La raffinatezza e la danza sono state le protagoniste della serata del 23 febbraio all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Lo spettacolo si chiama Bach ed in scena c’è la coreografa e danzatrice spagnola María Muñoz, vestita di nero e accompagnata solamente dal dolce alternarsi delle note del Clavicembalo ben temperato suonate dal celebre specialista canadese Glenn Gould.
L’atmosfera è limpida: lo sfondo e il palco sono bianchi e una luce soffusa arancione illumina la scena. La musica inizia e la danzatrice è completamente immersa nelle armonie musicali e i suoi movimenti sono puri, delicati e indefiniti. Sembra un flusso di coscienza tradotto in movimento e sviluppatosi in simbiosi con la musica.
Tra un preludio e l’altro appaiono fughe silenziose che la danzatrice riempie con una poesia gestuale estremamente fine e reale. Un gioco di luci crea un’immagine sfuggente: da buio appaiono dei rettangoli di luce somiglianti ad una porta che si spostano continuamente, invitando la danzatrice a seguirli.
Sospensioni, ripetizioni, pause e movimenti a tratti sono influenzati dalla danza spagnola rendendo la scena sempre più mistica ed affascinante.
Fino alla fine musica, movimento e silenzio sono fusi con una finezza quasi unica. Le note non la abbandonano: si sentono in lontananza, come se ci fosse una cassa esterna e lei continua a danzare fino a che non arriva il buio e si guarda alle spalle.
Bach è uno studio pregiato, denso, interiore e commovente.