IL GIOCO DELLE ROSE@Teatro della Cometa: Romeo, Giulietta e l’indagatore dell’incubo.

Al Teatro della Cometa è andato in scena il 23 e il 24 giugno IL GIOCO DELLE ROSE, interpretato dalla Compagnia Teatrale Costellazione, per la regia di Roberta Costantini e Marco Marino. Lo spettacolo è stato scelto per rappresentare l’Italia alla sedicesima edizione del Festival Mondial du Théâtre, che si terrà a Montecarlo alla fine di agosto. Si tratta di una versione molto particolare e allucinata della tragedia shakespeariana Romeo e Giulietta, nella quale i Montecchi e i Capuleti sono contrapposti come avversari di una partita a scacchi. L’arredamento consta soltanto di alcuni cubi bianchi e neri, che rappresentano le caselle della scacchiera, ma sono utilizzati, a seconda dei casi, anche come tavoli, piedistalli, ecc. La rappresentazione fa venire in mente il teatro antico, per l’uso del coro e per la foggia dei costumi. Questi sono molto scenografici: tuniche e veli, bianchi o neri, a seconda che gli attori appartengano alla famiglia dei Montecchi o a quella dei Capuleti, e pettinature molto elaborate. Le rose rosse che vengono tenute in mano o sistemate sugli abiti sono l’unico dettaglio di colore diverso. L’effetto visivo complessivo è di grande impatto, in certi frangenti ricorda alcune scene di film genere “peplum” o di qualche colossal. Il ritmo è molto movimentato: gli attori sono venti e sono quasi sempre tutti presenti sul palco, creando diverse coreografie che alternano l’azione di un singolo a quella collettiva, il monologo alla risposta del coro, il gesticolare di un attore ai passi di danza di tutto il gruppo. La recitazione è esasperatamente drammatica, talvolta anche un po’ caricaturale. “La vita è una partita a scacchi con la morte” è la tesi di base su cui è incentrato tutto lo spettacolo. La tragedia viene quindi rielaborata in questa chiave, trasportandola sulle caselle di una scacchiera e mescolando la trama di Shakespeare alle regole del gioco da tavolo. Il tentativo è forse un po’ pretenzioso e l’impressione globale è quella che sia stato operato un bizzarro miscuglio tra il grande drammaturgo inglese e un altro famoso inglese di tutt’altro genere: Dylan Dog. In effetti, più che al Settimo Sigillo di Bergman viene da pensare proprio a Partita con la morte, il numero 66 del fumetto della Bonelli. Anche la (insistente) ripetizione da parte del coro di alcune rime sulla morte fa venire in mente la filastrocca presente proprio in quell’albo dell’indagatore dell’incubo. Il risultato di questa commistione tra Shakespeare, Dylan Dog ed elementi della tragedia antica formano un insieme piuttosto bislacco, che ha un sentore un po’ kitsch, ma che sicuramente non si dimentica facilmente.

 

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