Nel Teatro della Casa Circondariale di Sollicciano, è andata in scena la nuova produzione della compagnia di attori di diverse nazionalità, detenuti del carcere di Firenze, KAN YA MAKAN, per la regia di Elisa Taddei, da anni impegnata in questo interessante progetto di teatro sociale.
Intervista a cura di Michele D’Ambrosio e Leonardo Favilli
Ad attenderci all’entrata non ci sono insegne luminose o manifesti attaccati che annunciano lo spettacolo in corso o della stagione, ma le vecchie inferriate arrugginite e le guardie che ci controllano i documenti. Il foyer cede lo spazio ad un lungo corridoio all’aperto dove in lontananza scorgiamo le prigioni fino ad arrivare al luogo in cui si è svolto lo spettacolo. E’ un luogo spazioso con circa 300 posti, struttura degli anni 70. C’è un gran fermento dentro e un pubblico molto variegato: non sono le consuete facce viste nei vari teatri fiorentini.
All’apertura della grande tenda blu veniamo subito immersi in un’atmosfera orientale con drappi di una tinta rossa accesa che scendono verso il grande palco. Una ragazza con un bellissimo e sgargiante abito marocchino ci narra de Le Mille e una notte e della storia di Aladino, protagonista della famosa fiaba del mondo arabo. La ben nota storia è un mix tra diversi sentimenti umani quali: desiderio, amore, morte, avidità e sete di potere. Gli attori della Compagnia di Sollicciano, turnandosi nell’interpretare il protagonista, mettono in mostra come questi stessi sentimenti seppur molto diversi l’uno dall’altro possono ben convivere in ognuno di noi e regalano forti emozioni raccontandoci spezzoni del proprio passato: un padre violento e dedito all’alcool che ignora completamente i bisogni di un figlio e quella maledetta/benedetta voglia di rubare, che ci strappa persino un sorriso. La narrazione continua un po’ intrecciata, con diversi quadri che si affollano l’uno sull’altro, non sempre seguendo un preciso o immediato criterio logico: scelta registica o struttura a scatole cinesi proprie dei romanzi arabi. L’intreccio prosegue sempre nella alternanza tra bene e male, tra personaggi buoni, cattivi e disillusi e gli attori della compagnia in diverse occasioni, come ad esempio nel sensuale ballo con la principessa di cui si innamora Aladino, dimostrano un’ottima padronanza del corpo e del movimento. Scopriamo di avere davanti a noi non carcerati ma attori, pronti a farci ridere per le battute taglienti e ciniche sulla vita, sui luoghi nei quali vivono e sulla loro condizione.
La struttura dello spettacolo è propria di quella de le Mille e una notte: in ogni storia c’è ne un’altra così come le storie di tutti. Abbiamo apprezzato la scelta di utilizzare scenografia, musiche e costumi propri del mondo arabo, un mondo che oggi ci fa sempre più paura, un idioma linguistico che subito porta le nostre menti ad associazioni mentali quali ladrocinio, sporcizia e clandestinità, ma che in questo spettacolo ritroviamo abbracciato indissolubilmente a quello occidentale. Mai come in questa occasione gli occidentali e gli arabi sono solo degli attori che stanno provando a riscattarsi diventando così meri strumenti della funzione carceraria ovvero la rieducazione, contemplando come la forza del teatro riesca davvero ad abbattere cancelli e inferriate.
Trattandosi di uno spettacolo così particolare, ho avuto il piacere di porre alcune domande alla regista Elisa Taddei per capire cosa significa lavorare in questo contesto così diverso e lontano dalla nostra quotidianeità.
E’ dal 2004 che fai spettacoli in carcere, un’esperienza ormai consolidata: cosa ti spinge ancora a lavorare sempre qui?
Elisa Taddei: Sicuramente la passione. Senza cercare definizioni, amo il teatro che provoca dei cambiamenti, delle riflessioni in chi assiste e in chi lo fa; che attraverso la forma immaginifica del teatro guarda alla realtà e la osserva. L’idea è di cercare di restituire un nostro punto di vista su qualcosa, una questione urgente all’esterno, che ci tenga in contatto con l’esterno.
Nel corso degli anni hai proposto sempre spettacoli diversi per tematiche e scenografie. Come imposti il lavoro con i detenuti nel già difficile contesto e per di più con un elevato turn over di persone? Che obiettivi ti poni? Come nasce Krillteatro e la collaborazione con Murmuris?
E.T. Il lavoro si sviluppa sempre a partire da un testo (come quest’anno, non necessariamente teatrale). L’obiettivo ultimo rimane la realizzazione di uno spettacolo da presentare per primo agli studenti delle scuole superiori di Firenze (oramai da più di cinque anni gli studenti assistono in anteprima ai nostri lavori e da sette anni abbiamo una collaborazione stabile con il Liceo Artistico di Porta Romana), poi ai detenuti delle varie sezioni del carcere e per ultimo in serale al pubblico di esterni. KrillTeatro nasce nel 2009 con l’obiettivo preciso di fare e promuovere il Teatro all’interno della Casa Circondariale di Sollicciano; la collaborazione con Murmuris è inziata nel 2014, quando si chiese a loro la disponibilità a seguire la compagnia che sarebbe uscita per presentare lo spettacolo di allora al Teatro Cantiere Florida. Purtroppo all’ ultimo le autorizzazioni dei magistrati per alcuni degli attori detenuti non arrivarono e fu deciso di fare la replica all’interno del carcere. Murmuris si occupò della biglietteria e della promozione e da allora questa collaborazione è continuata.
Uno spettacolo di tutti uomini: hai in mente di fare teatro anche per le detenute?
E.T. Soli uomini perchè lavorare con sezioni miste diventa estremamente difficile anche solo a livello organizzativo (carenza di personale di guardia).
In che modo le Istituzioni locali quali Regione Toscana, Città Metropolitana e amministrazione comunale intervengono in questi progetti?
E.T. Questo progetto ogni anno si rinnova grazie al sostegno della Regione Toscana e della Fondazione Carlo Marchi. Quest’anno Lo spettacolo Kan Ya Makan fa parte delle manifestazioni dell’Estate Fiorentina 2018. L’ufficio stampa dell’associazione culturale Murmuris si è occupato della promozione e organizzazione.
Si ringrazia per la disponibilità Elisa Taddei
KAN YA MAKAN Da Le Mille e una notte
Compagnia di Solicciano
con Ali Obama Abdalam, Hamza Abdelli, Ali Osama Arafa, Marwen Mjaoui, Massimo Bono, Fabio Borri, Issam Chlih, Ioan Dragan, Abdul Essalamy, Marco Franci, Cristian Huarcaya, Susannah Iheme, Ayoub Kami, Daria Menichetti, Francesco Sarmiento.
Regia Elisa Taddei
Assistenti regia Luana Gramegna, Luana Ranallo
Scenografia Francesco Givone con Ali Arafa, Marwen Bjaoui, Alessandro Nastasi
Costumi Giulia Bigioli, Luci Andrea Narese, Fonica Simone Saccaro, Mirco Ricci, Video Corrado Ravazzini, Foto di scena Alessadra Cinquemani
Teatro della casa circondariale di Sollicciano, Firenze
9-10 luglio