Entro nel camerino del Maestro, e lui sta sorseggiando un té caldo che gli hanno appena portato, mi presentano e mi sento emozionata come una ragazza a un primo appuntamento, è semplice e maestoso al tempo stesso, e la sua sobrietà mi tranquillizza infondendomi una calma che stento a riconoscere come mia. Lo guardo sorseggiare la sua bevanda e prendo tempo sorridendogli, tra mezz’ora andrà in scena con “Il mercante di Venezia” naturalmente nella parte di Shylock, e fantastico sul tipo di usuraio ebreo che potrà divenire tra poco, e la domanda mi sgorga con naturalezza:
Bianca Coppola Melon: Cosa vorrebbe che arrivasse al pubblico, attraverso la sua recitazione, emozione? Oppure che capisse qualcosa che prima gli era sconosciuto?
Giorgio Albertazzi: Emozione naturalmente, l’arte non bisogna capirla, deve colpire, può capire lei un volo di uccelli? Non c’è da capire, è come voler capire un quadro di Picasso.
B.C.M.: Intendevo fare una riflessione su questa storia di Shakespeare, che è tra le mie preferite, qual è il senso di questo lavoro?
GA: Shakespeare non si preoccupa di dare un senso alle sue storie, sono storie appunto, sono amori che non vanno in porto, Antonio omosessuale ama Bassanio che ama Porzia, Melissa ancella di Porzia ama Graziano amico di Bassanio, e Jessica figlia di Shylock ama Lorenzo, giovane baldanzoso cristiano. Shylock da parte sua si sente razza eletta e per questo ghettizzato. Sono storie che il drammaturgo inglese ha preso dal passato, come tutti i geni copia, a differenza dei mediocri che imitano.
B.C.M.: Qual è la differenza tra copia e imitazione?
G.A: Il genio prende un quadro o una storia e la modifica a modo suo, il mediocre semplicemente gli fa il verso.
B.C.M.: Un quesito che mi sono sempre posta sul lavoro dell’attore: come si coniuga la tecnica della recitazione, quindi memoria, impostazione, etc. con donare emozioni al pubblico?
G.A.: E’ una metamorfosi, difficile da spiegare, il teatro cerca un silenzio udibile, è il segreto del teatro stesso. E’ la leggerezza che cita Calvino, non frivolezza, leggerezza, l’esatto contrario. La cultura teatrale della metà dell’800 era quella di un teatro serio e pomposo. Il teatro è un gioco, è il simbolo del mondo che parla d’altro.
BCM: Per finire in bellezza, cos'è il teatro?
GB: Uno spettatore e un attore, il tappeto lo metti o non lo metti è uguale, quello è il teatro. Qualcuno ha detto: il pubblico non è necessario, ma nessun attore può fare a meno del pubblico, nemmeno Dio. Il pubblico è il teatro, il teatro è il pubblico.