Alla casa del popolo di Caldine è andato in scena IL CAPPOTTO, dal racconto di Nikolaj Gogol, una produzione Cantiere Obraz/Teatro dell’Elce. Lo spettacolo ha dato inizio al festival Il respiro del Pubblico in prima nazionale. Alla regia Alessio Bergamo, scenografie e costumi di Thomas Harris; sul palco gli attori: Angelica Azzellini, Alessandra Comanducci, Domenico Cucinotta, Massimiliano Cutrera, Erik Haglund, Stefano Parigi.
Autore: Giacomo Biscini, Gruppo di Visione Ciuchi Mannari – Progetto Il Respiro del Pubblico
Contenuti
La vicenda di Akakji e il suo cappotto nuovo
Al centro la storia di Akakji, un impiegato al Ministero che, come tutti nella società in cui vive, identifica la sua persona col suo “cappotto”. Il suo è ormai vecchio, bucato e eroso dagli anni; allo stesso modo, il protagonista è maltrattato dai suoi colleghi, è frustato dal vento gelido che impera per le strade di San Pietroburgo, la sua città. Fino a quando finalmente riesce ad ottenere un cappotto nuovo, cucito su misura, il più bello che abbia mai avuto e che mai più indosserà. Da lì niente potrà più tangerlo, o almeno fino a quando il suo cappotto lo seguirà. I cappotti sono infatti rappresentati in scena dagli attori stessi, che inseguono, seguono, o scappano dai legittimi proprietari.
Il possesso materiale come identificazione di classe
Al centro della vicenda un bisogno primario, il cappotto per ripararsi dal freddo, ma allo stesso tempo il tema dell’apparire. La rappresentazione dei cappotti attraverso gli attori evidenzia ancor di più il bisogno di mostrarsi attraverso il possesso di un oggetto da parte non solo del protagonista, ma di tutti i personaggi dello spettacolo: se da una parte apprezzano il cappotto per le sue qualità tecniche, cioè mantenere al caldo, d’altra parte l’attaccamento verso l’oggetto, diviene “feticismo”, amore distorto, perché il cappotto rispecchia il giudizio delle persone circostanti, che valutano, apprezzano e trattano l’essere umano in base alla bellezza del cappotto: nuovo, vecchio, logoro, elegante. Analogicamente, oggi giorno il cappotto può essere rappresentato da una nuova macchina sportiva, che mi porta dove deve, ma per la quale sicuramente non ho speso quella cifra solo perché è un mezzo di trasporto.
Uno spettacolo in movimento
Ogni attore interpreta più parti che siano diversi personaggi della storia, compreso il narratore, o i cappotti, oggetti vivi e animati. Grazie allo scambio continuo di ruoli, alla diversificazione dei costumi, al continuo mutare delle scene, tutto lo spettacolo mantiene uno scorrimento fluido e avvincente. Come gli attori, anche la scenografia, composta da cinque elementi in legno bianco, si rivela polifunzionale, dal delineare una strada con le finestre che sbattono e le porte che cigolano durante le raffiche di vento, fino ad essere l’interno degli uffici del ministero, le centrali di polizia, e perfino camerini dove gli attori si cambiano e ripongono all’interno le giacche.
Lo spettacolo intriso di pungente ironia, avvolto dal mistero in una storia dal sapore assurdo, riesce a trasportare lo spettatore in un altro mondo, fatto di vestiti stravaganti, cappotti lussuosi e personaggi che riflettono la rigidità delle classi sociali.
Il gruppo di visione Ciuchi Mannari è composti da Alarigo Serguei Innocenti Angelini, Bianca Bartolozzi, Cosimo Calvelli, Edoardo Michelucci, Elena Sofia Feminò, Emma Bani, Franceska Boci, Gaetano Barni, Giacomo Biscini, Giovanni De Vincenzi, Lorenzo Cervini, Matide Menegatti, Lisa Momo Sandri e, come uditrice, Alessandra Mancarella.
Info:
IL CAPPOTTO
Da Nikolaj Vasil’eviÄ Gogol’
Regia di Alessio Bergamo
Con Angelica Azzellini, Alessandra Comanducci, Domenico Cucinotta, Massimiliano Cutrera, Erik Haglund, Stefano Parigi
Scenografie e costumi Thomas Harris
Produzione Cantiere Obraz/Teatro dell’Elce
In collaborazione con Postop Teatro
Teatro ARCI Caldine, Fiesole
18 novembre 2021