“La scrittura delle canzoni è una sorta di catarsi per me, un modo per liberarsi da sensazioni negative e da cattivi pensieri cristallizzandoli nella musica e, pertanto, esorcizzarli.” [lessness]
Talvolta per descrivere un lavoro, che sia teatrale, cinematografico, musicale, chi scrive ricorre all’ escamotage, più o meno malizioso, dell’analogia. Per una reale difficoltà nell’incasellare in una categoria il prodotto da recensire o semplicemente per una descrizione più veloce o efficace, lo si paragona a questo o quell’artista, album o uscita precedente e conosciuta a tutti. Altre volte però le suggestioni che un lavoro ci trasmette possono essere descritte come le parti che fanno il tutto. Se siano poi effettive influenze, consapevoli o inconsapevoli dell’artista, poco importa, se alla fine contribuiscono alla riuscita di un progetto, secondo il parere di un recensore fra tanti.
È il caso di The Night Has Gone To War di [lessness] (scritto così, con le parentesi quadre), uscito il 20 ottobre, che riesce nel mettere insieme una serie di suggestioni in un prodotto originale e equilibrato. La formula è quella dell’EP, le tracce sono sette, in inglese, ed il genere sfugge ad una classificazione: definito dall’etichetta come indie pop, dark, darkwave o synthwave, sin dalla prima traccia (Cwtch) ci ricorda un certo post-rock, scivolando quasi subito in un ritmo bossa, affatto forzato che, seppure in tonalità maggiore, non consola come certa lounge music, ma ci porta pienamente in un’atmosfera fredda, in accordo con le tematiche dell’album stesso.
Segue Where The Night Will Heal Our Pain, brano a partire dal quale le influenze new wave si fanno via via più evidenti. Tutti i brani, senza troppo concedere allo strumentale, hanno delle melodie cantate che risultano orecchiabili (come in Mala Leche e Torchlight) nonostante l’artista non sembri puntare su questo aspetto. Il punto di forza è infatti la base sonora: il prodotto ha un’ottima qualità nel missaggio e nella produzione, ma soprattutto nella scelta dei suoni, mai banali nel loro complesso, nonostante vi si incontrino talvolta singole sonorità fortemente riecheggianti gli ’80, il cui revival è oggi moda.
L’esordio di [lessness] da solista (dietro il particolare nome d’arte c’è Luigi Segnana, artista elettronico con alle spalle una notevole esperienza con il progetto Casa del Mirto) è solido, non privo di qualche piccola imperfezione (intonazione della voce talvolta precaria, pronuncia inglese che tradisce una provenienza non esattamente britannica, a voler fare i pignoli), ma nel complesso un ottimo prodotto. È evidente il coinvolgimento per l’ispirazione letteraria dell’artista (Samuel Beckett in primis, da un racconto del quale è preso anche il nome d’arte [lessness]) e la voglia, in un panorama congestionato (soprattutto per quello che riguarda l’elettronica), di fare musica veramente interessante. E il risultato centra pienamente quest’obiettivo, che forse al giorno d’oggi è l’unico che conti.