LUCIO INCONTRA LUCIO @ Teatro Ghione: rievocazione romanzata di un incontro tra musica e fettuccine

Il Teatro Ghione sforna ogni settimana calde bontà, questa volta in musica guarnita da parole o forse viceversa. Non importa. E' come stare davanti la fiamma di un vecchio forno. Il fuoco arde e scalda il viso e l'anima. Fuori e dentro senza clemenza. Emozioni... per dirla come uno dei due Lucio… La regia è di un camaleontico Sebastiano Somma che è anche l'interprete dello spettacolo. La scrittura è di Liberato Santarpino. Ci sono musicisti e voci di grosso calibro.

Lucio incontra Lucio è (ci piace pensare), la trasposizione teatrale di quello che probabilmente sarebbe avvenuto se, in quel ristorante davanti quel piatto di fettuccine, Battisti avesse condiviso l'idea di Dalla: un lavoro a due mani. Magnifico. Avrebbero proposto i loro brani a ritmo alternato o forse avrebbero scritto qualche brano nuovo che oggi potremmo annoverare tra i graffiti della musica italiana? Ma Battisti era già dentro le sue fettuccine e quel noto periodo di sperimentazione post Mogol, e poi si era già fatto distante da quell'odioso clamore che suscitavano le sue interviste e già lasciava parlare la sua musica come l'ambasciatore più degno del suo pensiero. I due si lasciarono senza promesse ma con un'enorme stima reciproca. Battisti in realtà qualcosa lasciò a Dalla: “il conto da pagare”. La storia era arrivata tardi, il caso non aveva affilato le sue armi. Per una volta si era voltato. Quell'incontro doveva accadere prima. Neanche Apollo si era impegnato a dovere, proprio lui che dopo quel periodo di conflitto mondiale che aveva martoriato il nostro bel paese, aveva tra le tante, dato alla luce e a distanza di dodici ore i due Lucio: 4 e 5 marzo 1943. Compromesso (quello di chiamarli allo stesso modo) della divinità insito di promesse e speranza. Non è la sola cosa che accomuna i due giganti e questo stimola la fantasia dell'autore e del visionario regista.

Lo spettacolo è godibile ed è prosa, è musica. Niente prevarica l'altra forma d'arte in una ricetta ben dosata da Somma che dirige la raffinata partitura di parole e note. E' un'occasione da non mancare per scoprire la genesi di tanti brani ai quali siamo affettivamente legati. Gli aneddoti. Le paure e il coraggio di due immortali ma che sapevano di dover morire e lasciare in eredità il loro pensiero puro.

E' un'occasione da non mancare per scoprire le difficoltà dell'artista come figura generica. La fatica profusa per esprimere quello che qualcuno o qualcosa gli ha messo dentro: instillato come una goccia e un bene da custodire e rappresentare al mondo annerito dalla guerra. Lo spettatore scoprirà che Lucio D. è stato un bambino prodigio e un poco stravagante, che suonava male, anzi malissimo il suo clarinetto. Sapremo di quella chitarra spaccata in testa dal padre di Lucio B. Quel padre che lo voleva in IBM. Poi i riflettori della pièce tornano sull'incontro tra Dalla e Paoli. Uno di quegli incontri che cambiano la vita e qui, nella specie, la storia. Anche la nostra: di chi vive e ascolta.

Somma ci porta in vacanza con la sua voce avvolgente e con le immagini che si profilano davanti e sullo sfondo della scena e raccontano nettamente e insieme poeticamente, il grande amore di Dalla per quell'immensa distesa di acqua nota a tutti come mare al quale dedica una delle sue migliori poesie in musica. Quel mare profondo e quei pesci che sono per lui iniziazione di vita. Poi c'è la maturità di Lucio B. quando decide che anche il silenzio ha una funzione di racconto. C'è l'ultimo Battisti, quello intellettuale e ricercato: quello che divorzia da Giulio. Si dice e si scopre che la musica contiene già le parole e i Lucio hanno, come minatori di mestiere, solo il compito si cavarle in quel pertugio misterioso dove sono rimaste. Lucio versus Lucio. Lo spettacolo è una cavalcata schietta ed emozionale nelle vite dei due artisti e in quella unica della musica.

Padrone di casa impeccabile è Sebastiano Somma, interprete sensibile dei due Lucio della storia: canta, strizza l'occhio al pubblico. Attore di razza. Un mattatore del palco che dimostra una crescita e maturità artistica. Chi vi scrive l'ha già apprezzato in lavori colti e impegnati di Miller e Sciascia, oltre che sul piccolo e grande schermo. Qui suscita quella catalisi chimica dello spettatore rivolto al palco per l'intera durata dello spettacolo. Artista che sa emozionare e si emoziona durante e alla fine su quell'interminabile applauso del Ghione gonfio di mani.

Le luci sono avvolgenti, la scenografia ripropone frammenti di vita, idee stilizzate dei due artisti. Tutto è impreziosito dalle voci di Alina Scorza (che ci piace molto), Elsa Baldini, Paola Forleo, Francesco Curcio e dai musicisti: Sandro Dedda (sassofono), Guglielmo Guglielmi (pianoforte), Aldo Vigorito (contrabbasso), Giuseppe La Pusata (Batteria), Lorenzo Guastaterro (al più discreto degli strumenti come ci dice Somma: il vibrafono).

Spettacolo da vedere in scena fino al 24 febbraio al Teatro Ghione.

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