Presentata lo scorso anno al Festival di Spoleto, l’intelligente, perspicace e acuta commedia, frutto dell’inesauribile vis creativa di Franca Valeri – inizialmente prevista presso il Teatro Franco Parenti di Milano con la collaborazione del Piccolo Teatro di Milano/Teatro d’Euopa – è in scena al Teatro San Babila a testimoniare un’encomiabile sinergia tra Teatri.
L’assistervi è un privilegio straordinario per quell’aura di umorismo – connaturato al Dna dell’attrice in carriera da più di sessant’anni fra radio, cinema e televisione inventando personaggi emblematici della società colta nelle sue dinamiche e nel suo divenire e distribuendo una comicità arguta, briosa e sottilmente pungente che le ha permesso di innovare nella tradizione – e per la passione per il teatro palpabile negli occhi guizzanti ed espressivi e nello sguardo attento a cogliere le varie reazioni del pubblico, amore profondo che a quasi novantacinque anni la fa lottare contro un fisico che le dà qualche logico problema.
Milanese di origine e romana d’adozione, la Valeri (all’anagrafe Franca Maria Norsa: lo pseudonimo le deriva dallo scrittore e poeta francese Paul Valéry) torna nella sua amata città con una pièce piacevolissima, divertente e dinamica, studiata ad hoc anche come scena che il bravo Alessandro Chiti ha diviso in due parti. Uno studio che diviene sala da pranzo dando dinamicità alla figura dell’attrice, fulcro della scena, con l’immancabile telefono soggetto di tanti suoi spettacoli e gag e un piano superiore-alcova di un ricchissimo imprenditore (il bravissimo Urbano Barberini) figlio dell’amante storico, ormai scomparso, della Valeri nei panni di un’anziana e raffinata signora attraverso cui il maturo viveur cerca quel padre che ha conosciuto superficialmente e preziosi momenti di quiete chiarificatori delle sue insicurezze e debolezze esistenziali. Soste che come ‘il cambio dei cavalli’ forniscono nuova energia a lui che figlio con piaghe ancora aperte di coniugi non in sintonia non vuole costruirsi una famiglia.
Soste dai discorsi vivificanti e insieme lievi e corposi supportati da un linguaggio colto, sottile e fine fatto di battute garbate, rapide e incisive e comunque alla portata di tutti, da una saggezza rassicurante e sorprendente e da una freschezza giovanile frutto di una curiosità instancabile e di una generosa disponibilità che superano il gap generazionale rendendo il rapporto di forte intensità: altro che rottamazione… una fonte di energia reale e profonda come non hanno i signori bla bla che caldeggiano la teoria dell’apartheid senile.
E lo capisce anche la giovane donna (la bella e convincente Alice Torriani), una sorta di escort o meglio di arrampicatrice sociale (senza cagnolino) che fiuta l’occasione d’oro della sua vita, la chance che le permetta di cambiare e s’inserisce come terza generazione tra i due giocando le carte a proprio vantaggio e cercando di convincere il maturo signore dalle uova d’oro della giustezza del matrimonio.
Il teatro come luogo in cui evidenziare le infinite sfaccettature dei rapporti umani diviene elisir di lunga vita per questa indomita, giovane signora in là con gli anni, con parrucca bianca per accentuare l’età e abito verde speranza per rendere la malia del suo entusiasmo inossidabile.
Meritatissima la standing ovation finale allo spettacolo e alla carriera.