Dal 7 all’11 Marzo 2018, al Teatro Trastevere di Roma, Velia Viti ci ha raccontato la straordinaria e sofferente vita del “passerotto” della canzone francese Edith Piaf.
Il successo che caratterizzò gli ultimi anni di vita della cantautrice francese non la preservò da altre avversità e sofferenze che già da giovanissima aveva patito. L’autrice e regista Velia Viti, ci descrive la parte più nascosta della vita di Edith Piaf, il suo talento, le sue ossessioni, i suoi dolori.
Lo spettacolo ha fatto parte della rassegna Women in music che ha ospitato anche lo spettacolo LADY HOLIDAY MISSISSIPPI DRUNK, recensito a cura di Paola Brigaglia.
La scena si apre con due donne che ballano ad una festa (le due attrici Annamaria Jacopini e Cristina Pensiero): musica, drinks e chiacchiere da jet set. Sono in abiti da sera anni ‘30 e ballano musica dei giorni nostri . Poi la musica si interrompe e la donna vestita di nero, rimasta da sola, comincia a rivolgersi ad un'Edith Piaf immaginaria che sta seduta cercando di evocare con una seduta spiritica il suo amore perduto Marcel Serdan. La donna è la sua amica Momon conosciuta dai tempi della vita in strada.
Siamo nella casa di Edith Piaf dove si è appena conclusa la festa. In scena un tavolino con delle candele e dei manichini che, come si capirà in seguito, rappresentano la figlia morta in tenerissima età, il suo grande amore Marcel Serdan e la stessa Edith Piaf con il famoso vestito nero che indosserà in tutte le sue esibizioni, considerato da lei un porta fortuna. Momon si rivolge a Edith in maniera cruda, aggressiva, mettendola in guardia da tutte quelle persone che lei normalmente accoglie con generosità, soprattutto da Cocteau che ritiene essere un opportunista.
Cambio di luci e di espressione e la stessa attrice diventa l’amica Margherita, autrice di numerose sue canzoni, che con toni morbidi e gentili, ricorda di quando venne scoperta da Luis Lepleè, proprietario di un cabaret a Parigi ,mentre cantava in strada per mettere insieme qualche soldo; poi della sua rapida ascesa al successo che non è sufficiente però a cancellare la profonda e radicata tristezza dal cuore di Edith, che caratterizza la sua voce unica . Tristezza che solo il suo grande amore avrebbe potuto scardinare e trasformare in felicità, ma che invece finisce tragicamente: l’aereo che stava portando Marcel Serdan da lei si schiantò al suolo non lasciando scampo a nessuno.
Nella narrazione della vita della Piaf appare anche un ricordo del suo tempo passato: il periodo trascorso nella casa di tolleranza della zia (interpretata dall'attrice Cristina Pensiero) e della sua cecità momentanea dovuta ad una malattia curata male. In scena appare anche Marlen Dietrich che risponde al telefono di casa dimostrando grande confidenza con la Piaf ed infine la stessa attrice impersona Lei, Edith , nel suo vestito nero che simboleggia tutti gli angoli oscuri presenti nella vita della cantante: la nascita sul marciapiede, l'infanzia in un bordello, la cecità, le esibizioni in strada la morte della figlia e la necessità di prostituirsi per pagare il funerale e la perdita di un grande amore.
Una storia raccontata da tre angolazioni diverse, che intendono riabilitare i lati oscuri della sua vita, come artefici del grande talento e di quella magia appassionata e triste, caratteristica della voce di Edith Piaf.
Annamaria Jacopini interpreta con grande capacità di immedesimazione i tre personaggi e muta espressione, comportamento e tono della voce con grande maestria. Cristina Pensiero, anche lei duttile e istrionica, interpreta ruoli diversi: l’invitata alla festa, il benefattore, la zia maitresse e poi Marlene Dietrich. Una Marlene recitata con grande abilità, aiutata anche da un trucco e un costume di scena benfatto e accurato che la rendono estremamente somigliante alla cantante e attrice tedesca.
La scenografia è semplice, ma essenziale ed efficace: in scena i manichini ,che rappresentano tutti i personaggi importanti della vita della Piaf, dei quali durante il racconto si scopre l’identità, sono un’idea semplice, ma perfetta.
Uno spettacolo che, nel complesso riesce a rendere l’idea della breve vita della Piaf e del dolore che l’ha accompagnata con i suoi eccessi e le sue sfortunate vicissitudini. Un solo consistente rammarico per la parte musicale che ha previsto solo scarsi e brevissimi ascolti della straordinaria voce della Piaf, preferendo altro genere musicale non in armonia con lo spettacolo.
Info:
visto l'8 marzo 2018
La Petite Robe Noire
di Velia Viti e Annamaria Iacopini
Regia
Velia Viti
Con Annamaria Iacopini e Cristina Pensiero
Coreografie Cristina Pensiero
La voce di Jean Cocteau è di Sebastiano Colla
Teatro ed Edith Piaf
Sulla vita e sulle opere di Edith Piaf Gufetto ha recensito:
- ÉDITH PIAF – L’USIGNOLO NON CANTA PIÙ @OFF/OFF THEATRE: la sorprendente Melania Giglio incanta gli spettatori ( di Simone Romano – Gufetto – 04/12/2017)
- GRIDO D'AMORE -Edith Piaf @ Teatrodei conciatori:un piccolo fiore nato sul marciapiede (di Francesca Calisti – Gufetto – 12/01/2016)
- JE M’EN FOUS @ Teatro Arvalia: rinasce ancora Edith Piaf dopo cento anni (di Edoardo Genovesi – Gufetto – 24/12/2015)