Il Teatro a scuola: un luogo in cui crescere. E basta.

Il teatro vuole il suo spazio, la sua calma.
Insegno teatro nei licei da oltre 15 anni e l'unica cosa che ho capito davvero è questa: il teatro a scuola è non solo con o per ma anche, principalmente, dei ragazzi, una loro proprietà emotiva, intellettuale, qualcosa che richiede – per l'appunto – spazio e calma.
Da ragazzi le esperienze corrono veloci, si fondono, si accavallano. Eppure quanto tempo ci siamo presi tutti per guardare nel vuoto, riconsiderando i nostri pensieri, le cose avvenute, le immagini e le voci delle esperienze forti appena vissute. Ecco quel tempo che il teatro va cercando: il tempo di digerire, di riconsiderare, di “rivedere”. La giornata di allestimento è una festa, una sospensione del tempo, uno stordimento.

Per questo, non ho mai creduto né mai crederò alle competizioni teatrali tra le scuole. Delle poche, disastrose esperienze in concorsi ricordo: “lo spettacolo non deve superare i 70 min; ogni liceo avrà a disposizione 10 minuti per prove e allestimento; si raccomanda la massima precisione!” E una volta lì: ritardi, cambi di scaletta, organizzatori frettolosi, spesso scortesi, una giuria distratta o paternalistica e: “Correre, correre, correre!”.
 Il premio? Una targa, forse una replica, in data da definire, in teatro da concordare, in fretta, con furia, un pregio per la scuola, che esporrà la targa ma l’anno successivo dovrà affrontare comunque da sola le solite difficoltà, nuovamente finanziare il corso con fondi inesistenti, attingendo alla tasche delle famiglie sempre più vessate o (peggio per il sottoscritto) rivedendo al ribasso il compenso o assegnando il corso al miglior offerente (= il minor richiedente).
Per i ragazzi? Una lezione di stress, maleducazione, competitività vuota, vuota gloria (in caso di vittoria) o un’inutile delusione (in caso di sconfitta). Niente confronto, solo la speranza che i concorrenti siano peggiori. Questo il messaggio? Questo il programma educativo?

Oggi vanno attingendo tutti alle scuole, perché il Miur ha da un paio di anni dato indicazioni (ancora non attuative) sull’inserimento del teatro tra le materie di studio nelle scuole. E si sono aperte le gabbie. Un nuovo bacino dove attingere, forse l’ultimo, il solo. I teatri chiudono, le compagnie scompaiono. Come pagare l’affitto? Come far sopravvivere il lavoro? Andando a rosicchiare laddove ancora non si è tutto consumato. Le scuole, il futuro, la cultura quella che si va formando. Per plasmarla? Non so… forse solo per sfruttarla…
I conti sono rapidi: 20 allievi = 40 genitori + magari 20 nonni + altri 20 tra fratelli e cugini + 15 zii + 5 vari ed eventuali = 100 spettatori! E chi li vede mai? 100×4, forse 5, magari 8 licei, si sfiorano le 1000 presenze. Un successone, Ministro, i numeri parlano chiaro! E i numeri piacciono ai Ministri. Sono l’unica cosa che comprendono davvero. Come farebbe uno Sponsor privato, prima di investire servono i numeri. “Scopriamo nuovi talenti, oltre 100 ogni anno! Li esponiamo, li mostriamo, lasciamo che vengano giudicati”.

Ma anche questa fiamma si spegnerà, soffocando quel bene che il teatro, da circa 30anni, ha faticosamente portato a scuola: il potere dell’esperienza, il bene della condivisione, una lezione di calma, dedizione, concentrazione. Lavorare per sé oltre il giudizio, proprio per superare il problema dell’essere giudicati.
Il teatro è e deve rimane INCLUSIVO, pubblico, condiviso. Il teatro a scuola è e deve rimanere a scuola, non subire il falso godimento di un confronto professionale che non gli compete. Il teatro a scuola è un terreno di crescita non un banco del mercato, non una vetrina.
Ho ex-allievi che fanno lavori bellissimi, in Italia e all’estero: medici, ostetriche, diplomatici, meccanici, impiegati, creatrici di startup innovative. Quasi nessuno fa teatro. Pure sono tutti lì, ne sono convinto, a ripensare a quelle infinite domeniche di prove, alle giornate di allestimento, al “tempo tutto per noi”, quello che veramente rende più responsabili, più adulti, liberi di scegliere di NON fare teatro, di non sfidarsi in un campo che è fatto per la pace. Il teatro a scuola si fa per capire qualcosa di sé, foss’anche qualcosa di profondamente sbagliato.

Ora il teatro sta morendo e gli zombi del teatro vanno a cercar vita dove ancora ce ne è. Infetteranno anche le scuole con le loro estetiche rigidamente bizzarre, i loro sotterfugi da aperitivo, la loro competitività di sconfitti, di sperduti, di sfrattati, di quasi dimenticati. Far fare ai figli ciò che non siamo riusciti a fare noi è il messaggio peggiore che si possa dare.
Sogno una festa del teatro che sia festa per i ragazzi, un luogo in cui crescere.

Un luogo in cui sbagliare non vuol dire “perdere”. Una festa che non serva da rivalsa a NESSUNO.

Chi è: Gabriele Linari

Gabriele Linari è attore, regista e insegnante di teatro. Inizia a recitare nel 1994, ancora studente del liceo. Nel 2004 si Laurea in Arti e scienze dello Spettacolo presso La Sapienza di Roma. Lavora e si forma con registi, autore e pedagoghi teatrali come: Giancarlo Sepe, Michele Monetta, Gennadi Bogdanov, Piero Maccarinelli, Giuseppe Manfridi, Giuseppe Marini. Nel 2002 fonda la Compagnia Teatrale LABit, una delle realtà più proficue del panorama indipendente romano. Insegna teatro a Roma presso: Liceo Aristofane, Liceo Lucrezio Caro, Scuola di Teatro La Scaletta, Centro Matemù. Ha tenuto per due anni consecutivi seminari presso la Goldsmith University di Londra (Progetto Erasmus Roma Tre e Università Gregorio VII). I suoi spettacoli sono andati in scena presso: Teatro Piccolo Eliseo, Ambra Jovinelli, Vascello, Furio Camillo, Orologio, Argot, Quarticciollo, Villa Torlonia e molti altri. Il suo impegno (dal 2002) sulla riscoperta delle opere di Ennio Flaiano territoriale nel quartiere Montesacro ha portato il Municipio, nel 2002, a intitolare all'autore l'a Biblioteca Comunale di Via Monte Ruggero e ad affiggere una targa commemorativa presso l'abitazione di Flaiano in via Montecristo. Ha collaborato e collabora con la Biblioteca Cantonale di Lugano, Fondo Flaiano. Per la TV ha partecipato come attore a due spot televisivi (TIM e Banco AmbroVeneto) e diverse fiction (l'ultima "Che dio ci aiuti", RAI, 2016).

Prossimamente al Teatro Cometa Off – dall'8 al 12 giugno 2017

Gabriele Linari firma la regia di #LORO – Uno di questi giorni prenderemo qualcuno e lo sbraneremo
 Protagonisti: Tiziano Di Paolo, Janet Ferramo, Jaclin Gallo, Ailen Mecchia, Janette Isabel Mecchia, Salima Khan, Carlotta Petruccioli,Sofia Pittaccio.

Il gruppo di giovanissimi attori dello spettacolo proviene da un'esperienza formativa offerta dal CIES Onlus presso il Centro Giovani e Scuola d’Arte MaTeMù.
Il percorso – iniziato nel 2012 con il regista Gabriele Linari – ha portato, quest'anno, alla scelta di un gruppo di allievi perfettamente avviati alla professione teatrale.
#Loro affronta lo spinoso tema degli haters e dell'hate-speech, puntando l'occhio performativo e creativo su tutte le pratiche di odio che si sono modificate e sviluppate on-line, soprattutto attraverso i social network.

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