Il sogno di un uomo ridicolo@Teatro Franco Parenti Milano

Peccato che sia andato in scena solo per una serata (l'11 maggio 2015) Il sogno di un uomo ridicolo, spettacolo – di e con Gabriele Lavia – tanto ben reso da comunicare con dolorosa, drammatica e profonda emozione la condizione di una persona introversa, sola, emarginata, derisa, schernita e dileggiata da una società che si fa forte della propria ignoranza nascosta da falsi idoli per paura del diverso che deve essere isolato e ghettizzato e per non destabilizzare l’equilibrio precario e le ipocrite certezze su cui si fonda.

Il testo, tratto dall’omonimo racconto molto breve – frutto dalla prolifica e sensibile penna di Fëdor Dostoevskij (Mosca 1821 – San Pietroburgo 1881) e pubblicato nel 1877 su una rivista con cui collabora – che contiene in nuce alcuni germi sviluppati ne I fratelli Karamazov (cui all’epoca sta dedicandosi) rappresenta uno dei lavori maggiormente amati, anzi un prediletto cavallo di battaglia di Lavia, artista colto, maturo e preparato che lo recita con tutta la vis amara e dolente che par quasi innata all’animo della Russia in ogni epoca.

Dopo un simpatico incipit in cui mette in evidenza il rapporto affettivo e di stima e la sintonia che lo legano da lunga pezza al Teatro Parenti e le qualità straordinarie della scrittura del grande romanziere russo, Lavia con competente e pertinente dialettica e straordinaria mimica trascina lo spettatore nella mente sofferente del protagonista talmente in fondo alla voragine della dolorosa emarginazione esistenziale da coltivare propositi di autodistruzione che sembrano trovare l’atteso epilogo in una sera buia e cupa.

Ma l’uomo irrazionale viene in soccorso a quello razionale facendogli balenare un mondo ultraterreno apparentemente uguale a quello terreno – un sosia in cui, però, tutto à perfetto – quel paradiso terrestre da sempre ‘covato’ e cresciuto in fondo al suo animo, costruzione onirica in cui speranze e desideri profondi si concretizzano: saranno realtà o potranno divenire tali? Tocca al protagonista e a ciascuno degli spettatori riflettere su come agire in situazioni analoghe che paiono di un’attualità sconcertante ed emblematiche dell’uomo contemporaneo con il suo carico di sofferenze, dolori, lacerazioni, solitudine… fino alla disperazione più cupa senza la consolazione di una mano amica o della compassione.

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