BEI SOLDI @ Teatro Argot: Caryl Churchill, ritratto di un’autrice inglese.

Domenica 5 marzo, al Teatro Argot, il collettivo “Isola Teatro”, per la rassegna Perimetri/Partiture/Ri-scritture #SassoliniArgot, ha presentato lo studio scenico di “Bei Soldi” di Caryl Churchill, traduzione e regia di Marta Gilmore. A seguire, una conferenza con la prof.ssa Paola Bono, curatrice dell’edizione italiana dei testi dell’autrice inglese.

L’esito del laboratorio teatrale sviluppatosi in tre giorni, in occasione della rassegna, organizzato dal collettivo “Isola Teatro”, sotto l’attenta guida di Marta Gilmore, domenica 5 marzo ha attirato l’attenzione di un numerosissimo pubblico, addetti ai lavori per lo più.

L’evento è stato strutturato in due parti: prima la presentazione di alcune scene del testo “Serious Money”-“Bei soldi” di Caryl Churchill, tradotto dalla stessa Marta Gilmore, messe in forma durante i tre giorni di laboratorio da un gruppo di sedici attori. Poi l’incontro/conferenza con la prof.ssa Paola Bono, curatrice dell’edizione italiana dei testi dell’autrice inglese, editi (in tre volumi, il quarto è in prossima uscita) da “Editoria e Spettacolo”.

“Serious Money”, testo del 1986, scritto in rima, parla della borsa, del “Big Bang”, della liberalizzazione, dell’inclusione nel mondo della finanza, storicamente aristocratico e maschile, di classi sociali disparate e delle donne. Mostra lo scontro tra la vecchia guardia dei businessmen e i giovani in ascesa, stanchi “di fare i soldi degli altri”. La trama, a detta della stessa Gilmore, è complessa e poco chiara. Caryl Churchill ha voluto restituire in immagini, in temperature specifiche, il mondo dell’alta finanza, con satira amara. Lo fa, dunque, attraverso il linguaggio, l’alternanza di registri, stili, forme narrative diverse, su cui gli attori hanno concentrato il loro lavoro. Costruzioni corali complesse, fatte di dialoghi sovrapposti e contemporanei, che prevedono una gran quantità di attori in scena, anticipano lunghissimi soliloqui dalle molteplici possibilità interpretative, tutte egualmente valide, giungendo poi a complessissime orchestrazioni polifoniche, che avvengono nella sovrapposizione di molteplici dialoghi in presenza e/o in assenza (al telefono), che hanno valore di significazione autonomo ma che, nell’orchestrazione, appunto, scivolano nel musicale, acquisiscono un ulteriore valore acustico, fondamentale per astrarre dal significato letterale aumentando il potenziale semantico del significante.  L’importanza della musicalità delle parole e della loro fonetizzazione ritmica, è sottolineata dall’autrice nelle didascalie del testo, quando, oltre ad indicare le entrate delle voci le une sulle altre con dei segni grafici: slashes che trasformano il testo in spartito, l’autrice indica delle parti precise come “canto”. I sedici attori, hanno sperimentato per tre giorni su queste metamorfosi linguistiche interne al testo, indagandone possibilità e variazioni e hanno mostrato la loro ricerca al pubblico.

Marta Gilmore, per sua stessa ammissione, ha avvertito gli astanti del fatto che non tutti gli attori erano presenti a tutti e tre gli appuntamenti, ulteriore complicazione nell’indagine su questo già difficoltoso testo. I copioni, nelle mani degli attori, non hanno creato fastidio, gli inciampi verbali, le esitazioni hanno contribuito a dare all’esibizione quel carattere di work in progress specifico e coerente rispetto alle intenzioni implicite di questa particolare operazione. Forse però la quantità di materiale affrontata in soli tre giorni è stata eccessiva. L’autrice non è ancora ben conosciuta in Italia, gli attori da coordinare tantissimi e il tempo molto poco.

Nonostante ciò è stato doverosamente conseguito lo scopo di tracciare un profilo piuttosto preciso di Caryl Churchill, lo spettatore è stato stimolato alla conoscenza sia scenica che letteraria  dell’autrice inglese. Paola Bono, curatrice dell’edizione italiana dei testi, ha avuto a sua volta un ruolo chiave in questo. “Non normale non rassicurante – il teatro di Caryl Churchill”: progetto editoriale che prende il nome da un intervento dell’autrice inglese, in cui scrive, poco più che ventenne, la sua idea di teatro. Attenta principalmente al linguaggio, nel processo di scrittura, Churchill lavora sul campo, insieme agli attori i quali, come racconta la prof.ssa Bono, riescono addirittura a farsi assumere in borsa durante l’ideazione di “Bei Soldi”. L’autrice, ancora vivente, torna a scrivere per il teatro intorno agli anni Settanta, dopo un’incursione nell’autorato televisivo e radiofonico. “Bei Soldi”, assieme a “Top Girls” e “Settimo Cielo” fa parte della triade di testi che assicurarono, tra gli anni Settanta e Ottanta, a Caryl Churchill successo internazionale. Paola Bono ricorda una definizione di un articolo del “The Guardian”: “The mother of invention”, appellativo che evidenzia la capacità dell’autrice inglese di ricrearsi e rinnovarsi in ogni testo, spaziando da scritture essenziali, minimaliste a scritture strutturate su architetture narrative complesse e articolate.

Una descrizione puntuale e affascinante di Caryl Churchill è quella che Paola Bono dona agli astanti, efficace nell’avvicinarli ad una personalità artistica ancora poco conosciuta ma attualissima, per la sensazione di prossimità e vicinanza che il pubblico prova nell’incontro con la sua acuta sensibilità.

 

Visto il 5 marzo 2017

Info

curatrice laboratorio Marta Gilmore

relatrice prof.ssa Paola Bono

con Collettivo “Isola Teatro” 

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