LEYLEY @ Teatro Greco: un incontro mancato

Leyley: riti, tradizioni e amuleti delle credenze persiane. Il titolo di questo spettacolo, andato in scena lo scorso 9 Novembre al Teatro Greco, preannunciava un interessante incontro intessuto a una fiaba con la cultura iraniana. Purtroppo però lo spettacolo, senza che ciò venisse assolutamente preannunciato in locandina o altrove, è stato quasi interamente in farsi.

Questo problema di lingua potremmo sminuirlo se potessimo presumere che, a questo punto, gli ospiti imprevisti fossero proprio quelli non madrelingua persiani, e che dunque Leyley fosse stato l’occasione di un rincontro all’interno dell’Associazione Culturale Italo – Iraniana. Ma poiché, invece, la presenza della narratrice (che parlava in italiano) e di alcune sporadiche parti in italiano lasciano intendere invece che così non fosse, allora non mi resta che dire che lo spettacolo ha fallito nel suo intento di creare un dialogo e una porta attraverso un’altra cultura. Questo è ancor più vero se consideriamo che, nonostante venisse presentato come uno spettacolo di Teatro Danza, Leyley è essenzialmente in prosa, gli oltre 100 minuti di spettacolo sono perlopiù dialogati. Quindi, se è vero che si può benissimo fare teatro senza nemmeno una parola, questo non era concepito per poter essere inteso senza comprendere la lingua. I momenti più apprezzabili dell’opera sono stati quelli dedicati alle danze popolari, dove l’energia della musica e l'amore per la propria cultura degli attori era palpabile. Per il resto, lo stile recitativo tanto plateale e calcato non credo, o almeno non vorrei, potesse essere considerato ancora accettabile oggi, almeno non a pagamento. I tentativi di rompere la quarta parete, con la protagonista che andava a veniva attraverso la platea e il successivo inserimento finale del pubblico all’interno della cornice narrativa, non possono essere sufficienti a spezzare un tipo di teatro e recitazione concepiti come finzione. Tra baffi da pirata finti e vocioni grotteschi, strilla in mezzo al silenzio come se ci si fosse dimenticati che in quel momento bisognava essere spaventati e spiriti persiani che sembravano piuttosto usciti da un film horror anni ’80, è stata una continua esigente richiesta al pubblico di indovinare e acconsentire alle convenzioni di volta in volta create in scena. 

Se le persone oggi vanno ancora a teatro, io credo, è per vedere verità, perchè per le maschere e le finzioni abbiamo già la vita di tutti i giorni.

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