ELEGIA (…about men) + DUE UOMINI SFINITI @Teatro Biblioteca Quarticciolo: tre narcisi ed un amore che non vale la pena di essere vissuto.

Il 17 e 18  novembre il Teatro Biblioteca Quarticciolo ha ospitato due lavori marchiati PinDoc, brillante realtà romana di produzione, una sinergia nata da un mélange di esperienze artistiche che vanno dalla danza contemporanea all’arte di strada, simbolo di quell’unione che fa la forza, anche in campo performativo. 

Un  progetto importante che, con il contributo di MIBAC e Regione Siciliana ha dato vita a residenze creative e produzioni come questa iniziativa, parte del programma di Contemporaneamente Roma 2018 promossa da Roma Capitale-Assessorato alla Crescita culturale e realizzato in collaborazione con SIAE.

Un esperimento interessante di “economia coreutica”  quello di racchiudere due spettacoli diversi, che si alternano sul palco, uno nel primo ed uno nel secondo tempo.  

Ad aprire le danze troviamo  “ELEGIA (…about men)” che ha visto in scena la Compagnia Excursus, fondata nel 1994 da Ricky Bonavita, coreografo e regista che si assume un difficile compito: mettere a nudo l’uomo.

 

 

Un nudo interiore composto dalle diverse identità, dalle 50  sfumature di testosterone, dalle relazioni o emozioni, per ogni stadio di età e tipologia. 

Peccato che di queste belle premesse sul palco si sia visto ben poco perché, con mio grande rammarico, l’immagine che è emersa è stata quella di un genere maschile piatto, senza spazi evolutivi (ma nemmeno involutivi, che sarebbero stati comunque graditi), narcisista e costantemente confuso. Diciamoci la verità: mi sono quasi sentita vendicata di tutte le volte che ho ascoltato le varie declinazioni del “voi donne siete incomprensibili!”, perchè vi giuro che, voi maschietti, siete stati dipinti come un quadro di Picasso visto al contrario.

L’inizio non era male: i tre danzatori protagonisti di spalle, posizionati su altezze diverse, solida base per  uno sviluppo dei vari stadi della vita di un uomo, dei diversi modi di vivere la vita in base all’età… ma poi si è persa la traccia di questo racconto: dopo i vari assoli in cui ognuno ha dimostrato le indiscusse doti ma ha tenuto il significato della propria danza tutto per sé, si sono alternati pas de deux e momenti di danza collettiva, ma mancava sicuramente qualcosa: la comunicazione era criptica ed a binario unico tra gli interpreti, troppo ermetica anche perchè corroborata da una mancanza di variazioni di energia e di timbro dei movimenti, a volte distribuiti sui corpi come un dripping casuale, altre volte ripetitivi e inconsistenti, talvolta troppo slegati dal meraviglioso pianoforte di Debussy. Il gesto spesso era ambivalente e si è faticato molto a tener viva l’attenzione. 

L’elegia, per definizione, ha un tono meditativo e malinconico, di compianto per una condizione di infelicità di vario genere e natura: qui credo si sia dato troppo spazio all’amor proprio e non si sia data del tutto giustizia al variegato, forte, complesso mondo maschile: un peccato, perchè ero davvero curiosa di perlustrarne l’animo attraverso la danza.

 

Pochi minuti di pausa per ovvie esigenze tecniche ed è il turno di “Due uomini sfiniti”: i due uomini in questione sono gli stessi danzatori dello spettacolo precedente, Emiliano Perazzini ed il coreografo, oltre che interprete, Valerio de Vita, con la new entry di Francesca Schipani, magnetica ed accattivante ma a mio avviso penalizzata dal costume di scena, che la faceva sembrare una rigida maestra delle elementari.

Le musiche di Huron, Olafur Arnalds e Max Richter insieme alle luci sicuramente più frizzanti del precedente scenario, hanno portato il pubblico in un’atmosfera diversa, riuscendo nell’intento di diversificare i due spettacoli, nonostante la condivisione dello stesso contesto.

Il regista e coreografo ci trascrive, nel libretto, una riflessione del mai scontato Woody Allen, decretando però un esito unico: l’amore è sicuramente ed unicamente sofferenza.

Nonostante le dinamiche del trio molto interessanti, soprattutto nei momenti di contact, l’interpretazione da parte dei danzatori ha dipinto una figura femminile un po’ remissiva, a volte passiva (eccetto nel finale) e la partitura dei movimenti maschili era spesso confusa il che non mi ha aiutata a rispondere alle domande suscitate dalle parole dello stesso Woody Allen: dov’è la follia? Il vino rosso? La chimica? I mille interrogativi degli amanti? Sono arrivati ad una risposta anche per nostro conto senza assaporare il frutto di questa possibile sofferenza d’amore, sputandone i semi senza soffermarsi sulle emozioni più viscerali.

Due uomini sfiniti, si… ma da cosa?

 

 

 

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