Les ballets jazz de Montreal è una compagnia canadese attiva dal 1972, nota per il suo stile espressivo e solare, intriso di tecnica classica ma che privilegia l’unicità comunicativa della tecnica moderna e contemporanea. Con Louis Robitaille, già ballerino del gruppo e direttore artistico della Compagnia dal 1998 i BJM hanno conosciuto un percorso di evoluzione caratterizzato da un incontro unico di diversità e identità, caratterizzato dalla collaborazione con coreografi sempre diversi e dalla capacità resiliente/versatile e creativa dei danzatori.
Il 17 novembre presso il teatro Brancaccio anche il pubblico romano ha potuto godere della spettacolarità dei BJM attraverso il trittico di loro creazione. La prima proposta è stata Mono Lisa, un duo firmato dal coreografo olandese Itzik Galili.
La scena si apre con diverse file di piccoli fari che illuminano gradualmente il palcoscenico tra suoni e tintinnii che richiamano una macchina da scrivere. I due danzatori sono vestiti sulle tonalità del ruggine e dal primo incontro danno vita ad un passo a due atletico e sensuale, raffinato tecnicamente e spazialmente sofisticato.
La seconda coreografia è Kosmos, del coreografo greco Andonis Foniadakis, interpretata da 14 danzatori e liberamente ispirata alla frenesia urbana contemporanea.
In un’atmosfera di pura energia, di festa e di celebrazione dell’essere umano i gesti quotidiani vengono trasformati in movimenti audaci mentre gli spostamenti umani si convertono in entrate e uscite dal palcoscenico alternando gruppi, trii e coppie che si incontrano e danzano la propria vita.
“Kosmos”, che significa universo, dà l'input al coreografo per ricreare sui corpi dei danzatori quel sistema ordinato e armonico che dovrebbe rappresentare il nostro mondo. Con dei fantastici giochi di luce, a cura di James Proudefoot, il palcoscenico si trasforma in un cielo stellato in cui si intravedono i movimenti corali dei danzatori e in cui due corpi si uniscono in un abbraccio finale.
Chiude la serata l’israeliano Barak Marshall con la coreografia Harry. È una storia raccontata tra parole e gesti in cui Harry il protagonista diviene emblema del concetto di lotta.
“La vita – scrive il coreografo – è una costante lotta. Siamo costretti a confrontarci quotidianamente con conflitti che concernono la cultura, il genere, la specie. Tra uomini e donne, poi, il compromesso regna sovrano”.
Tutto questo viene raccontato in un clima ironico e giocoso con un mix musicale che coniuga jazz, canzoni folk israeliane e musica tradizionale, per un brano che oscilla tra speranze e humour.
“Grazie, tesoro, grazie. Grazie per la gioia e il dolore” è l’ultima frase dello spettacolo che chiude una serata unica e sorprendente.