LE DISSOLUTE ASSOLTE: Le donne del Don Giovanni @Parioli Theatre Club: semplice bordello o velato tribunale senza veli?

Lo scorso 22 novembre è andato in scena “Le dissolute assolte”, presso lo storico teatro capitolino Parioli Theatre Club, adibito per l’occasione, dal foyer al palcoscenico, a vero e proprio “bordello”. Ideato, scritto e diretto dal regista Luca Gaeta, che insieme a Marco Giustini erano le uniche figure maschili all’interno di un cast tutto al femminile, che cantava, suonava, recitava e soprattutto “intratteneva” il pubblico come in un reale bordello. Molto più di uno spettacolo teatrale, un percorso sensoriale a luci rosse, che invade gli spazi fuori dal palco come lava che fuoriesce dalla bocca del vulcano. Ho voluto indagare sulla tematica del Don Giovanni, tema affascinante e sempre attuale. Dopo aver assistito allo spettacolo, ho intervistato quindi il regista Luca Gaeta, che si è gentilmente offerto per rispondere alle mie curiosità.

Partendo dal titolo, perché “dissolute assolte” e da dove nasce l'idea dello spettacolo? 

Il nome dello spettacolo lo devo al sottotitolo dell'opera di Josè Saramago – Il Don Giovanni (o il dissoluto assolto) e visto che avevo la voglia di raccontare il "mito" dal punto di vista femminile, con gli occhi delle donne che aveva sedotto e abbandonato, mi è sembrato giusto e perfetto; anche per la natura "ossimorica" che è caratteristica di tutte queste donne. In una immaginaria Italia anni '50, una volta "svergognate", queste ragazze, scappano dai loro paesi dove questo fantomatico impresario/produttore teatrale prometteva parti in film o in spettacoli di varietà o teatro, ma solo per arrivare al suo scopo. Poi spariva, lasciando poche alternative alle ragazze, che una volta arrivate nella grande città, in questo caso Roma, entravano nelle famose case chiuse perché senza un'altra possibilità di lavoro. La figura del don Giovanni che ho inscenato è molto attuale (vedi il caso Weinstein o altri in Italia). Proprio per questo la figura di questo smaliziato seduttore è divenuta archetipica. Ho preferito lasciare il riferimento alto e letterario piuttosto che sporcarlo con l'attualità, ma il senso è il medesimo.

 

Definirebbe questo spettacolo più una denuncia del vissuto delle prostitute, con l'intento di spiegare al pubblico perché le protagoniste fanno quello che fanno o provocazione sfacciata al pubblico maschile? O altro ?

Non ho fini "moralistici" quando porto in scena uno spettacolo, mi piace raccontare alle persone il viaggio umano e filosofico delle scelte che si fanno, senza giudicare mai, senza mettermi mai da una parte, ma essere organico, vitale, e intimo. Attraversare le emozioni del personaggio più che fissarle. Inoltre ho immaginato l'immensità della figura femminile e il suo potere quasi "cristologico", queste donne che tramite il corpo redimono i peccati dell'uomo, gli ultimi che diventano mezzo di assoluzione. La grande provocazione è che queste donne vivono nell'accettazione taumaturgica del proprio essere.

 

Da quanto tempo va in scena lo spettacolo? Ha un format stabile o apporta periodicamente delle modifiche nel cast e nella sceneggiatura? 

Lo spettacolo fece il suo debutto in una manifestazione a tematica femminile nel dicembre del 2011. Il prossimo saranno quindi quasi otto anni di vita. E' un progetto che ha subito e subirà delle continue trasformazioni,enasce come spettacolo itinerante, l'abbiamo portato a teatro e nei vicoli stretti di piccoli paesi, in  grotte a 20 metri sottoterra, in sfarzosi e importanti palazzi rinascimentali, in locali underground e chissà che altro ancora. Mi piace il teatro immersivo, fuori dalle canoniche forme teatrali, cerco sempre nuove location e idee di messa in scena. Anche il cast è mutevole, con cambi e aggiunte di personaggi che scrivo ogni volta che scopro un'attrice che potrebbe far parte dello spettacolo. In fondo il don Giovanni ha sedotto, se volete contarle, in tutto: 640 in Italia + 231 in Germania + 100 in Francia + 91 in Turchia + 1003 in Spagna = 2065, parola di Leporello; quindi ho spazio ancora per alcune attrici. Ora sono 16, siamo quindi solo all'inizio. Ovviamente anche il copione ogni volta viene rinnovato e non vedrete mai lo stesso spettacolo. Ogni sera è differente.

-Perché la scelta di attrici che recitano in dialetto abruzzese?

La scelta è dovuta dal fatto che il don Giovanni ha esercitato il suo potere di seduzione in tutta Italia, in tutta Europa, infatti ad ogni attrice ho chiesto di spingere sulla loro lingua di origine, c'è una parte fatta con accento campano, una in ciociaro, una ragazza dell'est europeo e poi da altre zone d'Italia. Poi l'abruzzese è poco usato e quindi mi piaceva dare visibilità a qualcosa di poco frequentato nel cinema e nel teatro.

 

É stato complesso creare un feeling lavorativo con le attrici e metterle a proprio agio, dovendo recitare con abbigliamento succinto, linguaggio e atteggiamento estremamente provocatorio,  immagino fuori dalla propria  zona di comfort? 

E' complesso come ogni lavoro teatrale. Ho chiesto alle attrici di aderire a un qualcosa che fosse molto iconico, quasi una rock band, sganciarsi dall'idea tipica di una attrice di teatro ed entrare in un ruolo parallelo. Sono maschere, maschere nude, sono un nome in città – LE DISSOLUTE ASSOLTE – sono personaggi, c'è molto gioco, molta vanità femminile; così è diventato facile entrare nella loro "nudità" perché ho presentato un progetto lontano dalla volgarità e con un sacro rispetto per il corpo della donna prima che dell'attrice. La loro alchimia e gli anni insieme hanno fatto il resto. Credo che ci possiamo definire una vera e propria famiglia. Più un carrozzone felliniano, dove attori, sceneggiatori, direttori della fotografia erano gli stessi e diventavano parti di vita vera pure dopo il cinema o nel nostro caso il teatro. Credo poi che chi sceglie di fare teatro viva sempre fuori dalla zona di comfort. Reputo questa cosa essenziale.

 

Progetti per il futuro?

Ne avrei molti, un paio di riduzioni teatrali di romanzi, scrivere un monologo su Camille Claudel, distribuire alcuni spettacoli che ho prodotto, produrne di nuovi. 

Poi completare la sceneggiatura del mio primo film che è più di un anno che ho messo in cantiere. Chissà tra questi quale vedrà la luce per primo. Sono curioso anche io. Ovviamente, anche una serie tv sulle Dissolute non la vedrei male.

 

Noi di Gufetto facciamo un grande in bocca al lupo a questo artista, che con questa intervista ha condiviso con noi parte del suo vissuto, della sua cultura, del suo sentito e dei suoi sogni. Grazie.

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