IFEEL2@Teatro India, Grandi Pianure: libere associazioni e pas de bourrà©e

Lo scorso 8 Novembre, nell'ambito della Rassegna di danza contemporanea "Grandi pianure", è andato in scena al Teatro India lo spettacolo "iFeel2" di e con Marco Berrettini e Caroline Breto.

E’ molto piacevole e semplice scrivere di uno spettacolo che ci è piaciuto, ma nel mio caso non è stato così, giovedì sera al Teatro India, ho davvero avuto difficoltà a stare seduta, o meglio a non andare via, perché a un certo punto avevo il mal di mare.

Noto che ultimamente si cerca l’insolito per distinguersi, ma questa ricerca delle volte allontana da un concetto base, a cui bisogna restare fedeli, in questo caso allo spettacolo di danza. La danza non c’era, neanche i ballerini, sembrava una gag, “ Adamo ed Eva alla prima lezione di aerobica”. I protagonisti, più che ballerini, erano una giovane donna con il seno scoperto e un non più giovane uomo con la corporatura da “non ballerino”. Il passo, che ha ricoperto i 70 minuti di “spettacolo” e lo spazio scenico, è stato un “sirtaki”, “pas de bourrée”, “grape wine” come preferite chiamarlo, non c’era altro. L’idea era, inizialmente, un riscaldamento di una lezione base di aerobica, che è rimasta tale. La parte più divertente, per me, è stato voltarmi ripetutamente verso il pubblico e vedere i loro volto attonito, annoiato, assonnato, qualcuno addirittura dormiva e molti ridevano. Se volessi ridare un titolo a questo spettacolo sarebbe sicuramente “Le libere associazioni di Freud”, un tema aperto dove ognuno di noi, in quei settanta minuti di trance, avrebbe avuto la possibilità di dare il significato che più riteneva opportuno: una dipendenza affettiva, un amore malato, una condivisione di qualche patologia psichica. Vedendo i protagonisti, in una costante frontalità, ho pensato che fossero l’uno lo specchio dell’altro, connessi dallo sguardo languido ed eccitato e da un invisibile filo che legava i loro plessi solari, lì dove c’è il cuore e il battito era interpretato dal loro colpire il pavimento con i piedi.  Peccato, sicuramente un grande lavoro concettuale alle spalle, più di uno psicologo alle prese con una seduta di danza terapia, che di un coreografo/ballerino che racconta qualcosa con il corpo. La musica molto interessante (di Summer Music), la scenografia e le luci anche (di Victor Roy), bastava poco, un capo, un corpo, a cominciare da quello dei protagonisti, e una coda.

image_pdfSCARICA QUESTO ARTICOLO IN FORMATO PDF