MANNI EDITORI @ Più libri più liberi: quando l’editoria è bandiera della cultura

D: Siete una realtà nata negli anni Ottanta, avete una storia molto lunga alle spalle. Quanto e come è cambiato il mondo dell’editoria?

R: Tantissimo! La casa editrice è nata nel 1986, quando abbiamo pubblicato il primo titolo, io ho iniziato a lavorare circa sedici anni fa. Però anche solo rispetto a dieci anni fa parliamo di un altro mondo! Si è completamente trasformato il mercato perché si è molto ridotto, ristretto: negli ultimi anni sono state perse quote di mercato enormi, quindi anche di fatturato e il mercato si è stabilizzato in una maniera concentrata. Ci sono state acquisizioni sia in senso orizzontale, casa editrice che acquista altre case editrici, che in senso verticale, cioè gruppi editoriali che possiedono case editrici, librerie, società di distribuzione, promozione e così via. Quindi siamo in una situazione monopolistica per alcuni aspetti, oligopolistica per altre. Questo significa espulsione dal mercato delle frange più marginali, cioè i piccoli editori e le piccole librerie. Dico piccole, ma è più corretto dire indipendenti perché oramai anche i grandi gruppi hanno spesso dei piccoli marchi.

D: Le Fiere quindi quanto sono importanti per gli indipendenti?

R: Sono molto importanti perché consentono relazioni, consentono di farsi vedere anche dai lettori, perché non sempre si arriva nelle librerie. Quindi è molto importante: io non ho librerie che hanno 130 miei titoli come li porto qui tutti insieme. Però sono anche faticose e costose: mentre i prezzi delle fiere continuano a crescere, anche per quanto riguarda il costo dei biglietti al pubblico, il mercato è ristretto, quindi c’è una minor capacità di spesa: gli incassi mediamente scendono, le uscite salgono.

D: I social vi danno una mano?

R:  Sì, danno una mano, ma è un tassello. Da solo non basta, come da sola non basta la recensione: perché un libro parta, deve esserci una sorta di alchimia fra una serie di fattori. In questo mosaico devi mettere quanti più tasselli possibile. Sicuramente i social sono uno di questi, dopodiché quali social? Perché penso che anche quelli maggiormente di tendenza degli ultimi anni, Instagram, Facebook, i bookblogger, hanno modalità diversa da quella che era la critica di dieci anni fa. Per esempio, molto spesso sono recensioni a pagamento, quindi sono recensioni alle quali gli indipendenti fanno fatica ad accedere. Prima questa cosa nel mondo della critica letteraria non c’era. Esisteva la difficoltà di arrivare, i legami fra case editrici e autori, ma non era un mercato.

D: Manni continua comunque ad avere un catalogo esteso con nuove uscite, come il volume di Massimo Bray, Alla voce Cultura, che presentate qui in Fiera, o quello di Claudio Scamardella, Le colpe del sud. Le novità danno ampio risalto al vostro progetto editoriale, nonostante le difficoltà. Cosa vi spinge quindi, oltre alla passione per il mestiere, su questo progetto editoriale? E poi, rispetto agli anni Ottanta, si è modificato?

R: Si è modificato chiaramente, ma noi abbiamo sempre avuto una forte vocazione politica anche quando abbiamo fatto o facciamo libri di narrativa e poesia. Io credo che si sia semplificato, come si sono semplificati la scrittura e il modo in cui devi arrivare al pubblico. Resta importante per noi fare libri che raccontino la società. Può essere attraverso la poesia o attraverso un saggio, come quelli che tu hai citato. Massimo Bray, volume che presentiamo qui a Più Libri Più Liberi, racconta la necessità di lavorare con la cultura perché genera indotto, è una risorsa che può diventare monetaria ma anche sociale. Bray afferma che nella sua esperienza di ministro e al Salone di Torino ha visto come la cultura crei comunità dal basso: i calabresi che difendono i Bronzi di Riace, i lettori e i librai che si mettono a difendere il Salone di Torino, perché ci credono. La cultura è un motore di sviluppo economico e politico e questo fa parte del nostro progetto perché anche noi crediamo sia uno strumento di crescita e di coesione. Claudio Scamardella invece ha scritto un testo per noi fondamentale, perché da anni ci sembrava che ci fosse la necessità di fare un punto sulla questione meridionale, avendo una attenzione particolare al nostro territorio, che è la Puglia, il Salento, che negli ultimi anni ha avuto tantissime trasformazioni ma forse ci siamo un po’ adagiati su quelle positive e poco interrogati sulle derive negative. Claudio Scamardella è il nuovo direttore de Il Quotidiano di Puglia che è il giornale principale della regione. Lui è napoletano e questa cosa è molto interessante: è a Lecce da otto anni e conosce la città meglio di me, ha un occhio esterno e quindi è riuscito a leggere la realtà in modo più complesso .

D: Altro punto di forza di Manni è la collana per ragazzi, dove spicca il volume di Tina Anselmi, La Gabriella in Bicicletta, recensito da Gufetto. Un testo fondamentale che dovrebbe essere letto nelle scuole e che testimonia sempre il vostro impegno a parlare di attualità. I giovani oggi sono i nuovi lettori? Il loro rapporto con la lettura è più difficile, considerando anche tutti gli stimoli che hanno? O siamo noi che pensiamo questo?

R. Bisogna secondo me abituarsi all’idea che si legge in modo diverso rispetto a come noi leggevamo. C’è una fruizione dei contenuti che passa da molti più media, non c’è più soltanto il libro o la televisione e questo riguarda la lettura come l’informazione. Per me è corretto che si legga da varie fonti, l’importante è che queste fonti si sappiano utilizzare, si sappia fare un discernimento. Va benissimo leggere la notizia sul web ma bisogna sapere che la notizia che trovi su Facebook non è quella che trovi su Repubblica.it, che Wikipedia è una cosa e Treccani.it un’altra. Questa capacità di discernere le fonti te la deve dare la scuola, te la deve dare la lettura. Lì impari a fare un ragionamento sulle fonti. I ragazzi leggono, poi si scoraggiano, nel senso che i lettori diminuiscono con il crescere dell’età, si perdono. Bisognerebbe conquistarli da ragazzi perché così li tieni: i lettori forti è raro che diventino forti, lo sono sempre stati, hanno sempre avuto la passione per la lettura. Ognuno si prende delle pause dai libri ma poi comunque torna a leggere.

D: Ci sono secondo te degli strumenti che possono aumentare e favorire l’accesso alla lettura?

R: Sicuramente la diffusione dell’oggetto libro: il libro viene percepito come una cosa pesante, noiosa. Ma il libro è figo, leggere fa una persona più interessante. Questo non è sufficiente ma dovrebbe crearsi una frequentazione con l’oggetto libro, che può essere il giornale, l’ebook, l’audiolibro. Infatti quanto conta nella formazione di un lettore il fatto che a casa ci sia una biblioteca? È fondamentale, è molto più facile diventare lettori se in casa hai scelta e vedi che il libro è un oggetto familiare come e più del telefonino. Vedere tua madre o la tua insegnante con il libro in mano fa passare l’dea che i libri non siano solo quelli di testo ma che siano molto altro. Quando un professore ti fa fare un percorso anche fra i propri testi, che non sono necessariamente quelli che devi portare all’esame, all’interrogazione fa passare l’idea che il libro fa parte di una vita, perché è un piacere, perché è utile. Questo secondo me è il meccanismo che deve scattare: può scattare perché ce l’hai in casa, perché incontri un autore che ti affascina, vuoi vedere cosa racconta e come lo racconta. Il libro dovrebbe essere un oggetto pervasivo nella quotidianità.

D: Il libro è un oggetto che dovrebbe fare parte della nostra vita, noi siamo portatori di storie come singoli e il libro è la storia per eccellenza. Anche i libri che non ci piacciono ci insegnano qualcosa.

R: Beh sì, i libri si abbandonano, si riprendono. C’è un rapporto sentimentale con il libro e in più c’è un discorso di gestione personale del tempo. Anche nella comunicazione: rispetto al mandare un vocale per dire una cosa, quando scrivi un messaggio hai bisogno di una tempistica diversa per comunicare. Leggere insegna una relazione e una comunicazione diverse con i propri interlocutori. Si costruisce sempre una relazione con un libro nel momento stesso in cui apriamo le pagine e leggiamo.

D: Ultima domanda: usciremo a breve con il Freschi di Stampa natalizio. I titoli che consiglieresti?

R: Sicuramente gli altri due volumi che presentiamo qui in Fiera: un romanzo di Sebastiano Mondadori, Il contrario di padre, la storia tenera di un bimbo che trascorre un’estate con il padre che non vede mai, un padre molto affascinante e scapestrato, un po’ alla Gassman de Il sorpasso, rispetto alla madre molto normativa. È un libro raccontato dal punto di vista del bambino, con uno sguardo tenero sul mondo che fa deflagrare la realtà, attraverso questo sguardo che rivela le miserie del mondo degli adulti. Altro titolo, Il fiume fra di noi di Bijan Zarmandili, un libro uscito postumo. Zarmandili è scomparso un anno fa, ha lasciato questo romanzo che racconta di un professore universitario che dall’Iran arriva in Italia per tenere delle lezioni e decide di non tornare più, lasciando la figlia adulta in Iran senza alcuna spiegazione. Le chiede poi di raggiungerlo e nel corso di una passeggiata molto drammatica e carica di pathos ricostruisce la sua esistenza tentando di fornire delle spiegazioni alla figlia. È un libro che ha una forte carica emotiva, ma soprattutto conquista per l’eleganza nella scrittura e nell’immagine che Zamardili ci restituisce di questa Persia dagli anni Ottanta in poi che conserva la magia antica.

 

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