Da un lavoro di studio e rivisitazione dell'opera del drammaturgo austriaco Werner Schwab ad opera di Dante Antonelli, prende vita lo spettacolo FÄK FEK FIK, “Le tre giovani” in scena al teatro Sala Uno dal 9 al'11 gennaio.
Nella quasi totale assenza di arredo scenografico, fatta eccezione per tre sedie di tipo diverso sul retro del palco, si compie un'urlata disanima del mondo pressoché tutto, il cui intento sembrerebbe essenzialmente quello di mettere in ridicolo le perversioni di una società malata di consumismo e superficialità, della quale sono vittime più agevoli soprattutto le nuove generazioni.
Tre giovani donne, contemporaneamente presenti sul palco per l'intera durata della rappresentazione, si fanno eredi delle tre anziane a conclusione de “Le Presidentesse” dello stesso Schwab, incarnandone fastidi e sentimenti, pur nella volontà di dar vita ad una storia tutta personale. Ognuna delle tre è se stessa in varie declinazioni, al fine di comporre un mosaico di caratteri e situazioni diversificato, eppure accomunato da un medesimo tono di esposizione, da una medesima finalità di impatto sullo spettatore.
Le tre attrici mantengono quasi sempre una posizione frontale, una a fianco dell'altra, scambiandosi solo talvolta di posto all'interno del trittico, sì da poter dare alternanza alle diverse vicende evocate. Incalzante la musica elettronica che le accompagna, divenendo in alcuni momenti parte stessa della recita, nel garantire ai corpi la possibilità di fissarsi in movimenti ipnotici, di rinforzo alla verbalizzazione. Lo spettacolo si esplica tutto nella totalità del parlato, nell'urgenza di tirar fuori esistenze, emozioni, fastidi.
Su di un palco che diviene quasi patibolo, Martina Badiluzzi, Arianna Pozzoli e Giovanna Cammisa mettono in scena la miseria di vite che vorrebbero essere altro, strette in una condizione di condanna dal quotidiano dover rappresentare una parte non propria, all'interno di contesti aziendali, familiari e sociali accomunati dalla stessa tara alienante.
L'amore a tratti evocato non appare detenere più alcun potere redentore, non resta altro allora che immergersi nelle deiezioni, pur di ristabilire un contatto autentico con il mondo.
Dietro le quinte…intervistiamo Martina Badiluzzi, Arianna Pozzoli e Giovanna Cammisa
Rosella Matassa (RM): Qual è il senso che voi avete voluto dare a questo spettacolo mettendolo in scena?
Giovanna: La follia, il godimento, la rappresentazione che è unita al nostro stesso linguaggio, quindi noi stesse fuse con il testo, un testo non scritto, che è in continuo divenire, anche in scena, perché buona parte del testo è improvvisato anche in scena.
Martina: “Esporre ed incontrare se stessi è un lavoro, quindi incontra resistenza”, questa è la didascalia di Werner Schwab ed è il senso dello spettacolo.
RM: È uno spettacolo intensamente parlato, ma con il chiaro intento di provocare. Conta di più l'emozione o il contenuto?
Martina: Vanno di pari passo. Io parlo di me, della mia esperienza di lavoro per la Philip Morris, del compromesso che devo accettare per non dover chiedere soldi ai miei e fare l'attrice e fare carriera. Emozione e contenuto cavalcano la stessa onda.
Arianna: È un esporsi totale, con carne, muscoli e cuore. Quando tu dici qualcosa che ti compromette, tu vuoi fare arrivare un messaggio, ma quel messaggio veicola necessariamente un'emozione, che poi cambia anche di volta in volta.
RM: Come nasce questo progetto?
Martina: Questo progetto nasce da un laboratorio che si chiama tuttora SCHLab, avviato nel novembre 2013 e che è tuttora aperto. Non siamo mai andati in scena insieme se non con una performance a Stromboli la scorsa estate nell'ambito del Festival di Teatro Eco Logico.
Arianna: Il progetto va avanti con incontri puntuali durante l'anno, che durano settimane o mesi e che hanno l'intento di attraversare tutta la drammaturgia dei “Drammi fecali”. Siamo partiti con “Sovrappeso”,insignificante: informe, passando per “Sterminio”, per arrivare infine alle “Presidentesse”.
Giovanna: Il gruppo è molto grande, è un collettivo artistico di circa venti persone, che si occupano della messa in scena, della drammaturgia, delle luci, del design, della tecnica, ognuno con un suo ruolo, ma ognuno partecipante al tutto.
RM: Ci sarà un seguito a questa rappresentazione?
Arianna: Sì, sicuramente.
Martina: Il macroprogetto è di mettere in scena tutta la trilogia di Schwab. Questo è solo il via, che è stato reso possibile per gran parte grazie al sostegno del Forum Austriaco di Cultura.
Un ringraziamento speciale alle attrici che si sono prestate alle nostre domande!
NOTE STAMPA
Va in scena al Teatro Sala UNO dal 9 all’11 gennaio 2014, FÄK FEK FIK – le tre giovani, uno spettacolo che rappresenta anche un progetto di ricerca sul controverso drammaturgo austriaco Werner Schwab con il sostegno di Duncan 3.0 e del Forum austriaco di cultura.
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FÄK FEK FIK – le tre giovani – è un lavoro autoriale e interpretativo che nasce dalla drammaturgia di Werner Schwab, così necessaria per i nostri tempi e nei nostri luoghi pubblici, e che vuole essere anche un omaggio a questo autore così radicale, alle sue riflessioni, al suo immaginario, alle sue provocatorie posizioni.
Lo spettacolo è il frutto del lavoro dello SCH.lab, progetto pedagogico e di ricerca realizzato con il sostegno di Duncan 3.0 da Dante Antonelli e Daniele Sterpetti sui “Drammi Fecali” di Werner Schwab, ed è stato ideato durante il laboratorio e la residenza alla Festa di Teatro Eco Logico di Stromboli.
Si parte dal finale de “Le Presidentesse” dell’autore austriaco per portare in scena qualcosa di nuovo, di diverso, di originale. L’opera “Le Presidentesse” si chiude indicando “Sul palcoscenico, tre donne giovani e belle interpretano Le Presidentesse con esasperata, cinica e urlata cattiveria”.
Ora sul palcoscenico, tre donne giovani e belle interpretano “Le Presidentesse” con esasperata, cinica e urlata cattiveria. Le tre giovani le hanno sostituite e ricominciano il lavoro da capo ma con lo spirito della loro età, con la follia urlata della loro giovinezza emarginata, arrabbiata. Impossibile per Erna, Grete e Maria sostenere un simile affronto, si alzano e cercano in ogni modo di abbandonare la sala. Escono tutte e tre. Sul palcoscenico la rappresentazione prosegue ancora per un certo tempo.
L’Europa è un deserto senza scena, la parola è quella di una lingua ufficiale che non parla nessuno. Rimangono le minoranze, le sottoculture, le comunità con i loro messaggi interrotti dai rumori gracchianti e assordanti dei televisori, dalle immagini di un mondo che non concede ascolto, nemmeno alle voci che gridano più forte. Bandiere bruciate, bestemmie urlate, una fatica che trova sfogo solo nel non essere più niente. La tana è il mondo, il mondo una tana, per una generazione povera e avara, di denari e di passioni, costretta distesa sui materassi ad aspettare che il tempo scorra. L’unica alternativa è l’esposizione, correre il rischio di impegnarsi, raccontare se stessi.
Info
Dal progetto di ricerca SCH.LAB
con il sostegno di Duncan 3.0 e di Forum austriaco di cultura
FÄK FEK FIK LE TRE GIOVANI
da WERNER SCHWAB
un'idea di Dante Antonelli con Marta Badiluzzi, Giovanna Cammisa, Arianna Pozzoli
drammaturgia collettiva a cura di Dante Antonelli
ambiente scenico. Francesco Tasselli
ambiente sonoro. Samovar
costumi. Nina Ferrarese
gestione progetto. Annamaria Pompili
grazie a Marta Scandorza – Ufficio Stampa
foto Gabriele Savanelli
video Francesco Tasselli
progetto grafico Serena Schinaia
TEATRO SALA 1 – ROMA – SAN GIOVANNI
9 – 10 – 11 GENNAIO 2015 ore 21.00
Per maggiori informazioni
https://www.facebook.com/fakfekfik