Ferruccio Parazzoli è uno fra gli autori più prolifici del nostro panorama letterario: autore di saggi e romanzi e più volte vincitore del Premio Campiello e del Premio Strega.
Il suo nuovo romanzo, edito lo scorso febbraio da Bompiani, è un’operazione divertita e accattivante su Dostoevskij, che insieme a Tolstoj ha segnato tutta la letteratura russa dell’Ottocento entrando di diritto fra i mostri sacri della letteratura mondiale.
Parazzoli si diverte a creare una biografia romanzata, esplorando e indagando accuratamente le sfumature e le caratteristiche dell’uomo Dostoevskij che possono essere ricavate dai suoi romanzi, ma anche dalla biografia che la moglie Anna Grigor’evna scrisse subito dopo la sua morte nel 1881 e dai molti che hanno scritto di lui.
La scelta più interessante de Il grande peccatore è il narratore: Parazzoli fa parlare un certo Vrazumichin che, subito dopo la morte del noto autore russo, esce allo scoperto come scrittore fallito e, soprattutto, come specchio e ombra del grande FM (così per tutto il tempo verrà chiamato Dostoevskij) per dieci lunghi anni.
Vrazumichin è quindi la voce che guida noi lettori alla scoperta di un uomo che ha vissuto sulla sua pelle numerose vicissitudini, dalla condanna a morte revocata sul patibolo, agli anni di lavori forzati in Siberia, e poi ancora i viaggi per l’Europa, gli amori ossessivi per alcune donne, il gioco d’azzardo e quel demone della roulette che parla a FM mentre la pallina gira vorticosamente.
Vrazumichin guarda e osserva tutto, segue in silenzio il grande scrittore russo che si perde e si ritrova, lo segue come l’ombra perfetta che accoglie tutto, senza giudicare ma anzi innamorandosi sempre più del corpo che la guida. Scandaglia il cuore e la mente di FM, senza mai però un momento di compassione: Dostoevskij è presentato come un uomo unico, capace di tutto, perché il bene e il male non sono immutabili ma “cambiano natura a seconda delle circostanze in cui e per cui vengono commessi”.
Questa capacità di addentrarsi nelle pieghe della realtà, in quel sottosuolo che sembra impastare tutta la produzione di FM, è la vera grande fascinazione che Vrazumichin subisce e prova nei confronti di un uomo così complicato e irrequieto.
Il patto fra il nostro narratore e FM è chiaro ed è proprio quest’ultimo a volerlo; Dostoevskij chiede che Vrazumichin sia il suo specchio, anzi, si spinge oltre: gli chiede di essere il suo diario, il suo pensiero, la sua anima così che egli stesso possa arrivare a capire perché non riesce a smettere di pensare e di scrivere. A capire quali sono i demoni che dominano nella sua vita.
Questo patto diventa un legame indissolubile: Vrazumichin è silenzioso testimone di vicende tortuose e disperate, come il matrimonio con Marija Isaijeva, l’amore – odio con Polina Suslova, le continue richieste di soldi al fratello Michail.
Parazzoli narra di un inferno in cui si agita Dostoevskij, in cui ogni singolo peccato diventa un caleidoscopio di impressioni e immagini che FM deve affrontare: sono immagini che atterriscono, che divorano e che solo FM può vedere e far sue; altri ne sarebbero divorati. Ma sono anche queste immagini che spingono FM ad andare oltre i limiti, a provocare un conoscente di Vrazumichin, un certo Raskol’nikov, a uccidere una vecchia usuraia.
Perché?
Perché il grande Dostoevskij deve poter testare nella realtà le sue idee, anche quelle più terribili, vedere l’effetto che fanno sulle menti umane, manipolare se necessario uomini e donne a proprio piacere pur di dar retta al demone della scrittura. Perché solo così può iniziare a scrivere il suo capolavoro, Delitto e Castigo.
Questa di Parazzoli è certamente un’opera elegante e compatta: la scrittura ricorda effettivamente quella della letteratura ottocentesca. È ricca di descrizioni, periodi complessi e lunghi che permettono al lettore di sentire il ritmo stesso della vita dei personaggi. A volte può apparire eccessiva e prolissa, ma rimane comunque un esempio di stile alto e poco comune nei nostri giorni.
Va poi fatto notare come questo romanzo sia un continuo rimando a elementi letterari noti: per esempio, Parazzoli giustifica Il grande peccatore raccontando di avere ricevuto in dono da un amico amante della Russia un piccolo libro in cui si narrano queste vicende. L’escamotage del ritrovamento di un manoscritto riporta alla mente subito I Promessi Sposi di Manzoni.
E ancora, forte persiste la sensazione di un sottile filo che collega questo romanzo al Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde. Vrazumichin è l’ombra di Dostoevskij così come il ritratto lo è di Dorian. In entrambi i casi il processo di identificazione, anche se avviene per strade diverse, è totale. E come la distruzione del ritratto segna la morte di Gray, così la morte di Dostoevskij libera Vrazumichin dal silenzio e dall’ombra.
Da quel sottosuolo che il nostro protagonista ha scelto di percorrere per seguire le tracce del suo FM. Un sottosuolo da cui anche il lettore fa fatica a uscire alla fine, perché la domanda su chi sia stato veramente Fedor Michajlovic Dostoevskij rimane insoluta.
EDITORE: Bompiani
AUTORE: Ferruccio Parazzoli
COLLANA: Narratori Italiani
ANNO PUBBLICAZIONE: 2019
PREZZO: 17 euro