Suoni sordi e luci intermittenti colpiscono lo spettatore ancor prima di prender posto: la tempesta è già in atto.
Sopra di me il diluvio, in scena al Teatro Vascello di Roma dal 28 ottobre al 1 novembre, è l’ultima creazione del coreografo Enzo Cosimi, che per questo spettacolo, così come per Welcome to my world del 2012, sceglie di dedicarsi al rapporto doloroso dell’Uomo con la Natura nella società contemporanea.
Al centro del palcoscenico un televisore, ai lati due poltrone e tutto intorno ossa. La protagonista della scena, Paola Lattanzi, sembra essere la sopravvissuta o la vittima reale della catastrofe. È seduta sulla poltrona, indossa canotta e slip neri, scarpe con tacco e ha in mano un fossile. Inizia così una danza scarna, tra colpi di ossa, tremori, versi e silenzi che immergono lo spettatore in un’atmosfera apocalittica.
Ad un tratto la danzatrice, come se fosse una divinità conquistatrice, marca il proprio spazio percorrendo i quattro lati di un quadrato al centro del palco: è lì che agirà nella prossima scena.
Lo spazio così circoscritto si illumina e la musica, prodotta da Chris Watson, Petro Loa e Jon Wheeler diventa più densa. La protagonista si muove in un vortice nervoso di paura e follia su partiture fortemente percettive e ferocemente arricchite dalla sua incredibile presenza.
Sposta le poltrone, prende una scatola dalla quale afferra con la bocca dei nastri rossi, indossa un passamontagna e gonfia un palloncino rosso. A questo punto la musica incalza, gli strilli e i movimenti liberatori sembrano anticipare qualcosa: le luci si affievoliscono e la danzatrice si spoglia, guarda il pubblico e accende la televisione.
La catastrofe è in scena: con i video proiettati sul monitor e sul fondale, curati da Stefano Galanti, l’Africa diventa protagonista assoluta in tutta la sua integrità, tra massacri e speranze.
Intanto la danzatrice nuda, si prepara al passaggio catartico: si veste di fruste sciamaniche ed esplode in una danza terrena.