LIFE IN PROGRESS@Auditorium Parco della Musica: il saluto di Sylvie Guillem emoziona il pubblico

SYLVIE GUILLEM - Life in progressGiovedì 2 aprile, all’Auditorium Parco della Musica, la grande danzatrice francese Sylvie Guillem, riempie il cuore degli spettatori romani per l’ultima volta con LIFE IN PROGRESS, il suo spettacolo di addio alle scene.

“Voglio farlo mentre sono ancora felice di fare ciò che faccio con orgoglio e passione”, afferma la danzatrice che all’età di quasi 50 anni ha deciso di smettere di danzare, di fare quest’ultimo tour per “salutare e ringraziare il pubblico”. Lo spettacolo, prodotto dal Sadler’s Wells Thetatre di Londra, di cui la Guillem è artista associata dal 2006, è diviso in quattro parti: due lavori inediti e due già presentati che ripercorrono la sua lunga carriera da danzatrice e le collaborazioni con i coreografi contemporanei che l’hanno messa più in risalto.

Il primo è Techne, un assolo inedito, ideato dal coreografo Akram Khan con il quale l’artista in passato ha collaborato per lo spettacolo Sacred monster.

Tre spot sul fondo illuminano tre musicisti che accompagneranno dal vivo la danza dell’artista: Prathap Ramachandra alle percussioni, Grace Savage al beat boxe e Alies Sluiter al violino e alla voce. Successivamente uno spot sulla destra del palco la illumina mentre è a terra che si muove a scatti, quasi dileguandosi nel suo stesso magnifico corpo. Quando la luce illumina tutto il palco appare un’asta alla cui estremità c’era una piccola luce blu, che diventa coprotagonista della scena. Sylvie Guillem indica un punto nello spazio e la luce segue, quest'ultima emette dei suoni e la danzatrice li asseconda e li amplifica con il corpo. È un continuo entrare in contatto con un oggetto ignoto e sconosciuto, una riflessione sull’atto stesso della connessione tra uomo e tecnologia che il coreografo e la danzatrice risolvono rispondendo con il corpo.

Duo è la seconda coreografia presentata, già portata in scena nel 1996 a Francoforte, firmata dal coreografo William Forsyrthe, e interpretata dai danzatori Brigel Gjorka e Riley Watts. Una musica in lontananza, quasi uno stridio, accompagna la ricerca fisica dei due danzatori che molto vicini, utilizzano il tempo creando percorsi vorticosi dove gli arti sembrano sfuggire, dove allungamento, dondolio e percussione si alternano creando un cammino infinito che può tornare al punto di inizio: come il tempo. Il secondo inedito è intitolato Here &after un passo a due femminile eseguito con la partecipazione della ballerina della Scala di Milano, Emanuela Montanari. Il coreografo è Russell Maliphant, che per ricordare le esperienze passate con la grande ballerina, ha voluto sperimentare un nuovo vocabolario che rivela i contrasti di una relazione femminile. Una luce soffusa al centro sulle tonalità dell’arancio illumina le due danzatrici che muovendosi in una estrema connessione creano immagini di equilibrio e armonia, facendole sembrare due esseri più divini che umani. Quando prendono spazio sul palcoscenico, inizia un gioco di quadrati di luce sul pavimento, a cura di Michael Hulls, che esalta ancora di più la loro fantastica capacità di riempire la scena con una danza matura ed elegante.

Conclude lo spettacolo Bye:un assolo creato per lei dall’inconfondibile Mats Ek nel 2011 per lo spettacolo 6000 miles away, che come dice il titolo stesso è il suo “saluto” per il pubblico. Un pannello al centro proietta il viso dell’artista in primissimo piano; poco a poco si allontana e sulle note della sonata per piano op.111 di Beethoven esce dalla proiezione: indossa una gonna gialla, una camicia a fantasia, una giacca verde, calzini viola e scarpe nere. 
L’alternarsi di passi fortemente espressivi, grandi aperture, salti liberatori e scosse sono tipiche del linguaggio di Mats Ek. Quando la protagonista si toglie giacca, calzini e scarpette il ritmo incalza e quasi distratta, sbadata e felice continua a danzare con quella gioia e quell’orgoglio di cui parlava nelle interviste. Lascia un’impronta della mano sul pannello e nei cuori degli spettatori, è il momento di andare via, di confondersi nella gente e di continuare quella vita che definisce in progress, cioè la sua.

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