Centrale Taccani: architettura e arte tra passato e presente

A seguire le numerose e variegate iniziative realizzate in nome di Expo ci sarebbe da perdersi. Il caso ha fatto sì che la vociferata bellezza e originalità della Centrale idroelettrica Taccani – sita a Trezzo d’Adda, deliziosa località nei pressi di Milano – e il fatto che sia stata scelta come location per la prima edizione di “International Contemporary Art” (programmata con il patrocinio di Expo in due tranche di tre mesi ciascuna dal 2 maggio al 31 ottobre 2015) abbiano fatto scoprire il seducente fascino di quest’angolo del Parco dell’Adda, fiume che capriccioso protagonista scorre alternando impeto e calma grazie a chiuse che ne hanno domato l’andamento tumultuoso per irrigare la pianura e fornire energia a mulini, cartiere, frantoi e maestose centrali elettriche come la Taccani dando insieme anche ricetto a numerose specie animali tra cui anatre, cigni e altri che sentendosi sicuri covano senza tema nei loro nidi vicini alla riva.

Si compie con l’immaginazione un tuffo nell’alacre e fantasmagorico fervore del primo ‘900 quando la Centrale è edificata in stile eclettico su progetto di Alessandro Moretti per l’imprenditore Cristoforo Benigno Crespi allo scopo di alimentare la sua manifattura cotoniera e il famoso villaggio operaio di Crespi d’Adda da lui fondato.

Costituita da un corpo centrale affiancato da due ali di diversa lunghezza e rivestita in ‘ceppo d’Adda’ (puddinga, caratteristica pietra locale), la struttura dalle merlature che richiamano quelle del Castello Visconteo (costruito sui ruderi di un maniero longobardo attribuito dalla tradizione a Teodolinda) e dai lampioni liberty in ferro battuto è armonicamente inserita nel contesto ambientale senza alterare il fascino del luogo e dei resti del Castello, custode misterioso di antichi fasti. 

In tale singolare ambiente (oggi di proprietà dell’Enel) – mirabile esempio di archeologia industriale ancora funzionante come testimonia il suggestivo e conturbante rumore di imponenti turbine e sempre visitabile in compagnia di un esperto – è ospitata un’esposizione d’arte con artisti che se meno numerosi e ammonticchiati (si parla per le due tranche di circa 500 autori con 1300 opere) – avrebbero potuto raccontare al pubblico in modo più incisivo i loro messaggi in questa originale location.

Dispiace che idee buone vengano sminuite dalla smania della quantità e dalla fretta che finiscono con lo svilire la qualità creando inconvenienti come nel giorno dell’inaugurazione l’assenza per alcuni artisti di indicazioni relative al nome e alle opere e la mancanza di un pur artigianale elenco dei partecipanti, fatti che hanno creato nei visitatori difficoltà e disorientamento nell’approfondire i criteri di scelta, la provenienza e le caratteristiche dei singoli artisti.

Tra la moltitudine di lavori esposti spicca l’eclettica personalità di Ilaria Berenice, nome d’arte di Ilaria Gasperoni, versatile e determinata artista, nata a Roma e ormai milanese d’adozione, che avendo vissuto in varie parti del mondo ha maturato grazie a diverse esperienze una consapevolezza di sé che le ha fatto scoprire una vena artistica rimasta per anni in nuce.

Completamente dedita alla propria passione, trascorre le giornate lontano dagli stimoli di media come la televisione cercando, creando e rapportandosi agli altri con il tramite dell’arte sempre con il fine di chiarirsi meglio a se stessa e ai suoi interlocutori.

Fil rouge del suo operare una continua ricerca di comprendere, analizzare e approfondire anche in virtù di una fondamentale preparazione antropologica che la rende capace di tratteggiare volti che rivelano personalità a volte dolenti, contorte e sofferte e a volte gioiose.

Quadri materici, collage, ritratti a olio e installazioni sono i campi in cui si muove l’artista sempre pronta ad accettare le novità e a sperimentarle dando rilievo alla carica umana intensamente espressa come la melanconica accettazione del proprio destino in Profuga tibetana i cui occhi riflettono lo sfondo dorato.

Altrettanto stimolanti le opere di Fiorenza Orseoli nata a Treviso e trasferitasi a Pavia dove ha svolto un lavoro di carattere burocratico coltivando sempre il suo amore per il disegno e la pittura come dimostrano i simpatici, fantasiosi e allegrissimi gatti compagni fedeli di figure femminili anch’esse caratterizzate da vivo cromatismo: una lettura disincantata e onirica in cui donna e felino si completano e si integrano a vicenda.

Affascinanti e misteriosi i lavori di Dea Valdinocci che vive e lavora a Cesena e che ha coltivato il suo talento dall’infanzia fino ad approfondire le sue qualità pittoriche: particolarmente suggestive Le ombre, segni di presenze del passato o volontà di affermazione di ombre desiose di una vita autonoma?

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