LE RADICI DEL VIAGGIO: intervista ad ANNA CORCIONE

Anna Corcione è un’artista partenopea, dedita dal 2013 alla connessione tra arte e ambiente. Quando sono uscita dal suo studio mi è rimasto dentro il ‘senso del dono’. Colpisce immediatamente nel progetto “Naturalia” lo spazio creaturale in cui Corcione si muove, l’anima mundi che mette nelle opere, restituendoci attraverso l’impatto estetico quell’appartenenza dimenticata, così viva nell’infanzia e nella mistica. 

Intervista ad Anna Corcione

Siamo un unico corpo vivente. Queste opere/installazioni esprimono la sacra indissolubilità tra uomo e natura. Composizioni di intenso stupore, incredibilmente raffinate e semplici, dove l’intensità dell’uso pittorico diviene anche la materia atavica e magica degli elementi organici esposti: quei rami filiformi o intrecciati, quei fiori, foglie o radici che sporgono dalle tele, come danzando. Cambia la lavorazione dei colori, cambiano le piante, di forma e tipologia, così da far palpitare le diversità identitarie dei luoghi. In questo sintetico connubio tra linguaggio pittorico e ‘creature’, Corcione ci offre una vista insolita delle città in cui è entrata. New York, Londra, Rotterdam, Napoli e così via, come una sorta di mappatura simbolica e intima, vibrante di grazia sorgiva. Il “Vegetal heart” della sua poetica risulta più rivoluzionario delle solite vuote provocazioni di certa arte concettuale tanto sensazionalista quanto fiacca. L’invito a svegliarsi in mezzo al sogno brulicante della vita rompe un sortilegio, rianima sogni, accendendo una rinnovata consapevolezza.

NATURALIA

Chiara Guarducci: La sporgenza di questo albero sacro in miniatura ha come controcanto la profondità del blu, l’opera esce e attira dentro sé, all’infinito. Com’è iniziato il progetto “Naturalia”?

Anna Corcione: L’ho cominciato prima della pandemia, durante i miei viaggi, desideravo portarmi dietro qualcosa di ogni luogo in cui andavo. Ho sentito che volevo di queste città una cosa naturale, viva. Le piante non le strappo dalla fonte, le raccolgo, anzi sono loro che attirano la mia attenzione, mentre cammino. Il vegetale varia a seconda del territorio ed è il respiro di una città. Napoli è barocca, dark e luminosa, la foglia l’ho lavorata, ed ora è rosso pompeiano. I rami raccolti da un bosco sono spinosi, i rami di una città di mare sono completamente diversi sono nodosi ma allo stesso tempo sembrano danzare come dei corpi fluttuanti. Barcellona è tutta bianca, stratificata con la materia, come un reticolato di strade, e questa stratificazione che vedi, bianco su bianco, non è data dalla mancanza di colori che ha Barcellona, anzi, ‘less in more’ come spazio bianco in quanto risorsa preziosa, era necessario per me davanti ad una città così ricca culturalmente mappare il tutto solo con segni.

CG: Questi colori impastati, spesso indefinibili, come li crei? Sia tecnicamente sia in relazione alla totalità dell’opera?

AC: L’istinto verso il luogo mi porta alla matericità dei colori, mi sono sempre divertita a dipingere e con gli anni a sperimentare ed approfondire le mie conoscenze. Vengo da un’arte figurativa contemporanea, il che mi ha permesso diversi linguaggi. Utilizzo i colori ad olio come quelli ad acrilico e a volte sperimento il loro incontro, che detto così sembra strano, perché uno trattiene acqua, l’altro olio, quindi potrai immaginare, è qualcosa che non si fa, ma combinandoli in un certo modo, all’inizio si respingono, dopodiché trovano una perfetta stabilizzazione. C’è anche qualcosa di poetico in questo atto. Pensando alle città e a voler trasportare tutto quello che ho sentito durante la mia permanenza, che sia di mesi o di giorni, mi sento libera di esprimermi attraverso diverse tecniche che ho fatto mie nei vari processi artistici che ho vissuto. Stucchi, pigmenti, polveri naturali color oro argento, gloss, cotoni, gessi, pazientemente trovo la nota essenziale e in modo molto delicato intervengo sulla tela, non è mai una sovrapposizione come puoi vedere, è sempre qualcosa di molto leggero. In una tela ispirata a Berlino, di un bianco denso, ho usato lo stucco, e l’ho alternato, parti lucide a parti opache, per rendere il peso del cemento. Alcuni studi di Ulrich hanno mostrato come l’esposizione all’ambiente naturale fosse in grado di produrre effetti positivi rispetto alla vista di un normale muro. Il suo studio ha dimostrato che le persone riuscivano a ripristinare il loro stato di armonia, diminuendo i livelli di tensione, semplicemente guardando scenari improntati sulla natura. Credo che la qualità di un ambiente non sia solo riconducibile alla dimensione estetica, visiva, ma possiede anche un valore curativo/rigenerativo: l’arte e la natura di un certo contesto producono benessere.

CG: Ogni opera sarà pregna di ricordi. Ce n’è una in particolare da cui ti sarebbe difficile staccarti?

AC: In realtà non li definisco ricordi, ma emozioni. Penso che i ricordi siano vivi fino a che sentiamo delle emozioni che li tengono, ci sono tanti luoghi che ho visitato e tante persone che ho incontrato ma non le ricordo. Comunque tutte! Per me è sempre difficile staccarmi da ciò che creo. Appunto per questo sto sperimentando un linguaggio a me nuovo, il disegno digitale, dove ci può essere una riproduzione numerata che si riga al quadro originale, un pò come pensare alle incisioni.

SECOND SKIN

CG: Queste opere possono ricordare terre splendenti, apparizioni, superfici emerse dalla tua interiorità immaginifica. Di cosa sono fatte?

AC: Sembrano quasi delle lastre, ma sono carta naturale, che bagno, strizzo e modello. Sono luccicanti perché le ho realizzate con il mio maquillage. Anche questo lavoro parla dell’identità ed è molto personale.

CG: Il titolo a cosa allude?

AC: Seconda pelle perché ho sempre la sensazione di non essere adeguata a quel momento, a quella circostanza, vorrei dire la parola giusta al momento giusto, essere sempre qualcosa. Ed invece vado benissimo come sono, però c’è sempre il pensiero che potevo essere migliore. E questo disagio ha originato una reazione liberatoria, mi son detta basta, mi accetto nelle mie diversità, è come dire io sono questa. Sono i colori che mi metto sul viso. Non c’è bisogno di essere forti, possiamo essere fragili, illuminati di fragilità. Perché forzarsi, far teatrini? Una di queste opere è stata esposta in una collettiva organizzata da Sergio Risaliti. Ma aspettano di essere viste tutte quante perché siamo ripartiti da poco.

ARTE E FUTURO

CG: La bellezza salverà il mondo?

AC: La bellezza salverà il mondo è una frase che ho avuto sul mio stato di Wapp per anni. Amo Dostoevskij e ne sono ancora convinta, anche se oggi forse sono più critica. Colpa della tecnologia che ci illude, non che sia contraria, riconosco il grande beneficio che porta a tutti noi e tutti i giorni, non potrei immaginare un mondo senza, vorrei solo che avesse la giusta posizione per non essere vittime di falso bello e bello virtuale, per non restare fuori dal romanzo.

CG: Cosa auguri all’arte?

AC: All’arte non auguro nulla, perché è una parola che racchiude un universo fatto di uomini. Ma agli artisti auguro onestà intellettuale, riconoscere i propri limiti e le proprie capacità, non basta essere inclusi nei 220 artisti dell’anno. Bisogna essere sinceri. Non basta neanche chiamarsi ‘scuola’ se non si ha il concetto di inclusione, o se non si è capaci neanche di alzare la testa dal tavolo, spesso si dice semplicemente perché fa figo, visto che nel passato hanno segnato periodi storici interessanti. E soprattutto non si può proclamarsi artisti o curatori indipendenti se si seguono le mode, c’è bisogno di coraggio e sincerità, questo auguro all’arte. Gli artisti generalmente tendono all’individualismo e per una come me che ama i collettivi e la contaminazione, c’è da sperare in un nutrimento sano e genuino. Se ciò avviene immagino un futuro per l’arte altrimenti si può solo immaginare un ‘sistema dell’arte’.

CG: Stai lavorando a un nuovo progetto?

AC: Sì, sto lavorando ad un nuovo progetto, sono impegnata nella mia ricerca non solo materica, sto scavando di più nella poesia visiva e sulle dimensioni dei miei lavori. Ma non aggiungo altro, spero presto di mostrarvi le mie nuove opere.

Anna Corcione: biografia

Anna Corcione vive e lavora tra Napoli e Firenze. Ha studiato a Napoli alla Federico II , Disegno Industriale e ha fatto ricerca, sperimentando diversi linguaggi artistici, nel suo Atelier a Napoli, insieme alla scultrice e sorella Rosaria Corcione, lavorando come duo per diversi anni. Ha esposto in Italia e all’estero in numerose mostre, in spazi pubblici e privati e ha realizzato opere su commissione pubblica. Ha partecipato a residenze artistiche nazionali e internazionali, collaborato con Istituti di cultura, Ambasciate e Università. Il suo lavoro è documentato su quotidiani e riviste e le sue opere sono apparse su giornali internazionali come il New York Times e divulgate dall’ansa per numerose partecipazioni istituzionali. La sua ricerca artistica è in equilibrio tra concetto ed estetica toccando sempre temi sociali. Da sempre spazia con diverse forme d’arte abituandoci ai suoi itinerari densi e suggestivi, attraverso la pittura, la scultura, il disegno e la scrittura, che sono i linguaggi che l’artista partenopea utilizza per le proprie opere d’arte. Influenzata dalla passione per il teatro e la musica spesso collabora con registi e musicisti

In copertina: Anna Corcione
BLU, cm 30×30, tecnica mista
ORO, cm 50×50, tecnica mista
SECOND SKIN, cm 20×20, tecnica mista

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