che consigliereste per queste feste natalizie?
R: Il primo è il volume di Franco Pulcini, Delitto al conservatorio – di cui presto pubblicheremo la recensione, ndr – per l’argomento musicale e per la storia, dove protagonisti sono i bambini prodigio: i bambini sono sottoposti oggi a una pressione a volte eccessiva, che toglie lo spazio anche alla noia, che è una fonte importante di riflessione e di pensiero; Il piccolo libro illustrato dell’universo di Ella Frances Sanders, in cui capiamo come l’astronomia e la scienza ci riguardino nel nostro intimo e siano una fonte di bellezza e di meraviglia infinite. Poi un libro cui tengo molto, Noi abbiamo futuro di Michele Ferrari, la storia di Radioimmaginaria, che è la radio fatta dai ragazzi. Si dice sempre gli adolescenti sono inerti, questo libro dimostra che non lo sono. E poi Noi abbiamo futuro è una bella affermazione da mettere sotto l’albero in una festa che in fondo è dedicata alla rinascita e ai bambini.