CRISI – La Pratica è perfetta @ Arena del Sole: la crisi dell'uomo fra Ostacoli ed OpportunitÀ 

L'Arena del Sole ha ospitato il 17 maggio scorso, CRISI – La pratica è perfetta un lavoro collettivo portato avanti con Stefano Pesce e Diego Ribon. Visionario e surreale, a tratti esilarante, ma anche cupo, ironico – però amaramente ironico –  a tratti grottesco, beckettiano sotto vari aspetti, un poco kafkiano nello scenario e nelle immagini. Vi abbiamo scorto anche un po' di Pinter nel repentino cambiamento e inversione dei ruoli nei rapporti (dis)umani che viviamo e, in platea c’era chi ci ha trovato un pizzico di Stevenson e di altri autori…

Lo spettacolo incarna, infatti, un testo ricco di citazioni e di rielaborazioni prestandosi a più livelli di comprensione e interpretazione, a seconda di quanto lo spettatore vuole andare in profondità. Ed è proprio questa la struttura portante e la qualità che caratterizza CRISI – La pratica è perfetta, il fatto che il testo sia inafferrabile; si torna a casa con l’impressione che c’era ancora tanto da cogliere, tantissimo da afferrare: è un testo che ti mette davanti al tuo limite di spettatore, ma non in senso negativo, perché ti lascia la voglia e la necessità di rifletterci su ancora e ancora.

È la storia di due uomini in crisi, due impiegati ministeriali, OST(acolo) e OPP(ortunità): in scena “la crisi di una generazione perennemente in lotta con i fantasmi della propria mente…” dice Pesce, i due però vivono la propria crisi interiore peggiorata dalla notizia che presto la loro sede di lavoro cambierà in maniera opposta e alla fine solo colui che non resterà bloccato da se stesso sarà colui che non perderà la possibilità di cambiare e andare avanti. Così come ostacolo e opportunità sono due aspetti contrapposti presenti in ogni identità, in ognuno di noi, una crisi può essere al tempo stesso – a noi la scelta – un ostacolo o una possibilità.

I due personaggi sono quindi due aspetti di un'unica personalità, da un lato la crisi e la paura che blocca, dall'altro la fiducia nella vita e lo slancio verso il rinnovamento.
Questo è uno spettacolo anche politico, che si espone, un’imitazione impietosa di pochi secondi ci catapulta nell'Italia di oggi, nella nostra nuda e cruda contemporaneità, rispetto a un tempo generico che sembra spesso sospeso, come congelato.

Gli attori Stefano Pesce e Diego Ribon, dalla solida ed evidente formazione teatrale, quella davvero di qualità, si confrontano con varie sfumature, alternando fluidamente il registro drammatico e quello comico, l’ironia non manca – e ci confonde volutamente – abbiamo l’impressione che ci sia sempre qualcosa che manca ancora da comprendere, un qualcosa di nebuloso che ci scivola via dalle dita. Il testo, scritto da Stefano Pesce, la sua prima firma in veste di autore teatrale, è filosofico e di concetto: ti sfida, ti sorprende continuamente grazie a una regia viva e movimentata e a due attori “sempre sul pezzo”, come ribadiscono di essere i due protagonisti durante le prove di evacuazione aziendali.
Pesce e Ribon sono una coppia artistica riuscita, noti al grande pubblico per lavori sia per il cinema che per la TV ( la serie R.I.S. Delitti Imperfetti), hanno già lavorato insieme e a teatro la loro empatia nello spalleggiarsi può raggiungere il suo picco, è un gioco di squadra percepibile il loro, creano in scena un’armonia rara e la regia di Gabriele Tesauri coglie in pieno questa potenzialità e la sfrutta fino in fondo con una messa in scena fresca, dinamica, amara e frizzante, che ci sorprende continuamente fino alla fine.

La scena di Donatello Galloni è inusuale, vi è la ricerca di una scenografia che sia al tempo stesso ridotta ma d’impatto, che si distingua, gioco non facile, abbiamo quindi pochi oggetti di scena, una postazione di lavoro particolare (in effetti, perché scegliere una noiosa scrivania quando si possono avere una vecchia carriola dipinta con del verderame e degli occhialini da aviatore stile rétro?), altri oggetti sono enormi, ingigantiti come la realtà emotiva mostrata dalle due anime in pena, in crisi, appunto, di chi anima la scena, una grandezza iperbolica nelle emozioni e nell'oggettistica, il paradosso è che tutto è sopra le righe, ma al tempo stesso estremamente schietto e immediato.

Una prima nazionale esplosiva proprio nella città di Stefano Pesce per uno spettacolo pieno zeppo di spunti su cui riflettere e dai quali farsi portare sempre più lontano, nel tentativo di uscire ognuno di noi come può dalla sua crisi personale, lavorativa e sentimentale, e da quella sociale collettiva. A chi se la sente la piccola e vuota soddisfazione di poter dire che la sua pratica, in fin dei conti, è perfetta… oppure, la scelta meno facile di una speranza consapevole, la crisi è possibile superarla, ma c’è da fare, c’è da faticare. 

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