La salvezza del bello di Byung – Chul Han @ Nottetempo: l’urto del bello in un mondo levigato

Leggere un saggio, per di più filosofico, può a volte rivelarsi impresa ardua perché spesso significa entrare in relazione con un linguaggio e una costruzione teorica complessa che poco spazio lascia a una comunicazione semplice e diretta.

Non è certo questo il caso di La salvezza del Bello, il nuovo saggio pubblicato quest’anno da Edizioni Nottetempo in cui Byung – Chul Han affronta un problema attuale e, crediamo, ormai sotto gli occhi di tutti.

Han è al momento uno dei filosofi più interessanti e i suoi molteplici interessi riguardano gli studi culturali, un settore teorico che analizza la cultura popolare di massa e il legame con il sistema di potere o di oppressione presente nei singoli sistemi sociali.

In questo caso, Han spiega come oggi tutto sia appiattito, morbido, trasparente. Come tutto sia sottoposto a una ceretta brasiliana che elimina tutte le imperfezioni.

Il bello è diventato quindi qualcosa di molto lontano da quello che era: nella nostra società, infatti, è bello ciò che è levigato, perché non ferisce e non ha oppositività. Questo implica una adattabilità che invece di essere una possibilità (prendiamo il concetto di adattabilità in natura: la specie che più si adatta, è quella che ha più possibilità di sopravvivere) diventa una assenza di resistenza e, quindi, tutto è facile e piatto e l’arte stessa, che sublima il bello, viene svuotata di significato.

L’obiettivo de La salvezza del Bello è riflettere quindi non su una possibile salvezza estetica del mondo ma su come preservare, proteggere e riconquistare il senso stesso del bello. La riflessione è portata avanti attraverso una scrittura concisa, tagliente, dove nulla scade in periodi lunghi o complicati. Han sceglie un linguaggio teso, stringente e preciso: la serratezza dell’esposizione mette ancora più in risalto i continui riferimenti ai pensatori precedenti (da Platone a Gadamer, passando per Hegel, Heidegger etc.), rendendoli parte integrante del tessuto di parole.

E allora, seguendo Han, cosa è veramente il bello oggi?

La risposta compare immediatamente, fin dal primo capitolo: il bello oggi è il like, un modo rassicurante per interagire con il mondo e con se stessi perché non pone alcun conflitto, ma anzi lo dissolve in una forma di autocompiacimento. Il bello si è quindi snaturato, ha perso la sua capacità di generare un urto, uno scuotimento che investe le nostre identità. È diventato rassicurante e, di conseguenza, ha smesso di generare e far emergere la verità.

Il bello è stato fagocitato dal consumo e dall’idea che non esistano fratture né pieghe oscure. Per questo oggi prevale il bello digitale, cioè una dimensione in cui tutto è uguale, positivo, avvolto in un eterno presente, senza futuro e senza storia.

Il mondo che ci si apre davanti è un mondo dove l’altro non può esistere. Eliminando l’alterità si elimina però lo stupore, che invece è il primo grande moto interiore di fronte all’esperienza del bello, naturale o artistico che dir si voglia.

Il sistema di potere ha cioè creato, secondo l’analisi di Han, una percezione del bello che si riduce a un piacere effimero, non vincolante, come in fondo sono i mercati finanziari, le posizioni politiche, la società stessa sempre più irretita dalla Rete.

E proprio in questa società votata sempre più alla positività, vengono a mancare caratteristiche come la consistenza, a durata, la fedeltà, l’impegno, cioè gli aspetti che cementano e vincolano l’uomo a sé, agli altri, al pianeta stesso su cui nasce.

La crisi del bello di cui Han parla investe ogni singolo aspetto della quotidianità, dalla quale sembra scomparsa ogni responsabilità.

E se è vero, come diceva Dostoevskij, che la bellezza salverà il mondo, il mondo oggi riuscirà a salvare il bello?

 

 

EDITORE: Edizioni Nottetempo

AUTORE: Byung – Chul Han

COLLANA: Figure

ANNO PUBBLICAZIONE: 2019

PREZZO: 15 euro

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