“…non capiscono che la cultura è la cosa più importante che abbiamo. La cultura è tutto.”
Cigno Nero è un termine per identificare un ritrovamento marittimo ai limiti del leggendario: un relitto affondato con il tesoro ancora completo e intatto.
Per secoli, le rotte fra le Americhe e il Mediterraneo sono state battute da galeoni, spesso ricolmi dei tesori provenienti dal Nuovo Mondo. Fra il XVI e il XIX secolo, inoltre, le guerre fra le nuove superpotenze coloniali – pensiamo a esempio a Spagna, Francia e Gran Bretagna – hanno spesso preso la forma di conflitti navali, laddove la navigazione a vela portava già di per sé un alto rischio di naufragio. Il risultato è che il fondo dell’Atlantico e del Mediterraneo, soprattutto in zone soggette a frequenti tempeste – come lo Stretto di Gibilterra – sia probabilmente disseminato di relitti.
La violenza delle tempeste o delle battaglie navali, le correnti nel corso dei naufragi o negli anni successivi determinano spesso la distruzione delle navi e la dispersione del loro contenuto. Ma, in casi eccezionali, può verificarsi che la gran parte dei processi di distruzione contestuali o successivi al naufragio non abbiano un’intensità tale da pregiudicare l’integrità del relitto.
Una così bassa probabilità determinerebbe la rarissima ed eccezionale esistenza di un cosiddetto Cigno nero, cui fa riferimento il titolo dell’ultima fatica del cartoonist spagnolo Paco Roca, assieme a Guillermo Corral ai testi: Il tesoro del cigno nero è infatti il racconto di una vicenda realmente accaduta di cui è stato testimone lo stesso Corral, all’epoca dei fatti diplomatico.
Ci sono racconti che spesso illuminano aspetti poco conosciuti del mondo o della società e che, mentre narrano una vicenda, ci insegnano cose che non sapevamo.
Per chi scrive, la prima che si apprende dalla lettura dell’opera di Corral e Roca è che anche la ricerca di relitti sottomarini, nonostante essi siano in tutto e per tutto un patrimonio storico e archeologico, sia diventata un business incredibilmente proficuo per personaggi che sembrano usciti da un film d’avventura. Nel quale, però, rivestirebbero sicuramente il ruolo dei ‘cattivi’.
La legislazione del mare, infatti, di per sé già ‘liquida’ è inserita in alcuni aleatori paletti della legislazione internazionale; permette di conseguenza grande libertà nel recupero di relitti agli armatori – spesso molto potenti – che posseggano mezzi finanziari e tecnologici inaccessibili a governi o enti di ricerca.
La seconda cosa che scopriamo leggendo l’opera di Corral e Roca è che un eccezionale cigno nero è stato effettivamente scoperto e recuperato relativamente di recente – nella primavera del 2007 – ed è diventato un caso studio nella legislazione internazionale dei beni archeologici recuperati dai fondali. La notizia ebbe una certa eco, ma forse pochi ricordano il suo esito e noi di certo non vi daremo ulteriori riferimenti, per non pregiudicare la lettura.
Il tesoro del cigno nero infatti è un racconto fedele e realistico della diatriba innescatasi fra il Governo spagnolo e la maggiore fra le società marittime di ricerca e recupero di relitti sottomarini, a partire dal ritrovamento, alquanto sospetto, di un’imbarcazione inizialmente ritenuta Inglese. Alcuni nomi vengono cambiati nella graphic novel, ma i riferimenti sono facilmente riscontrabili.
Viene raccontato il braccio di ferro fra il Governo – più precisamente il suo Ministero della Cultura – e un soggetto privato estremamente potente con forti influenze negli Stati Uniti, paese chiamato giuridicamente a dirimere la questione. Non c’è retorica patriottica nel racconto che ne fa Guillermo Corral, ma un punto di vista umano e realistico di un protagonista ordinario, trovatosi in circostanze eccezionali.
Ma, appunto senza retorica, è sottolineata l’importanza della cultura per un Paese. Accettare una mera mercificazione del proprio patrimonio – essenza di quella cultura – significa pregiudicare una storia di cui valga la pena conservare memoria.
Parlando di protagonisti umani perché ordinari, quest’opera aggiunge un tassello alla galleria dei personaggi che Paco Roca è un maestro nel raccontare. Il disegnatore spagnolo, come in praticamente tutte le sue opere, riesce anche qui a trasmettere con pochi tratti di rara espressività l’umanità del protagonista Alex. Dopo le poche vignette che lo introducono, avviene una facile immedesimazione, tanto che sembra quasi di conoscerlo.
Dal punto di vista stilistico Roca conserva le sue tradizionali griglie molto fitte, che ben si adattano a un racconto che spazia dal legal thriller al romanzo d’avventura; le palette di colori utilizzate da Roca anche qui come in altre sue opere diventano un ulteriore elemento di narrazione, ma raggiungono un’espressività di particolare efficacia. È evidente che non sia solo per la vicenda avvincente e ben raccontata che il volume si legge d’un fiato, ma anche per l’estrema efficacia dello storytelling e delle immagini in generale.
Ulteriore prova della versatilità di un autore evidentemente ormai nella sua piena maturità sono le tavole in cui viene narrato il naufragio del galeone Merced: su pagine ingiallite i disegni di Roca diventano delicati acquerelli che richiamano quasi le illustrazioni dei feuilleton.
La confezione Tunué, sempre molto curata, esalta le tavole di Paco Roca in un corposo cartonato di facile leggibilità. Vista l’ispirazione della vicenda a una storia realmente accaduta, forse non sarebbe stata di troppo una breve introduzione all’edizione italiana. Tuttavia, la vicenda reale è facilmente ricostruibile con una ricerca online.
Non si può che apprezzare, con Il tesoro del Cigno Nero – e dopo Il Bivio, di cui vi abbiamo già parlato – la prosecuzione, da parte della casa editrice di Latina, della pubblicazione dei lavori di Paco Roca, uno fra i più interessanti autori europei, qui affiancato da Guillermo Corral nel racconto di una vicenda poco conosciuta ma estremamente affascinante.
Non poche riflessioni scaturiscono dalla lettura di questo volume, in particolare su quanto il patrimonio culturale rappresenti, per una società democratica, una risorsa ma soprattutto un’eredità da condividere e tramandare.
Forse, di questi tempi, in un paese come il nostro, abbiamo l’occasione per rendercene realmente conto.