LA VOCE DELLE COSE di Cècile Bidault: il mondo acquario di una bambina senza voce

Non tutti sanno che l’attuale importanza data oggi al linguaggio dei segni è una conquista relativamente recente. Sistemi di comunicazione gestuale per le persone sordomute sono noti fin dall’antichità, ma sono stati definiti formalmente intorno al 1760 dall'Abbé de L'Épée, ecclesiastico francese pioniere in questo campo e fondatore, fra l’altro, della Scuola di Parigi per Sordi.

In Francia tale primato fu poi rovesciato da un ingiustificato ostracismo del mondo specialistico nei confronti della lingua dei segni: la parola doveva avere la priorità su tutto, anche sulla comunicazione. Per questo e altri motivi – fra i più curiosi, ma non confermati, il sospetto che la lingua dei segni potesse essere utilizzata per scopi sovversivi – fu addirittura vietata, in Francia, fino al 1976.

Una conquista, dicevamo, recente anche perché solo alla fine degli anni ’90, la lingua dei segni è stata ufficialmente riconosciuta, e promossa, dall’Unione Europea, come vero e proprio linguaggio. Lo stesso in Italia nel 2017.

Cécile Bidault è una giovane autrice francese, poco più che ventenne, viene dal mondo dell’animazione ed ha un suo (ancora) piccolo sito. La Voce delle Cose è la sua opera prima e – lo diciamo subito – sorprende per maturità ed equilibrio nella narrazione. Questo, oltre ai bellissimi disegni, dev’essere probabilmente alla base del conferimento a quest’opera in patria del prestigioso premio Artemisia per la bande dessinée di autrici femminili.

Cécile Bidault ha deciso per la sua opera prima di cimentarsi con un tema importante e delicato: la storia di una bambina sorda nei primi anni ’70, dunque quando il divieto a utilizzare la lingua dei segni era ancora in vigore in Francia.

Non conosciamo il nome della protagonista – pochissime, e tutte nel preambolo, le parole della graphic novel – ma sappiamo che ha 9 anni, si trasferisce in campagna con la famiglia e lotta per comunicare le sue sensazioni e le emozioni legate ad un tale cambiamento ai genitori e a un coetaneo con cui farà amicizia nonostante le difficoltà. I bambini, si sa, trovano sempre il modo di comunicare fra loro.

Questa la storia, di cui non vogliamo anticiparvi nulla, mentre vogliamo soffermarci sui disegni: il tema non preclude all’autrice di dare libero sfogo alla sua creatività. È anzi proprio l’immaginazione di una bambina di nove anni e la necessità di rappresentare sensazioni senza poter usare le parole che permette a Cécile Bidault di utilizzare espedienti grafici originalissimi, sfruttare i colori e i loro contrasti a fini narrativi – bellissime le sequenze in cui sono rappresentate le luci – e in definitiva conquistarci con il suo tratto delicato ma preciso.

Il mondo silenzioso della protagonista è rappresentato con l’espediente dell’acqua, che consente all’autrice di creare atmosfere oniriche in cui si mescolano le sensazioni di chi non può sentire, per la maggior parte di noi sconosciute, con l’immaginazione di una bambina.

Dopo La mia ciclotimia ha la coda rossa di Lou Lubie, fra i best seller della casa editrice – che scoprimmo lo scorso anno proprio a La Nuvola – la Comicout e Laura Scarpa portano dalla Francia un’altra perla di una giovane autrice, ‘scoperta’ al festival di Angoulême. Una perla confezionata in un libro piccolo e delicato di cui vi consigliamo di sfogliare voi stessi le bellissime pagine. Per chi è a Roma, fino a domenica, lo trovate allo stand Comicout (A43) a Più Libri Più Liberi nella Nuvola.

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF