TOGLIATTI MON AMOUR @ Teatro Studio Uno: intervista a Carlotta Piraino

Dopo STUDIO PER UNO SPETTACOLO DIVERTENTE SULL'ANORESSIA torna in scena al teatro Studio uno con TOGLIATTI MON AMOUR dal 14 al 17 novembre 2019, affrontando un altro tema delicato, la prostituzione, ma da un punto di vista assolutamente inatteso, quello dei clienti. Abbiamo raggiunto Carlotta Piraino, autrice e regista dello spettacolo per saperne di più! 

Com’ è nata l’ispirazione per questo spettacolo?
L’ispirazione è nata dalla biografia. Vivo da qualche anno molto vicina a via Palmiro Togliatti, che è una delle arterie maggiori della prostituzione stradale nella nostra città. Mi capita spesso di attraversarla e quando torno a casa la sera mi ritrovo a girare un po’ per cercare parcheggio nelle vicinanze. Tra l’altro non l’ho mai parcheggiata sulla Togliatti, perchè…? Sebbene il mio portone sia a 20 passi da questo stradone, la macchina lì non ce la lascio. Credo che faccia parte di quello che ti sto per dire.
Dopo un po’ ti accorgi che all’angolo della strada c’è sempre la stessa prostituta, diventa una specie di vicina, ti verrebbe anche di salutarla, ma poi non lo fai, perchè ti fa paura. Mi è capitato ovviamente di vedere macchine fermarsi e intercettare discorsi, in quei casi cerchi di ascoltare ma ti viene spontaneo abbassare lo sguardo, girarlo altrove, far finta che quella cosa non esista. 
Io credo che è quello che facciamo un po’ tutti, o molti di noi, sai che quella cosa che non ti piace esiste ma fai finta che non c’è. E’ un’umanità che ci respira accanto, tanta umanità, ma è anche in un mondo separato, anche quando ce l’hai vicinissimo. Fa parte di quelle cose che sappiamo che ci sono ma su cui tendiamo a chiudere gli occhi.
Quindi l’ispirazione è nata da qui. Dal cominciare a tirare sù lo sguardo e osservare il mondo che mi circondava, senza voltarmi dall’altra parte.
Volevo scrivere uno spettacolo che parlasse di questo ma non sapevo assolutamente da che parte cominciare. 

Ancora una volta uno spettacolo a tematica femminile…
Io ho sempre lavorato su tematiche femminili, ma mi sembrava che in questo caso la parte delle donne prostitute fosse imprescindibile da quella dei clienti. Le prostitute stanno lì e sono così tante perchè la domanda è tanta. E allora chi è che ci va? C’è tanta letteratura sulla figura della prostituta. Viene definito il “mestiere più antico del mondo” e quindi è stata studiata e manipolata in mille modi. Sugli uomini c’è pochissimo perchè in qualche modo si dà per scontato che gli uomini abbiano bisogno delle prostitute. Passa un po’ come bisogno fisiologico, no? Io credo che sia eminentemente culturale. Ma questa resta una mia personalissima opinione.

spottedDiverse riflessioni dello spettacolo muovono dal blog “Spotted Togliatti”che raccoglie le testimonianze dei clienti delle prostitute di Via Togliatti.
Come sei arrivata a questo blog così particolare?

Ho scoperto Spotted Togliatti per caso, mentre perdevo tempo su internet. Mi ricordo ancora il post che lessi su facebook “8 Marzo tutti a trans!”. Lì per lì mi misi a ridere, poi scoprii un mondo assolutamente incredibile, di cui ignoravo l’esistenza, un blog molto singolare dove scrivevano, in rigoroso anonimato, i clienti delle prostitute. E non clienti qualsiasi, proprio clienti di quelle prostitute puntate (Spotted!) sulla Togliatti! Nonostante il cliente sia un inquieto cacciatore, pronto a spostarsi per riempire la sua noia, ciò che caratterizza questo blog è una grande romanità. Magari non vanno solo sulla Togliatti, si spostano anche nelle periferie, ma è tutta gente che va principalmente per la strada, nelle periferie romane. Quindi slang dialettale, atteggiamenti da cultura romana, di cui uno in particolare mi colpisce: “non ce ne frega un cazzo della vita”, questa è Roma. Una certa Roma, almeno. E come si può desumere il linguaggio è piuttosto colorito e abbastanza volgare.

C’è una specie di rivendicazione del disagio, una bandiera sotto la quale ci si ritrova tutti. Tra tutti questi uomini anonimi, mi sono accorta che uno scriveva meglio degli altri. Non solo meglio a livello formale, ma anche il suo pensiero era diverso, meno farneticante, più lucido, ogni tanto si aprivano smagliature di pensiero, contraddizioni, una diversa consapevolezza.Non è difficile contattare Spotted come ormai su internet non è molto difficile contattare qualcuno. Allora gli ho scritto. E mi hanno risposto subito. Mi hanno rilasciato un paio di interviste scritte come questa e poi mi hanno messo in contatto con questo cliente, il cui nickname è Furgonaro.

..Che salirà con te sul palco e racconterà la sua esperienza personale, restando nell’anonimato (siamo curiosi di vedere come sarà realizzato).
Come hai maturato questa scelta? 

La decisione di mettermelo accanto in scena è nata per gradi. In qualche modo, dopo che ci siamo incontrati, qualcosa dentro di me è cambiato, perché è stato un incontro abbastanza disarmato e dopo quell’incontro è continuata una forma di scambio. Volevo raccontare quello che mi aveva detto e mi sembrava molto finto che ci fosse un attore ad interpretarlo. Avremmo dovuto falsificare molto la sincerità di questo incontro, che invece mi sembrava la cosa  sostanziale. Allora ho pensato…con una bella confusione in testa devo dire…ma se ci fosse lui a raccontarlo? Sarebbe possibile? Così, semplicemente, gliel’ho chiesto.
E lui, inaspettatamente, mi ha detto di sì.

Al di là delle esigenze di riservatezza dell’interessato, ci sembra di scorgere una certa attenzione in questo lavoro alla “anonimizzazione” delle voci narranti: perché questa scelta? Quali riflessioni hai fatto intorno all’anonimato?
Allora il problema, vista l’urgenza dell’anonimato, è stato: come fare se questa persona deve essere anonima? Quindi è diventato anche un lavoro formale, che ti dà anche grossi stimoli, perchè devi inventarti dei modi per rendere qualcuno presente senza mostrarlo.
All’inizio mi chiedevo a volte se fossi pazza (e me lo chiedevano anche gli attori a me vicini) ma devo dire che lavorare col Furgonaro è stato più semplice di quanto sembrasse. Più che semplice, direi voluto da entrambi, quindi abbiamo trovato dei modi per farlo. Lui non racconta solo la sua storia, è in parte artefice del testo, perché le cose che dice le ha scritte e pensate lui. C’è poi un mio monologo, che è un suo racconto di Spotted.
La questione dell’anonimato come suggerisci bene, non riguarda solo la persona specifica, che forse avrebbe pure voglia di uscirne…ti dirò. Ma attiene a ciò di cui parlavamo prima, riguarda cioè questa parte di umanità che è meglio non vedere, non sapere chi sia, non conoscere, perché è scomoda, perchè non è edificante, perché fa parte dello scarto della nostra società.

Nella creazione dello spettacolo e nella raccolta delle esperienze reali, è stato difficile per te come Donna affrontare questi racconti, selezionare e scartare le testimonianze?
Il fatto che io sia una donna, non è una cosa trascurabile, credo. Comunque lo spot in questo caso ce l’ho io, sono io che sono andata a illuminare con la torcia qualcosa, che ho iniziato a fare domande e questo necessariamente entra a far parte della relazione.
Per me è stato interessante, perché è stato un modo di investigare un certo tipo di mondo maschile, che un po’ per appartenenza culturale, ma un po’ anche di genere, non conosco.
Cercando il più possibile di mettere da parte i giudizi, ho cercato di capire l’altro. Che in questo caso è molto altro. Io e il Furgonaro siamo due alieni l’uno per l’altro, questo in scena lo diciamo spesso. In fondo lo spettacolo è tutto su questo accorciare per un momento una distanza, abbattere un po’ di muri. Siamo alieni per genere, per modo di vivere la sessualità e i rapporti, per provenienza culturale, per grado di istruzione, anche.  Eppure tolte tutte queste cose che stanno sopra, ti accorgi che magari in fondo, la distanza è molto minore. E scopri che anche gli uomini hanno dei bisogni affettivi, di relazione, di accudimento, anche quelli che per contesto di appartenenza, magari non lo possono mostrare.

Quale sensibilità maschile hai percepito?
Qui si apre un discorso molto interessante per me. Gli uomini che parlano tra di loro, sono diversi dagli uomini che parlano con una donna. Quello stesso uomo che magari si diverte in gruppo, secondo una condivisa etichetta goliardica, magari se parla da solo con te racconta quelle stesse cose in molto diverso. Non so se l’una parte sia più vera dell’altra, forse sono paritariamente vere. Siamo complessi e contraddittori, fatti di tante cose. Certo è che esiste anche un “dover essere” del maschile, che secondo me c’entra con questo lavoro. Un doversi mostrare maschi, predatori da una parte, dall’altra un non essere all’altezza o non sentirsi all’altezza di questo ruolo. Io credo che a volte sia molto pesante anche essere uomini. Questa sicuramente è una cosa che mi porto a casa da questo viaggio.

Cosa ti ha messo più a dura prova?
A volte è dura relazionarmi con la goliardia maschile perchè non la capisco e il più delle volte mi infastidisce. Ma questo spettacolo parte soprattutto dall’incontro con il Furgonaro, questo è ciò che raccontiamo. In questo non è stato così duro, perché un po’ di muri li abbiamo buttati giù e siamo riusciti a guardarci molto in faccia. Abbiamo cercato di avvicinare due mondi molto distanti e come succede negli incontri che funzionano ci incontra un po’ a metà strada: io sono andata un po’ verso di lui e lui un po’ è venuto verso di me. E questo credo che abbia fatto bene ad entrambi.
Il Furgonaro poi mi ha fatto parlare con una ragazza che si prostituisce nella periferia di Roma Est, ben oltre la Togliatti, una di cui è cliente abituale e che ha accettato di incontrarmi. Forse lì è stata più dura sai. Perchè una donna è una cosa diversa. Ti capisci meglio, sai di cosa parli e ti immedesimi molto di più. È stato un grande regalo per me passarci qualche ora. Mi ha detto molte cose con una grande generosità e anche simpatia. Mi ha un po’ spaccato in due, anche. Aveva detto al Furgonaro che per parlare con me avrebbe voluto dei soldi se ci fossimo viste fuori dall’orario di lavoro, poi è finita che non solo non ha voluto niente ma mi ha offerto una coca cola. Lei è nello spettacolo attraverso di me. Nel senso che quello che mi ha detto è diventato un monologo che vedrete in questo lavoro. E anche se si parla di uomini io credo che questo lavoro le vada in gran parte dedicato.

C'è un messaggio preciso che speri passi al pubblico attraverso il tuo spettacolo? Una domanda che pensi potrebbe restare in testa allo spettatore?
No, non credo di voler lasciare un messaggio. Forse più che una domanda, credo che questo spettacolo ne sollevi molte che chissà se hanno una risposta. Ma è sempre meglio aprire domande che dare risposte, credo. Forse ciò che mostriamo è che la realtà è molto complessa ed è difficile che le cose siano bianche o nere. Questo è probabilmente un approccio che mi sta molto a cuore. Non sopporto le cose facili, i giudizi trancianti dati alla svelta, credo che la realtà sia complessa e che per capirla bisognerebbe cercare di comprenderla il più possibile tutta.

Domenica ci sarà la puntata pilota delle videointerviste del progetto “Trasudiamo disagio” che hai ideato. Che rapporto c'è con lo spettacolo che vedremo da giovedì a sabato e in cosa consiste e come si svilupperà il progetto?
Il progetto “Trasudiamo Disagio” è una cosa separata dallo spettacolo, anche se collegata ad esso. Non ha dato ispirazione allo spettacolo. Lo spettacolo parla del mio incontro con Furgonaro ed è nato lavorando insieme a lui.

"Trasudiamo disagio” è uno degli slogan del blog “Spotted Togliatti”, e diciamo che al momento è un nome provvisorio. E’ nato perchè quando ho incontrato per la prima volta il Furgonaro ero da sola e ho girato un video amatoriale con il mio computer. Per rispettare il suo anonimato, d’accordo con lui, ho girato un selfie in cui riprendevo solo me. La sua voce così entrava nell’audio ma lui non si vedeva mai. Ho fatto vedere questo video a un amico montatore e videomaker, Marco Rizzari, e mi ha detto che era una cosa potente. Allora abbiamo pensato a creare una puntata pilota, intervistando nuovamente il Furgonaro con mezzi professionali. In quell’occasione abbiamo parlato liberamente di nuovo per una paio d’ore, credo (ma rispetto alla prima intervista  un po’ ci conoscevamo) e abbiamo lavorato sull’idea di un format di video-interviste ai clienti che scrivono su Spotted. L’idea è di realizzarne altre intervistando altri personaggi. Si entra un po’ nelle loro vite, nelle loro biografie, sempre rispettandone l’anonimato che diventa ora controluce nell’immagine, ora corpo senza testa, con una bellissima fotografia e un sapiente montaggio. Marco è stato bravissimo. Credo che finito lo spettacolo inizieremo l’intervista a un altro personaggio di Spotted, tale “King della Savana” (in quanto va principalmente con le donne africane). Navighiamo a vista, al momento non so dove tutto questo ci porterà. 

Prima l’anoressia, poi la Prostituzione. Quale altro tabù sociale metterai a nudo nel prossimo spettacolo?
Bella domanda! Alla quale al momento non so rispondere. L’anoressia è parte di una biografia personale, investigarla è stata un po’ una necessità personale. Ma poi ho scritto tutti spettacoli che potremmo definire su temi scomodi: manicomio (I quaderni di Lia Traverso n.d.r.), nazismo (Golden He n.d.r.), aborto (“Strappi” n.d.r.). Diciamo che mi piace lavorare su qualcosa che non capisco per capirlo meglio e sempre da un punto di vista non scontato.Il lavoro sul nazismo, ad esempio, era un lavoro sull’identità, cosa vuol dire essere ebreo, essere nazista? Alla fine parla sempre di due personaggi molto distanti, un’ebrea nazista e un nazista travestito da donna che partecipano alle Olimpiadi del ‘36 e che per un momento si incontrano.
Dell’aborto all’epoca avevo lavorato partendo dall’intervista a una dottoressa abortista da 30 anni che da 10 va in analisi, perchè fare tanti aborti -nel contesto italiano poi, dove la scelta dell’obiezione per molti medici è spesso strategica- non è che faccia benissimo a chi se li deve accollare tutti, visto che gli altri non li fanno.
Mi piace parlare di quello che mi sembra meriti di essere guardato e che magari non si guarda tanto.

Cosa ti suggeriscono?
Alcuni mi dicono…devi scrivere uno spettacolo sulla maternità!
Perchè la cosa bella di tutto questo è che poco dopo aver incontrato il Furgonaro ed esserci messi a lavorare insieme, mi sono accorta di essere rimasta incinta del mio compagno. Quindi farò lo spettacolo ma sul palco saremo in due! Anzi tre! Sai è come un boomerang, essere sul palco a portare uno spettacolo sulla prostituzione con una pancia di sei mesi è come esibire un’altra possibilità della sessualità diametralmente opposta a quella di cui si parla. Ma questo è del tutto casuale. O forse no. Ma non ci sono particolari significati nascosti. E’ semplicemente la vita, che invece, nel suo avanzare, è molto più semplice dei nostri mille problemi.

Ringraziamo Carlotta Piraino per le risposte e vi invitiamo a seguire TOGLIATTI MON AMOUR in scena al Teatro Studio Uno dal 14 al 17 novembre!

TOGLIATTI MON AMOUR
di Carlotta Piraino
con Carlotta Piraino Furgonaro
regia e disegno luci Carlotta Piraino
disegno audio Massimo Di Rollo
movimento scenico Lisa Rosamilia
video Marco Rizzari
Phr. Luisa Fabriziani

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