RISORGI: Intervista a DUCCIO CAMERINI in scena con RISORGI fino al 6 dicembre al Teatro Lo Spazio

Al Teatro Lo Spazio va in scena Duccio Camerini con lo spettacolo RISORGI, fino al 6 dicembre (vedi la nostra recensione): al termine della rappresentazione gli rubiamo qualche minuto per una breve intervista…

Rosella Matassa (R.M.): Visto che lo spettacolo si conclude attorno alla parola “tentativo” nel monologo finale di Mongo, che tentativo compie chi propone uno spettacolo teatrale?
Duccio Camerini (DC): Di questi tempi? Io direi che cerca di dare non tanto un senso, perché così vorrebbe dire dover necessariamente dire la propria – dare è un verbo e secondo me non è il caso- ma che cerca di mettere ordine nella sua testa e sopportare di più il mondo. È un tentativo personale, ma non solo per chi scrive, anche per lo spettatore che poi guarda lo spettacolo. Ognuno fa il suo tentativo per rendere più digeribile il mondo.

R.M.: In questo caso qualcuno “risorge”?
D.C.: Beh, nel finale Sergetto si allontana. Certo, Sergetto è una persona malata, forse non ce la farà, come gli dice il suo padre-padrone cattivo. Forse invece ce la farà. Non si sa. Potrebbe essere.

R.M.: In qualche parte dello spettacolo mi è venuto in mente che potesse esserci qualche allusione di tipo politico. È così?
D.C.: C'è un'allusione ad una città che è diventata tremenda, invivibile, nella quale sono caduti tutti i valori e dove c'è qualcosa di molto difficile da tollerare ogni giorno. L'allusione è a questo: protestiamo contro la bruttezza dalla quale siamo circondati.

R.M.:Un'ultima cosa. Ho visto in primavera “La donna fine del mondo”al Teatro Tor Bella Monaca e sia in quello spettacolo che in questo c'è una interessante musica dal vivo. Che ruolo ha questa musica dal vivo nelle sue messe in scena?
D.C.: L'ho fatto diverse volte, anche in un “Edipo” proprio con Ciro c'era musica rock fatta da tre musicisti. Non prevedo sempre musica dal vivo, ma a volte la sento necessaria. Qui sentivo proprio che la musica doveva essere il decimo personaggio in scena. È una cosa che mi piace, ma che dipende dal tipo di progetto che si segue.

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