IL TERZO REICH di Castellucci: distruzione e ricostruzione

Visto per la prima volta al Santarcangelo Festival 2021 in Romagna e successivamente riproposto anche al CAN.GO di Firenze, IL TERZO REICH è l’ultimo lavoro firmato Romeo Castellucci che sfida il pubblico in una commistione di teatro e performance, danza contemporanea e nuove tecnologie. Quasi impossibile fornirne una vera e propria recensione ma la rappresentazione cui assistiamo non ci trattiene da una riflessione su ragioni ed effetti di questo (s)travolgente lavoro.

A cura di Leonardo Favilli e Susanna Pietrosanti

IL TERZO REICH: la performance

IL TERZO REICH, Romeo Castellucci, foto Lorenza Daverio

In una fitta penombra alla quale l’occhio impiega qualche minuto per abituarsi, fa il suo ingresso in scena Gloria Dorliguzzo completamente mimetizzata nell’oscurità dove inizia a muoversi con l’agilità di un gatto definendo geometrie regolari nello spazio scenico pressoché vuoto. Neanche la candela che si accende riesce a rompere il buio. Unici oggetti che col tempo iniziano a prendere forma nel nostro occhio sono delle ossa e una colonna vertebrale, con i quali la danzatrice e coreografa inizia a giocare, modificandone orientamento e posizione. La musica, curata nell’intera rappresentazione da Scott Gibbons, storico collaboratore di Castellucci, ci rammenta un culto misterico, quasi primordiale. L’atmosfera resta sospesa fino al punto di rottura, alla cesura improvvisa, quella colonna vertebrale spezzata senza pietà dalla donna e dalla quale sembra scaturire la performance. Sullo schermo di fondo una psichedelica proiezione ad altissima frequenza delle voci contenute nel dizionario italiano viene accompagnata da musiche martellanti e risonanti (alcuni spettatori decidono anche di abbandonare anzi tempo la platea). L’effetto è uno stress psicofisico tanto liberatorio quanto sconfortante, una rappresentazione del presente che ci viene letteralmente schiaffata in faccia. 40 minuti di straniamento che non lasciano scampo.

IL TERZO REICH, Romeo Castellucci

IL TERZO REICH: gli ingredienti del lavoro di ROMEO Castellucci

Molti i fasci di senso che si incrociano in un lavoro come quello che Romeo Castellucci ci offre ne IL TERZO REICH. Il pubblico disturbato e stranito, si interroga all’uscita sul primo di essi: si tratta di teatro? Si tratta effettivamente di performance? Se non succede niente, se non ci sono attori in scena, se non c’è fabula, allora – è teatro? In contemporaneità, però, il concetto di presenza scenica nelle arti performative è generalmente inteso, ormai, come la capacità della performance di catturare l’attenzione del pubblico, una qualità propria dell’artista, che occupa una posizione di potere rispetto allo spettatore. In questa accezione, poche volte una performance è stata più presente: incisiva, lesiva, disturbante. Del resto, volendo storicizzare, da subito la performance è stata un discorso multitematico che assemblava le arti visive, il teatro, la danza, la musica, la poesia, in un mosaico dove la ritualità primitiva e il viaggio sciamanico determinavano una ricreata interazione tra artista e spettatore, interrompendo il compiacimento abituale della forma tradizionale attraverso la proposizione di una rete di nuovi segni, facilmente riconoscibili e, allo stesso tempo, fortemente alterativi e del tutto sperimentali alla normale quotidianità culturale dello spettatore. Come negare la presenza di tutti questi elementi, in questo breve e terribile momento di emozione? Uniti dall’alto, e ormai tipicissimo stile di Castellucci, sono tutti presenti: la visività, chiave di volta dell’opera, gli effetti sensoriali, la ritualità lacerata e misteriosa, il viaggio interiore, il disturbo, il colpo di bisturi del cambiamento. The artist is present, certo, e se non l’artista, l’arte in sé: tanto forte è l’immateriale capacità dell’arte.

Lo svuotamento del linguaggio ne IL TERZO REICH

Secondariamente, il linguaggio: il mare di parole. La tesi di Klemperer, all’opera del quale è ispirata la performance, balza con evidenza violenta dal bombardamento a cui è sottoposto il pubblico, che vede scorrere sullo schermo nero quasi la totalità dei lemmi della lingua italiana, e ne resta frastornato, combatte per serbarne il senso e la memoria, cede, poi, lascia che si svuotino, che diventino segni di cenere, che, “nelle foglie lievi” si perda “la sentenza di Sibilla”, profetizzava Dante. Non è questa la prima performance in cui si analizza la stortura, l’oppressione, la violenza che il potere opera tramite il linguaggio impedito o modificato. Ne deriva un silenzio, assenza di parola imposta dai dominatori che possono però servirsi anche di sistemi linguistici di dominio, della brutalità della propaganda e degli slogan, o peggio, della lingua comune, quotidiana, giornaliera, svilendola e rendendola strumento. L’affluire delle parole nella performance di Castellucci, da un lato denuncia lo spreco mercificato e il pericolo del linguaggio, dall’altro si pone come un groviglio di radici non ignorabili: le nostre. Da questo flusso nasciamo, come humanitas. Forse è arrivato il momento di distruggere il passato e da queste spoglie friabili ritrovare, o ricostruire, il linguaggio: la cui forza formativa, e performativa, è e resta indiscutibile.  

Il TERZO REICH, la colonna vertebrale spezzata

Ne IL TERZO REICH il linguaggio perde la sua ossatura portante

Queste spoglie friabili Gloria Dorliguzzo oscura e furtiva nella profonda penombra le lascia sul campo dopo la sua apertura violenta. Quella colonna vertebrale che fino a poco prima era unico elemento visibile col suo candore, ossatura portante dello spazio scenico, cede al gesto improvviso, perentorio, repentino. Restano solo due monconi abbandonati oramai incapaci di sostenere alcunché in una fratturazione insanabile che lascia stupefatti per la violenza ingiustificata dell’atto. Un’azione che non lascia spazio alla reazione, paradigma dell’accidia pervasiva che lascia fruttificare nelle fratture il seme dell’indifferenza e della manipolazione intellettuale. Un fenomeno di propaganda strisciante degno di quel regime che il titolo della performance richiama apertamente.

La ricetta di ROMEO Castellucci: ripartire dagli assiomi

Ci scopriamo parte di una generazione che possiede tanti mezzi di comunicazione quanti mai prima d’ora nella storia dell’uomo ma con una capacità di contrarre il linguaggio a tal punto da svuotarlo. Resta solo la forma, struttura che si sfalda, tweet dopo tweet, post dopo post, per diventare in ultima istanza magma di impulsi visivi, travolgente e inarrestabile. In una società dove la necessità di fast-opinion semplifica e radicalizza ogni ragionamento, intraprendendo sentieri della logica tanto sconosciuti quanto improbabili, è urgente riscoprire quella indiscutibile forza del linguaggio. Ma trama e ordito necessitano di una nuova tessitura, nuove interconnessioni da cui ricostruire lo scheletro. Ne IL TERZO REICH Romeo Castellucci ancora una volta riesce a violentare la nostra inconsapevolezza, a strappare un cielo di carta in un’epifania pervasiva che non è semplice catarsi. La purificazione non può essere, infatti, cancellazione dei corollari, ritorno all’Arcadia, risaldatura posticcia di due desolati monconi, ma ridefinizione degli assiomi.

Visto a Santarcangelo Festival il 15 luglio 2021 e a CAN.GO il 18 marzo 2022

IL TERZO REICH

di Romeo Castellucci
suoni Scott Gibbons
coreografia Gloria Dorliguzzo
interpretazione Gloria Dorliguzzo
realizzazione videoLuca Mattei in collaborazione con Giulia Colla
consulenza informatica Alessandro Colla
produzione Societas

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