Toccante, storicamente accurato e ben confezionato nel montaggio, lo spettacolo di teatro civile “IL GRANDE MALE” della compagnia italo-armena “Incontroverso” va in scena ancora fino al 21 ottobre al Teatro India.
La compagnia fondata da Marine Galstyan e Sargis Galstyan, che ha già prodotto “A porte chiuse” di Sartre si cimenta con un tema delicato e scottante: il massacro del popolo armeno perpetrato dal regime Ottomano tra 1915-1916 (nella primavera del 1915, l’inizio delle deportazioni) e realizza uno spettacolo che alterna la denuncia civile e ricostruzione documentata della verità storica con una performance in cui si fondono teatro, danza e audiovisivo, con qualche strizzata d’occhio, di tanto in tanto, ad un montaggio "televisivo" non invadente, ma particolarmente studiato.
Il tema non è né facile né leggero (non foss’altro che resta ancora oggi controverso e non del tutto approfondito nelle ragioni fondanti, per ragioni di tempo): viene affrontato puntando su una minuziosa ricostruzione storica di dati e cifre delle terribili atrocità subite dalla comunità armena (meno investigando sulle ragioni politiche che portarono alla deportazione).
Lo spettacolo ripercorre in un primo momento i passaggi storici che portarono all’affermazione del governo del Giovani Turchi, mettendo in evidenza l’odio da essi covato verso tutte le minoranze dell’Impero (non ultima quella armena, cristiana e socialmente benestante). Poi, attraverso alcune immagini in bianco e nero proiettate su un pannello che divide il palcoscenico in due, orizzontalmente, si descrivono le immagini dello sterminio. Infine, si passa alla ricostruzione del processo dello studente armeno Soghomon Tehlirian che uccise a Berlino nel 1921 Talaat Pasha, uno degli organizzatori del genocidio che si era rifugiato in Germania sotto falso nome, per sfuggire alla condanna a morte per “crimine di lesa umanità” a danno delle popolazioni armene.
Il testo si fa decisamente interessante nei passaggi del processo al giovane studente, interpretato da un malinconico e tormentato Sargis Galstyan (uno dei migliori, sebbene a tratti, quasi volutamente, "cantilenante"). I dettagli delle atrocità, ricostruite dai documenti ufficiali e raccontate dai testimoni chiamati alla sbarra catturano l’attenzione del pubblico per la spietatezza e la crudezza del racconto, la vera forza dello spettacolo. Le voci rotte dall'emozione o quei lunghi fraseggi quasi bisbigliati dai testimoni nella cornice tetra del tribunale tedesco, rendono bene l’impotenza di un popolo tutto, messo in ombra dalla Storia, colto di sorpresa da un Grande Male e condotto alla morte senza alcuna pietà. E molte sono le analogie più o meno involontarie e ricorrenti con il genocidio ebraico della seconda guerra mondiale e con la persecuzione hitleriana, richiamata anacronisticamente dal giovane Soghomon nei suoi pensieri proiettati sul pannello (della Storia) che riempie e ingombra la scena.
Nonostante il tema e la drammaturgia catalizzino l’attenzione, soprattutto durante l'escussione dei testimoni, non manca allo spettacolo una certa attenzione alla resa scenica che si pregia di suggestivi balletti coreografici sostenuti da una elegante colonna sonora composta da pezzi strumentali taglienti e dolorosi: tali sono anche, specularmente, i passi di danza dei ballerini della compagnia che alternano movimenti di lotta ad un continuo cadere e rialzarsi, forse analogo all’alternante destino del popolo armeno.
Buona la recitazione che mantiene un tono vivamente accalorato, soprattutto durante il processo, colmando la distanza fisica fra pubblico e attori creata dall'enorme pannello su cui si proiettano le immagini della Storia. Su tutta la Compagnia, spicca Ambrogi, un difensore volutamente fuori le righe, ed un serioso Jonis Bascir, a suo agio in un ruolo amaro, come quello di un giudice difficilmente imparziale in un processo dove il centro di interesse si sposta dalla vicenda del giovane Soghomon alla veridicità dei racconti dei superstiti dello sterminio.
Interessante l’espediente di sfruttare dei manichini come giurati, lasciando muovere solo le mani da alcuni attori nascosti dietro le quinte: si tratta di un altro passaggio metaforico che indica la passività dei giurati di quel processo, disinteressati alla realtà o disposti a chiudere occhi e orecchi e a lanciare lontano da sé i fogli che testimoniano la realtà storica dei massacri piuttosto che ammettere la verità. Un atteggiamento che, per estensione, potrebbe riguardare i popoli europei tutti che di fronte alla tragedia degli armeni mantennero un freddo distacco od una compassata solidarietà (quale dejavù! la storia è ciclica, si penserebbe!) che non si concretizzò in una difesa sostenuta e accalorata come quella messa invece in scena dall'avvocato difensore di Soghomon.
La scelta di posizionare il pannello di proiezione, per tutta la lunghezza del palcoscenico crea una certa frattura e distanza fisica tra attori e pubblico ma assolve a due funzioni: diventa un proiettore della Storia da un lato, e dall’altro incrementa quel gioco di messa in ombra della storia armena che resta volutamente sullo sfondo della scena, al di là del pannello, e da quella posizione emerge poi prepotentemente con le immagini terribili dei massacri.
Sebbene la narrazione processuale lasci spazio a qualche dilungamento, la resa finale dello spettacolo non lascia che soddisfatti, ed in un certo senso, nutriti di una realtà storica raccontata, certo, dal lato delle “vittime” ma di fatto innegabile nella sua portata. Una narrazione delicata, resa in modo diretto e a tratti sofferto, che ha spinto molti spettatori ad alzarsi per applaudire la Compagnia a fine spettacolo.
Perché il teatro è anche questo, uno strumento per fissare delle Immagini che dovrebbero essere indelebili, in questo caso quelle delle vittime della Storia così da riflettere su ciò che la Storia ci insegna a proposito del Male perpetuato contro il Diverso: esso porta con sé solo altro Grande Male, che finisce per ripetersi ciclicamente, come nel caso ebraico, e come in tanti altri, purtroppo inevitabili, genocidi contemporanei.
E proprio pensando alle vicende presenti e a quelle che si sono susseguite nel ventesimo secolo, ci si chiede a fine spettacolo, “La Storia non ci ha insegnato niente?”
Gufetto segnala uno spettacolo da non perdere, IL GRANDE MALE dedicato ad uno degli eventi più tragici della storia contemporanea, il Genocidio armeno.
Sarà in scena al Teatro India dal 19 al 21 ottobre. SI tratta di uno spettacolo civile: testo e regia di Sarghis Galstyan. In scena Stefano Ambrogi, Jonis Bascir, Ermanno De Biagi, Vincenzo De Michele, Sarghis Galstyan, Andrea Davì, Marine Galstyan, Lorenzo Girolami, Claudia Mancinelli, Luca Basile, Arsen Khachatryan. Lo spettacolo è realizzato dalla compagnia InControVerso (ensemble artistico molto apprezzato da pubblico e critica, che ricordiamo anche per l’ottimo spettacolo “A Porte Chiuse” andato in scena a Roma al Piccolo Eliseo), realizzato in collaborazione con l’Ambasciata della Repubblica d’Armenia in Italia.
Berlino, 1921. Lo studente armeno Soghomon Tehlirian è sotto processo per aver ucciso con un colpo di pistola Talaat Pasha, uno degli organizzatori del genocidio, rifugiato nel 1919 in Germania sotto falso nome, per sfuggire ad una condanna a morte per “crimine di lesa umanità” a danno delle popolazione armene residenti nell’Impero Ottomano.
Dopo due giorni di processo è Talaat – del quale vengono ricostruite le atroci gesta e attraverso le drammatiche rivelazioni dei sopravvissuti chiamati a deporre – ad essere condannato moralmente: le prove a suo carico sono talmente terrificanti che Tehlirian viene assolto per l’omicidio da lui compiuto.
Gli atti processuali, dai quali nasce l’ispirazione e la scrittura dello spettacolo ”Il grande male”, sono una preziosa chiave per comprendere quell’immane tragedia che fu il genocidio armeno nel 1915: attraverso i dialoghi riportati fedelmente dalle testimonianze scritte e le immagini dell’epoca proiettate in scena si va a formare un vortice di informazioni documentate che guidano lo spettatore nel dramma degli avvenimenti di quegli anni, nel sistema della giustizia e portano luce su un capitolo dimenticato della storia dell’uomo. Attraverso la coralità di diciotto personaggi che intervengono nel processo avviene la ricostruzione documentata di molteplici aneddoti che vanno a formare un chiaro quadro del contesto politico nel quale il progetto genocidiaro venne messo in atto.
In ”IL GRANDE MALE” vediamo i testimoni chiamati a deporre, una pluralità di voci che aiutano lo spettatore nella comprensione dei fatti storici: figure di anonimi turchi e curdi buoni, che vennero in soccorso ai deportati; Johannes Lepsius, responsabile della Deutsche Orient-Mission, che vuole dimostrare la precisa volontà genocidaria dei Giovani Turchi; il generale Otto Liman von Sanders, al cui comando erano le truppe tedesche inviate in Anatolia durante la Prima Guerra Mondiale, che invece cerca almeno in parte di scagionare il Governo ottomano.
Tutte queste testimonianze scorrono in un contesto, quello di Berlino nell’anno 1921, in cui gli orientali vengono giudicati tendenzialmente inclini all’illegalità e scarsamente consapevoli del valore della vita umana.
Perchè lo spettacolo “Il Grande Male”
Nel 1915 un milione e mezzo di armeni furono assassinati nell’Impero Ottomano seguendo un piano stabilito in anticipo ed eseguito metodicamente con lo scopo ultimo di distruggerne la civiltà. Come il giornalista francese scrisse “Nell'oriente sta morendo la nostra sorella, e sta morendo solo perché è la nostra sorella, il suo delitto è che ha condiviso i nostri sentimenti, ha amato quello che amiamo noi, ha pensato così come pensiamo noi, ha creduto a tutto quello in cui crediamo noi, ha valorizzato come noi la saggezza, la giustizia, poesia ed arte” Gli armeni furono così vittime di un genocidio che sarebbe diventato un riferimento funesto per coloro che vennero dopo. Da allora, i governi turchi che si sono succeduti hanno combattuto energicamente per far dimenticare questo triste episodio del passato del loro paese. Ancora oggi, soprattutto in Turchia, il semplice fatto di enunciare questa verità storica scatena, contro coloro che lo fanno, una violenta opposizione, minacce fisiche e in qualche caso perfino la morte. Il negazionismo alimenta il razzismo e l’odio contro gli armeni e altre minoranze non musulmane. Alcuni vorrebbero far credere che ammettere la realtà del genocidio armeno sia un attacco contro tutti i turchi e contro la stessa natura turca, quando di fatto si tratta di un attacco al negazionismo e di un passo avanti per la giustizia e la democrazia.
19|21 Ottobre 2015
La Compagnia InControVerso
presenta
IL GRANDE MALE
Teatro India
Uno spettacolo civile dedicato al centenario del genocidio armeno
testo e regia di Sarghis Galstyan
con
Stefano Ambrogi, Jonis Bascir, Ermanno De Biagi, Vincenzo De Michele, Sarghis Galstyan, Andrea Davì, Marine Galstyan, Lorenzo Girolami, Claudia Mancinelli, Luca Basile, Arsen Khachatryan
make up- Stefania Piovesan e Anna Di Forio scenografie- Gianluca Amodio
manichini sono realizzati da Almaloca
costumi- Metella Raboni riprese video- Mauro Petito
grafica video- Dario Pelliccia
parrucchiere: Nicola Botta
disegno luci- Giuseppe Filipponio
musiche- Jonis Bascir