Talvolta quel confine invisibile fra il palco e lo spettatore che ci si aspetta andando a teatro sparisce, come per magia. Non in un modo banale, da cabaret, ma nel modo più caldo e accogliente. Come di parenti affettuosi che, aprendo l’uscio, ti invitino ad ascoltare le storie dei nonni, le storie della guerra, la Grande Guerra, quella del ’15-’18, probabilmente la più sanguinosa della Storia.
Assistendo allo spettacolo, a cura del Circolo Gianni Bosio e con il gruppo L’Albero della Libertà, si ha l’impressione di ritrovarsi a casa, fra amici e parenti, ad ascoltare i racconti come se fossero di prima mano. Magari da un bisnonno che umile e analfabeta all’epoca dei fatti, sappia raccontare con lucidità quanto sia assurda la guerra, il venire chiamati un bel giorno, ancora ragazzi, per essere mandati su un fronte lontanissimo a uccidere i propri coetanei, senza una ragione comprensibile.
E’ proprio il buon senso degli ultimi che si esprime nel modo cui spesso il popolo è ricorso per farsi sentire nel modo più forte, o spesso l’unico che avesse: la canzone. Le canzoni raccolte ed eseguite da L’albero della Libertà sono una selezione di brani della prima metà del ‘900 , di cui alcune con radici probabilmente più antiche, con qualche inserzione d’autore (Trilussa, De André, Vian). I brani popolari sono per lo più oggi poco conosciuti, ma la loro forza e attualità sono sorprendenti. Da canzoni come O mamma traditora, Addio padre e madre addio (da un verso della quale è tratto il titolo dello spettacolo), Fuoco e mitragliatrici emerge una saggezza semplice, una vena rivoluzionaria (più o meno inconsapevole), talvolta un’ironia sottilissima.
Le canzoni sono unite dal filo rosso di un racconto tratto da Terra matta, il fluviale diario del reduce Vincenzo Rabito, un manoscritto ostico da leggere (proprio perché sofferto e monumentale lavoro di un analfabeta) ma incredibilmente forte e appassionante per chi lo ascolta, recitato in questo spettacolo dal bravo cantastorie Mauro Geraci. La proposta musicale, seppur non priva di qualche difetto, talvolta di qualche ingenuità, trasuda una grandissima passione ed immedesimazione nelle tematiche da parte degli esecutori, oltre a una grande cura, filologica innanzitutto, nella scelta dei brani. Ottimo inoltre, l’”incastro” tematico dei brani con il racconto di Rabito, che rende lo spettacolo omogeneo e ben equilibrato.
Lo spettacolo, in definitiva è una straordinaria testimonianza contro la guerra, attraverso le parole di chi ne ha vissuto tutta l’assurdità. Parole che non potranno più essere di prima mano, ma che non perderanno la loro forza, se raccontate con il rispetto e la passione del Circolo Gianni Bosio, de L’albero della Libertà e di Mauro Geraci.
Maledetti italiani che la guerra l’avete voluta è uno spettacolo a cura del Circolo Gianni Bosio, che si inserisce nell’iniziativa Calendario Civile (di cui uno dei frutti è il libro edito da Donzelli) e il cui prossimo appuntamento, sempre al Teatro Vascello, sarà il 4 Dicembre con Rogo della Thyssenkrupp a Torino – Le vite operaie contano.
L’albero della Libertà è composto da Sara Modigliani (voce), Gabriele Modigliani (chitarra), Stefano Pogelli (mandolino, mandola, concertina, flauto), Gavina Saba (chitarra, ukulele, voce), Livia Tedeschini Lalli (voce), Laura Zanacchi (voce).