“Penis Project – Per umani migliori” è uno spettacolo che analizza e mette in luce il maschio e il suo ruolo nella società di ieri e di oggi. Lo avevamo visto in scena al Fringe Festival del 2020.
Abbiamo intervistato Patrizia Schiavo, autrice e regista di questa pièce che tornerà in scena al Teatro Off Off da martedì 10 maggio a domenica 15 maggio.
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Penis Project: la dramaturgia di Patrizia Schiavo

Penis Project è una drammaturgia sulla mascolinità e sulle sue sfumature. Di che cosa si tratta?
Un gruppo di uomini, prototipi selezionati per rappresentare diverse tipologie maschili, entrano a far parte di un programma che potremo definire di “terapia sociale” che, step by step, seguiti da telecamere a circuito chiuso come in un “reality show”, li condurrà alla liberazione dagli stereotipi, dalle inibizioni, dall’ansia da prestazione, dalla cultura patriarcale.
L’azione si svolge durante la registrazione del programma televisivo dal titolo “Penis Project, per umani migliori”, dove un’ironica e provocatoria conduttrice/sessuologa/mental coach intrisa di missionario sciamanesimo guiderà, tra domande scomode, prove di abilità e azioni “psicomagiche” gli ospiti-attori in un percorso progressivo. Durante il gioco, a tratti anche goliardico, li porterà a confessarsi, confrontarsi, mettere in discussione la dottrina fallocentrica e di conseguenza la nostra cultura, ancora troppo maschilista e sessista.
Questo è il tuo secondo spettacolo (dopo il Laboratorio della vagina) in cui tratti il tema dei sessi da un punto di vista sociale. Quali sono i messaggi che cerchi di diffondere dal palcoscenico?
L’impegno civile e sociale accomuna entrambi i progetti, con l’intento però di non cadere nella trappola della pedanteria o della retorica. Lo scopo è puntare a creare discussione e non per dare risposte, ma piuttosto suscitare domande. Se come attrice ho spaziato molto tra diversi generi e autori, classici e contemporanei, la mia vocazione di autrice e regista è quella di dare ascolto e voce a una comunità con l’intento di generare confronto, riflessione, cambiamento, trasformazione della società. Teatro come strumento di consapevolezza e rivoluzione, in quanto sguardo, visione, voce, istanza critica, specchio della società.
Detta così sembrerebbe facile...
E in realtà non lo è affatto. Anche sfatare gli stereotipi conduce inevitabilmente a produrne di nuovi e dal momento che è impossibile non comunicare, come diceva Watzlawick, è impossibile anche non trasmettere messaggi. Il fatto è che siamo costantemente bombardati di messaggi su questi temi da televisione, riviste, social media e, per quanto concerne le donne, anche molto sdoganati. Messaggi raccapriccianti, banali conservatori o finto progressisti, ma anche profonde analisi di autorevoli esperti. Diciamo che prima di diffondere messaggi, preferisco trasmettere emozioni, stati d’animo e restituire certamente uno sguardo sul mondo. Se parliamo di obiettivi però mi viene più facile e allora Penis Project è un altro modo di dire NO alla violenza. Un altro modo per metterci in discussione, confrontarci al di là dei generi, per vincere l’indifferenza. Stiamo lavorando ad un progetto per le scuole e ci auguriamo che venga sostenuto, perché è dalle scuole che bisogna partire con percorsi di sensibilizzazione e formazione “per una nuova cultura della libertà, della parità e del rispetto”. Mi aspetto dalle nuove generazioni la formulazione di nuove parole, nuovi pensieri; messaggi da diffondere tra i loro coetanei in modo capillare.
Penis Project: patrizia Schiavo racconta i sessi e la società

La vagina come laboratorio e il pene come progetto. Attraverso questi titoli incaselli i sessi in due percorsi paralleli e vicini. Dopo aver portato in scena questi spettacoli pensi che gli uomini e le donne siano davvero così diversi da come la società li (ci) racconta?
“Penis Project per umani migliori” nasce come naturale conseguenza, non tanto per creare un “sequel”, quanto indagare l’altra faccia della medaglia. Anche qui come nel laboratorio della vagina si sfatano stereotipi, tabù e pregiudizi, anche qui cambiando prospettiva, ci si muove tra il serio e il faceto, il goliardico e la polemica, con irriverenza, comicità e denuncia, ma gli uomini rispetto alle donne hanno bisogno di prove da superare, perché per condizionamento culturale, non sono disposti quanto le donne ad esporre liberamente la loro vulnerabilità, a mettersi in discussione, a processare per così dire il loro pene, anche “lui” oggetto di desiderio, di ironie e mistificazioni, quanto simbolo maschilista e patriarcale, strumento di potere per eccellenza. Fuori dal contesto artistico è più difficile coinvolgere gli uomini, stimolare la loro sensibilità e consapevolezza e le differenze tra uomo e donna restano spesso evidenti. Le nuove generazioni ci stanno indicando la strada, non hanno paura di vivere e dichiarare la loro omosessualità, di affermare con forza il loro diritto alla libertà, è sempre più manifesto e in aumento il gender fluid, si percepisce una nuova interpretazione del femminile e del maschile, ma la società italiana resta ancora “bigottamente libertaria e finto progressista”.
PENIS PROJECT: PATRIZIA SCHIAVO METTE A NUDO IL RUOLO DELL’UOMO
La mascolinità tossica è uno dei temi che affronti in Penis Project. Secondo te, perché la società maschile fatica a riconoscerla e a cambiare?
Perché viviamo ancora in una società sessista: l’uomo ha potere sulla sua compagna-moglie-amante: è la legge del possesso, per meglio dire. Le società ancora giustificano, in parte o completamente, questo potere, e finché vi sarà giustificazione le donne verranno uccise, inesorabilmente. Simone de Beauvoir diceva che per rimettere completamente in questione il mondo, bisogna sentirsi profondamente responsabili.
Ma la donna non lo è perché questo è un mondo di uomini: “Non c’è in lei una contestazione radicale del mondo, ecco perché non esistono nella storia dell’umanità donne che abbiano creato un grande sistema religioso, o filosofico, o una grande ideologia; per arrivare a questo bisogna fare tabula rasa, possedere un’ambizione smisurata. Una necessità indomabile. La donna non ha abbastanza fiducia in sé, perché non ci si fida abbastanza di lei. Non per carenza naturale ma per condizionamenti.”
Parli di un mondo che stagna e non cambia. Pensi sia davvero così?
Ora, sicuramente abbiamo fatto enormi passi avanti dal secolo scorso, tante sono state le conquiste all’insegna della parità di genere, ma sono tanti i secoli di storia che abbiamo alle spalle e che fondano il nostro retaggio culturale. Abbattere la cultura patriarcale è difficile e complesso dal momento che il maschio ancora dichiara e pratica guerra nei confronti delle donne, sia nel chiuso delle mura domestiche (quelle stragi dietro l’angolo che sono il fenomeno dei femminicidi), sia in quelle zone devastate da conflitti, nelle quali lo stupro è considerato alla stregua di un’arma per annientare il nemico. Abbattere un ego maschile ipertrofico e fallocentrico è difficile, dal momento che l’uomo, come tristemente la nostra attualità ci sta dimostrando, ha ancora bisogno di fare la guerra.
Lavorando a questo spettacolo i tuoi attori hanno dovuto mettere in scena le parti più profonde e scomode della loro categoria. Come hanno reagito nel portare alla luce i loro personaggi?
All’attore per vocazione non è concesso avere pudori, reticenze difficoltà nell’entrare in contatto con le proprie emozioni, la propria vulnerabilità, i recessi dell’animo, ma non è poi così scontato trovare degli attori formati pienamente per questo, pronti a tutto, se vogliamo. Gli attori che ho coinvolto si divertono anche quando fingono di non voler stare al gioco, quando ironicamente emergono le debolezze e si toccano, allo scopo di sfatarli, gli inevitabili stereotipi: le dimensioni, l’ansia da prestazione; si divertono nell’indossare gli enormi falli priapici, simbolo di virilità, potere generativo, quando si tratta di ritrovare fiducia e coraggio attraverso i rituali, sulle orme delle antiche tradizioni. Poi entrano con grande umanità nel dramma e diventano strumento di conflitto, prevaricazione, violenza, talora inflitta, talora subita. Dopotutto anche il maschio è vittima di violenza, non certamente come e quanto la donna, ma l’abuso tribale per essere ammesso dalla parte dei “forti” continua ad essere perpetrato, non solo a sud del mondo. Omofobia e pedofilia continuano a mietere vittime al di là del genere.