La Storia non dorme mai: il Circolo Proudhon si racconta

“La Storia non dorme mai” è il titolo del primo saggio edito da Circolo Proudhon, un progetto editoriale molto interessante e piacevolmente dissidente, che si fonda sulla esigenza anti-conformista di creare uno spazio libero di riflessione su tematiche storico-filosofiche e politiche.

“La Storia non dorme mai” è un’opera intelligente, dal tratto saggistico e scritta a più mani, che raccoglie diverse figure letterarie, politiche e a loro modo rivoluzionarie, ognuna portatrice di un valore, un pensiero, un ideale unico e, spesso, controcorrente. Da Ettore e Achille” ai controrivoluzionari poco conosciuti, quali Mishima e De La Rochejaquelein. Dalle figure dell’anticolonialismo di Zapata e Lumumba agli eroi italiani Gentile e Gramsci così difficili, così intellettualmente distanti. Non si disdegnano filosofi scomodi come Rousseau e Thoreau, ma anche poeti indomiti quali Pisacane Majakovskij e D’Annunzio o scrittori-poeti fortemente realisti come Ezra Pound e Pasolini.

 

Abbiamo chiesto a Sebastiano Caputo (Direttore de “L’Intellettuale dissidente” e Lorenzo Vitelli (Direttore di Collana Proudhon) come è partito il progetto del circolo Proudhon e le loro intenzioni editoriali, scoprendo un mondo pieno di fermento creativo e rivoluzionario e per questo “controtendenza”.

 

Lorenzo e Sebsatiano, ho avuto modo di leggere questa interessante raccolta di saggi edita dal circolo Proudhon ed è stata una ottima occasione per conoscervi. Raccontateci di voi, come è nato il circolo Proudhon, quali sono i suoi obiettivi e le ragioni che hanno spinto il vostro collettivo a unirsi e a portare avanti questo interessante progetto culturale? In che modo sostenete la vostra attività?

 

Innanzitutto vi ringraziamo per la disponibilità concessaci. Il progetto è nato nel marzo del 2011, con un'associazione culturale fondata da sei ragazzi tra i 19 e i 22 anni. Avevamo ideato questa associazione, denominata ControCultura, come una sorta di centro da cui dovevano scaturire nuove iniziative che facessero riferimento ad un unico nucleo organizzativo. Da qui nascono L'Intellettuale Dissidente e il Circolo Proudhon, rispettivamente un giornale (informazione) ed una Casa Editrice (formazione), ma i progetti previsti per il futuro sono ancora molti. Con il tempo abbiamo radunato sempre più ragazzi, fino a contare oggi una sessantina di collaboratori che si occupano della gestione di questi primi progetti, tutti riuniti e spinti da una comune delusione nei confronti del presente, e dalla volontà di superare l'attuale stato di cose. Se queste sono le cause, il come è sopratutto attraverso internet e i social network, nonché riunioni, attività interne e conferenze aperte al pubblico. Abbiamo creato una rete di contatti e un ampio bacino di utenti, attraverso cui facciamo passare il nostro messaggio antagonista. Economicamente ci sosteniamo con donazioni da parte dei membri, ma sopratutto con i contributi degli associati fondatori e con gli introiti della casa editrice e del sito www.circoloproudhon.it che è anche un e-commerce attraverso il quale spacciamo libri di controinformazione. L'obiettivo principale che ci siamo proposti è quello di tentare di forzare questo paradigma storico ormai in declino, per promuovere la transizione verso un'altra realtà. Il tutto senza misure sovversive o rivoluzionarie, come si intendevano un tempo, ma attraverso un nuovo tipo di sovversione, esclusivamente culturale, che sia ovvero la fondazione di una nuova cultura, diametralmente opposta alla cultura dominante – riflesso giustificatorio dell'attuale sistema socio-economico – antagonista rispetto alle logiche del pensiero unico in cui si sedimenta l'ultima ideologia rimasta, quella capitalistica e liberale concepita come unico modello di vita possibile. Il progetto, come da titolo, è intento a creare una ControCultura che soppianti e superi le contraddizioni del nostro tempo.

 

Cos'è l'Intellettuale Dissidente, i cui riferimenti troviamo sul vostro portale?

 

L'Intellettuale Dissidente è il primo progetto dell'Associazione, è un quotidiano online di opinione, informazione e analisi. Le tematiche spaziano dallo studio delle problematiche internazionali e geopolitiche, con una critica lucida al fenomeno di militarizzazione del mondo e alle nuove forme di imperialismo, sino alla politica italiana e all'economia, giungendo a questioni specificamente culturali, tra cui i problemi sociali e psicologici posti dalla Modernità.

 

Sul vostro sito, sotto la voce Edizioni, compare non solo "La Storia non dorme mai" sotto Cattivi pensieri, ma anche altre collane ancora da riempire. Quali ambiti di ricerca vi siete ritagliati? E perché mai la prima collana si intitola "Cattivi pensieri"?

 

Il Circolo Proudhon è strettamente interdipendente al nostro quotidiano, e i due si richiamano in continuazione, si linkano a vicenda non appena determinati titoli sono correlati ad argomenti trattati sul giornale. Per questo motivo abbiamo pensato che la casa editrice debba avere una serie di collane che ricalchino le categorie dell'Intellettuale Dissidente (Esteri, Italia, Economia, Cultura), con qualche aggiunta, tra cui la collana “Cattivi maestri” ad esempio, in cui, col tempo, ripubblicheremo gli autori del passato che hanno prodotto una critica ancora oggi valida e feconda. La collana “Cattivi pensieri” è la sezione culturale del Circolo Proudhon, e prende il nome da un libretto di Paul Valéry, ma anche da un'esclamazione di Brecth: “ci sedemmo dalla parte del torto, visto che tutti gli altri posti erano occupati”. Perché oggi essere dalla parte del torto, partorire cattivi pensieri, politicamente scorretti, è un atto di ribellione obbligato per svincolarci dalla “ragione” asfissiante del pensiero unico.

 

Come giudicate l'andamento del mercato editoriale e della saggistica? c'è ancora spazio secondo voi per una pubblicazione tanto specialista, che con grande lucidità analizza pensieri socio economici e filosofici di un certo livello non accessibili a tutti?

 

A dire il vero non abbiamo mai fatto analisi di mercato, né tantomeno indagini sulla domanda e sull'esigenza da parte dei “consumatori” di comprare i nostri libri. Non ragioniamo in questo senso. Non pensiamo di doverci adattare alle richieste del mercato. È così che è morta la grande letteratura, e che magari il nuovo Dostojevskij ha bussato alla tua porta e l'hai buttato fuori a calci nel sedere; perché troppo poco commerciale, perché scomodo, perché non vende. E' così che sta morendo anche la saggistica di spessore. I grandi editori e la grande distribuzione si stanno adeguando alla pigrizia dei lettori, al fatto che in un mondo in liquido e accelerato il lettore medio non vuole più pensare troppo, così gli si confeziona un prodotto conforme. Un prodotto rapidamente leggibile, che non richieda uno sforzo cognitivo esagerato e che sia distraente. Noi invece abbiamo in mente di creare uno spazio franco in cui il lettore entri direttamente a fare parte di un progetto in movimento, e che si informi sul giornale e si formi con le nostre pubblicazioni. E' attraverso questa progettualità che vogliamo creare un grande bacino di lettori pensanti.

 

In un momento in cui l'editoria vive una generale crisi anche di lettori, il vostro circolo produce in formato cartaceo un saggio. Una scelta che ritengo coraggiosa e degna di nota. Come siete arrivati a questa scelta? Ci saranno pubblicazioni anche online?

 

Noi non crediamo che l'editoria viva una crisi particolare, oggi si vendono molti più libri di quanti se ne vendevano 50 anni fa, il problema è che sono libri di cucina. Ma non durerà a lungo, perché un disagio culturale esiste, vi siamo tutti a contatto, e questo disagio non lo sana certo la televisione. Perciò basta saper proporre le idee giuste con una forma allettante e magari provocatoria per canalizzare questo malessere verso vette più alte, per sublimarlo nella volontà di cambiamento. In questo senso la scelta del cartaceo deriva dall'idea che il libro non è solo conenuto, ma è anche forma, è un messaggio che si tocca, che deve passare di mano in mano, deve legare, unire, creare un'identità di “resistenza”, e le pubblicazioni online se ci saranno, non saranno mai fondamentali quanto la carta.

 

In che modo i social secondo voi, possono aiutare la la diffusione di orientamenti e idee politiche come le vostre e sostengono il vostro progetto culturale? Ci sono stati risvolti positivi o qualche controindicazione?

 

L'online è sicuramente il nostro mezzo principale di comunicazione, senza il quale non avremo avuto tutte queste possibilità di espressione. Permette di creare una fitta rete di contatti, raggiungere utenti sparsi in tutta Italia ed aprire sempre nuove opportunità. Non ci sono controindicazioni, bisogna solo stare attenti a non rimanere silenziati nel coro relativista della rete, dove si dice tutto e il contrario di tutto, ma ritagliarsi un spazio autonomo e autorevole sul quale le persone possano fare affidamento per la validità dei contenuti proposti.

 

 

Ragazzi, voi i vostri collaboratori siete giovanissimi e impegnati in un progetto molto ambizioso: come pensate potrà evolvere il Circolo Proudhon e quali attese avete per voi stessi e per questo progetto?

 

Il Circolo Proudhon sicuramente non deve rimanere un spazio virtuale, ma deve divenire uno spazio fisico. Per questo abbiamo in mente di lanciare un piano di conversioni, non appena le condizioni saranno propense, in cui le piccole librerie italiane, che magari accusano maggiori difficoltà in periodi come quello attuale, potranno, se lo considereranno opportuno, affiliarsi al nostro progetto ed entrare a far parte del canale e degli utenti vicini al Circolo Proudhon, distribuendo i nostri libri e un catalogo di libri di controinformazione, così da attirare un più grande numero di clienti che sostengono la causa e vogliono bypassare completamente la distribuzione e l'editoria tradizionali, garanti della cultura dominante. Bisogna quindi conquistare spazi autonomi che canalizzino le risorse verso queste possibilità di cambiamento piuttosto che reinserirle nel ciclo di riproduzione dell'ultima ideologia. Noi speriamo di poter portare avanti questo progetto, magari creando posti di lavoro e opportunità di espressione prima inesistenti, attivando un fenomeno culturale di ampia portata che smuova le coscienze e ci permetta di cambiare paradigma.

 

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