All’interno del Festival del Labirinto svoltosi al Teatro Studio Uno, sono tornati in scena anche i Cavalieri Mascherati reduci dal brechtiano “Nella Giungla delle Città” che abbiamo recensito poco tempo fa, con IL BELLO DEI BAMBINI è CHE UN GIORNO SARANNO ADULTI.
Il collettivo, sorto nel 2015 dall’Accademia del Teatro Quirino ha portato in scena un testo liberamente ispirato alle opere del controverso drammaturgo Rodrigo Garcia, riletto in quella ironia clownesca e qui vagamente meno surreale che contraddistingue i Cavalieri già dalle rese brechtiane. In scena il sempre ispirato Alessandro De Feo (che ha curato l’adattamento del testo), un estroso Matteo Cirillo ed una schietta Giordana Morandini. Una messa in scena in forma di studio che mantiene alta l’attenzione su un tema spinoso: quello dell'educazione e della crescita dei figli ricorrendo al riso sulle idee stralunate dei genitori. Un effetto che rischia, a tratti, di tradursi in farsa nella recita, quando invece la drammaturgia appare più seria (e cinica) di quanto sembri e fonte di maggiori spunti interpretativi di quanti ne suggerisca, proprio da parte della generazione che si trova ai bordi della genitorialità. A nostro avviso va dunque affinato qualche passaggio iniziale sgombrandolo dalle facezie più superficiali e puntare a risaltare i significati più difficili delle parole messe in bocca agli interpreti, la cui amarezza merita ancora più attenzione.
Seppure lo spazio scenico abbia dimensioni ridotte ed il collettivo abbia occupato anche parte della platea avvicinandosi agli spettatori raccolti in circolo intorno a loro, la regia ha saputo sfruttare ogni angolo creando tre microambienti domestici diversi in cui far agire gli attori senza che essi si incrocino drammaturgicamente. Sulla scena i tre interpreti, dapprima bambini e immersi nei giocattoli che ingombrano il pavimento, diventano poi adulti con una lenta vestizione (che segna il passaggio all'età adulta) e una sbrigativa risistemazione dello spazio scenico (il mettere a posto i giocattoli, quasi uno sbarazzarsi della propria infanzia) . I loro figli non compaiono mai, ma vengono richiamati continuamente nei loro pensieri a voce alta, in un susseguirsi di monologhi apparentemente indipendenti, ed eppure legati gli uni agli altri solo dall’ultima parola pronunciata, che segna l’attacco del monologo successivo.
Espediente questo geniale e stuzzicante: tanto più le personalità in scena sono distanti dal punto di vista caratteriale, tanto più la connessione fraseologica dei loro discorsi li unisce in un'unica contestazione dei possibili percorsi di crescita che interessano i propri figli, stretti tra una crescita costretta nei plessi scolastici e tra gli stili di vita del consumismo contemporaneo di cui l'amaro clown da fast food è proprio un tragicomico topico rappresentante.
Una madre ansiosa e piena di aspettative per la figlia e un padre ubriacone e amante della filosofia e delle lettere classiche come strumento educativo primario (se non unico) per il proprio figlio, costituiscono un corollario estremizzato di quegli adulti che temono di veder crescere i propri figli in un mondo di costrizioni e condizionamenti (quando sono proprio loro la principale fonte di condizionamento), posti continuamente sotto il giudizio degli altri. Ne emerge anche una divagazione sull’alimentazione e vengono fissate delle parole su una lavagna in fondo alla scena, quasi si fissassero dei principi da tenere a mente nel percorso ideale di crescita che questi disegnano nella loro mente e che non solo altro che una loro incapacità di crescere e una certa paura di vedere nei figli una speranza di cambiamento (che anelano ma al tempo stesso paventano); al che il titolo diventa quasi umoristico e lascia aperto l’interrogativo: come saranno questi futuri adulti, come cresceranno? Saranno meno spaventati della vita rispetto ai loro genitori?
La risposta la vedremo solo invecchiando, quando quei timori si tramanderanno a quei figli che, divenuti adulti inventeranno altrettante paure per le generazioni che seguiranno senza affidarsi a quell’unica possibilità: lasciar vivere, in qualunque modo vada.
Visto il 18 maggio 2017
Cavalieri Mascherati
Il bello dei bambini è che un giorno saranno adulti (2017)
Studio liberamente tratto da tre opere di Rodrigo Garcia
(Prima assoluta)
adattamento: Alessandro De Feo
regia: Tiziano Caputo
con Matteo Cirillo, Alessandro De Feo, Giordana Morandini