Chi ha paura di Virginia Woolf@Teatro Menotti Milano

Violenza, tanta violenza che bolle, ribolle e schiuma come il latte sonnolento che deborda improvviso dal pentolino allagando la cucina e ‘contaminando’ ogni cosa. Questa la triste e tremenda storia di due coppie della buona borghesia americana che secondo il dramma del 1962 di Edward Albee dietro un’apparenza quasi normale covano da troppo tempo risentimenti, dolori e astio che dilagano violenti quando, persi del tutto i freni inibitori per la quantità in crescendo di alcol ingurgitato, tolgono il coperchio lasciando ribollire con ferocia la loro malvagità che scivola infida fuori dalla scena per coinvolgere tutti in ogni dove.

Come non rendersi conto che è sempre più congeniale all’animo umano trascinato da un egoismo smisurato e non più educato alla presenza dell’altro (che viene dimenticato) assumere atteggiamenti analoghi nel micro e nel macro quotidiano, vuoi in macchina, tra giovani, anziani… per futili motivi che possono portare a galla complessi, angosce… un quadro umano triste e dolente spinto allo stremo attraverso un sadomasochismo che non annienta, ma consuma ogni giorno senza distruggere del tutto dando luogo a un inferno continuato che pare eterno.

Arturo Cirillo, bravo regista e raffinato interprete nella parte di George, professore di storia inetto secondo la moglie, è coinvolto nel perverso gioco – quasi un divertente esercizio intellettuale, unico diletto nel mare magnum di dolore esistenziale – del ricevere affondi e restituire stoccate non solo verso l’esuberante, volubile, istintiva, viscerale, sensuale e comunque infelice mogliettina (una straordinaria Milvia Marigliano) il cui unico pedigree è essere figlia del Rettore dell’Università (padre con cui il rapporto è stato tutt’altro che sereno), ma anche verso gli apparentemente felici sposini Hone e Nick, interpretati dai convincenti Valentina Picello e Edoardo Ribatto, che hanno la mala idea di accettare un invito notturno venendo trascinati in un tormentato gorgo che li costringe a disvelarsi rivelandosi assai diversi dalle apparenze.

Siamo tutti un po’ Virginia Woolf giocando sull’assonanza con il termine ‘lupo’, pronti a sbranarci e a farci sbranare: educati fin dall’infanzia alla violenza e alla sopraffazione, cresciamo affilando queste armi con cui hanno giocato nella vita e sullo schermo la coppia Taylor-Burton (1966) e che oggi sono sempre più taglienti.

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