Lo shamisen ( 三味線 ) è uno strumento a corda della tradizione giapponese, forse risalente nella sua forma attuale all’introduzione di un analogo cinese nell’Isola intorno al XV secolo. L’origine tuttavia, come gran parte degli strumenti a corda della famiglia dei liuti, sarebbe da ricercare in antichissimi antenati persiani o più in generale, medio-orientali.
Già di per sé, la declinazione lontana di una radice comune esercita un fascino notevole su chi ha un debole per l’etnologia musicale. La possibilità, quasi unica, di sentire sonorità inconsuete e così culturalmente caratterizzate, come quelle della musica tradizionale giapponese, e dal vivo, rappresenta un’attrazione ancora maggiore.
L’Istituto Giapponese di Cultura di Roma – nella sua bella cornice di Via Gramsci a Roma, a due passi da Villa Borghese – offre questa opportunità fra le molte del suo ricco calendario di proposte.
Hidehiro Honjo è un Maestro di shamisen, allievo di un leggendario artista dello strumento come Hidetaro Honjo – non figlio d’arte, nella tradizione artistica giapponese gli allievi ereditano dal Maestro anche il nome – che a 33 anni ha già raggiunto gran parte dei traguardi artistici possibili per un musicista di questo non facile strumento.
Fra le sue collaborazioni, artisti del calibro di Ryuichi Sakamoto e ensemble di altissimo livello, come la Tokyo City Philarmonic Orchestra o la Japan Philarmonic Orchestra. È stato inoltre il primo suonatore di shamisen a ricevere l’Idemitsu Music Award, riconoscimento nazionale per la musica e la cultura giapponese.
Il programma presentato è eterogeneo, a mettere in luce le potenzialità dello shamisen. Potenzialità che vanno oltre lo strumento stesso: nelle composizioni tradizionali ad esso si associa il canto da parte del musicista, parte imprescindibile nelle esecuzioni legate al teatro bunraku o al teatro kabuki, ulteriore elemento di fascino del concerto.
In programma anche trascrizioni, come la Sarabanda, terzo movimento della Partita per Flauto BWV 1013 di J.S. Bach e pezzi contemporanei, talvolta scritti appositamente per lo shamisen di Hidejiro Honjo, fra cui citiamo Ludus perpetuus, che il compositore Yoichi Sugiyama, presente in sala, ha scritto con la volontà di unire suggestioni giapponesi con quelle dell’Italia, dove vive e lavora da più di 10 anni; il brano è stato eseguito in prima assoluta.
A chiudere il concerto, davanti a un pubblico interessato e numeroso – nonostante avverse condizioni meteo – un brano tradizionale come brevissimo bis, quasi un haiku musicale, con il quale Hidejiro Honjo si congeda, elegantemente, dal pubblico di Roma.
Un’esperienza unica, fatta di note delicate o talvolta graffianti, un canto dalle suggestioni teatrali, pianissimo ai limiti del silenzio e silenzi nitidi come suoni, il tutto per mano di un Maestro del quale auspichiamo un prossimo ritorno in Italia.