Contraddire il significato di una parola con tenacia e know-how. Intervista a Gerardo Masuccio, editore di UTOPIA.
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Che cosa significa UTOPIA?
Tommaso Moro nel 1516 ideò un'immaginaria isola-regno abitata da una società ideale. Un non luogo. Un posto felice e inesistente. La chiamò Utopia, derivando il nome da un gioco di parole in greco antico.
Utopia oggi è un termine in uso per indicare un ideale o un progetto irrealizzabile.
Da utopia a UTOPIA
Ci sono però dei giovani che si fanno beffe del suo ideatore e dei pomposi dizionari, spezzando l'aurea di irraggiungibilità proprio nel mondo dove le parole trovano il loro mercato più antico: l'editoria. In un momento socio-economico scomodo a chi ha idee imprenditoriali, un gruppo di ragazzi, tutti sotto i trent'anni, decide di aprire una nuova casa editrice. La chiamano Utopia e la concretizzano.
Scelgono letteratura "alta", cogliendola da varie latitudini e da varie epoche. Confezionano copertine che sono un piacere alla vista, vero polo magnetico per gli amanti dell'oggetto libro. E se sono una gioia tenerli in mano, con quei dorsi che si fanno trovare a colpo d'occhio nella libreria di casa, i contenuti sono straordinari.
Il realismo magico di Bontempelli (Gente nel tempo) e la doppia natura poetica nel saggio di Anne Carson (Economia dell'imperduto) stanno fianco a fianco con il perenne inverno medievale scandinavo di Sigrid Undset (La saga di Vigdis) e le esotiche temperature mauriziane di Ananda Devi (Eva e le sue rovine tra l'altro ultimo arrivato in casa Utopia).
Abbiamo intervistato l'editore Gerardo Masuccio per farvi conoscere questa nuova realtà editoriale che, siamo certi, saprà conquistarvi.
In questa intervista:
UTOPIA: il progetto e gli obiettivi della casa editrice
Come nasce l'idea di Utopia?
Non lo ricordo più. Come ogni vocazione, quella per i libri è cresciuta in me inconsciamente. Verso ’autunno del 2019, però, ho capito che c’erano le condizioni ambientali per fondare una casa editrice letteraria, dopo anni di lavoro, a più titoli, nell’editoria italiana. Ho chiamato i coetanei più brillanti che avevo incontrato negli anni precedenti e la squadra è andata definendosi. A gennaio del 2020 è nata Utopia; ad aprile è stata divulgata la notizia. A settembre i primi volumi, in migliaia di copie, erano in tutte le librerie.
Quali sono i vostri obiettivi?
Scegliere, curare e diffondere letteratura di valore, senza compromessi, alimentando un catalogo coerente, che sia a sua volta un’opera d’arte.
Avete già pubblicato sei testi tra romanzi e saggi, provenienti da diverse epoche e diverse geografiche. Non una catalogazione per collane, dunque, ma una scelta ben precisa. Tutto questo ha a che fare con la vostra filosofia dell'ARTE DI SCEGLIERE I LIBRI. Di che si tratta?
La letteratura non si presta alle etichette. Utopia suddivide i libri in due collane: Letteraria europea e Letteraria straniera. Nessun riferimento al genere. La scelta di un libro è un’azione in assoluta continuità, senza contraddizioni o soluzioni, rispetto a quello che vivo, a quello che leggo, a quello che scrivo. I libri di Utopia sono capitoli di un’opera complessa, che ha una forma, un pensiero, una poetica.
UTOPIA e le scelte editoriali
Uno degli elementi che saltano all'occhio dei vostri libri, oltre all'imponenza dei nomi degli autori, è la cura per i materiali e la grafica. Avete investito molto su questo aspetto, una vera scelta "cosmetica". Oggi è difficile mantenere un alto standard di qualità?
Molto, sì. La forma è sostanza. I libri parlano attraverso le copertine, la carta, l’impaginazione, i paratesti. Questi non sono elementi secondari. Conosco poche case editrici, pochissime in Italia, che facciano della riconoscibilità un punto di forza. Per due ragioni: scarsa conoscenza del marketing elementare e superficialità.
Copertine dai colori audaci, hanno un significato?
Estetico e mercatologico. Il colore partecipa all’ecfrasi capovolta della copertina rispetto al testo ed è parte essenziale della presentazione, ma punta nel contempo a risaltare all’occhio del lettore che,
tra le migliaia di volumi in libreria, deve soffermarsi su qualcosa che si lasci notare.
UTOPIA e le iniziative editoriali: il coinvolgimento social
Sicuramente state lavorando per portare nel vostro catalogo altri autori. Nel tempo avete dimostrato di essere molto riservati sui nuovi lanci e coinvolgete i vostri lettori a scoprirli attraverso indizi sui social. Vorreste lasciarcene qualcuno qui in anteprima?
Non posso anticipare molto. Sono però in traduzione saggi e romanzi da una quindicina di lingue e da tutti i continenti. Non solo i soliti idiomi franchi, ma anche lingue regionali ed esotiche: il danese, l’albanese, l’uzbeco, il brasiliano, l’arabo, il curdo, il farsi, il tamil, il turco. L’essenza riposa al margine. Sono stanco di percorrere le solite rotte linguistiche; le grandi rivoluzioni letterarie stanno scoppiando lontano dalla vecchia Europa e dai vecchi Stati Uniti.
UTOPIA: la casa editrice fra rischi, bilanci e consigli ai giovani autori
Editoria è imprenditoria, quindi, sinonimo di rischio. Pensate che in futuro vi aprirete agli emergenti?
Sono sempre alla ricerca di un emergente che mi sconvolga. Leggo in continuazione, in continuazione resto deluso.
Siete nei dintorni del primo anno di attività, tra l'altro avete esordito in un difficile momento storico. Bilanci?
Utopia è nata da un anno, ma i primi titoli sono in libreria da appena cinque mesi. Con migliaia e migliaia di lettori fedeli, dozzine di recensioni sulla stampa nazionale e centinaia di librai attenti e preziosi, il bilancio è soddisfacente. Certo, l’impresa è un rischio costante, l’insuccesso è sempre in agguato, ma in portafoglio c’è parte della miglior letteratura di quest’epoca, da tutto il mondo. Dita incrociate!
In Utopia lo staff è tutto under 30. Tre consigli pratici per chi vorrebbe inserirsi nel mondo dell'editoria?
Non ho consigli. Conosco talenti straordinari bruciati dalla sfortuna e menti modeste dal percorso brillante. Eviterei le strade battute, i soliti corsi, le solite scuole. Osserverei chi ha già dato, per trarne esempio, e non sempre per emulazione. Mi accosterei al libro solo dopo aver avvertito una vocazione. L’editoria per mestiere? L’impiego nell’industria del libro? Così immagino il fallimento di un uomo.
Grazie a Gerardo Masuccio per la disponibilità a rispondere alle nostre domande ed in bocca al lupo per le vostre iniziative editoriali!